Da infermiera stressata a segretaria felice: “Non ce la facevo più, ora sto bene”


Turni massacranti, stress insostenibile, difficoltà a organizzarsi una vita, stipendio ridicolo, possibilità vere di carriera pressoché nulle e riconoscimento sociale pari allo zero. Sono questi i motivi che spingono gli infermieri a scappare all’estero, che li allontanano anni luce dalla professione e che rendono l’Infermieristica italiana attrattiva come un lavoro in miniera agli occhi dei giovani. 

Ed è in questo clima, quello di un paese che evidentemente non è più per gli infermieri, che arrivano storie decisamente emblematiche e tristi. Come quella di Loredana, ex collega che ha mollato la professione per fare da segretaria in uno studio medico e che ora, finalmente, è serena.


Intervistata da Nordest24, la donna parla dei suoi anni da infermiera come di “un periodo buio” della sua vita. Già, perché “Il lavoro in ospedale era diventato insostenibile”, spiega. “Turni notturni, weekend lavorativi, e la costante pressione di dover essere sempre pronta, sempre all’altezza. Non avevo più tempo per me stessa, né per la mia famiglia. E poi non parliamo dei richiami in servizio durante le malattie dei colleghi o le telefonate mentre ero a casa in riposo per rientrare al lavoro dopo la notte. Non si poteva rifiutare, altrimenti non eri più nelle condizioni di chiedere ‘cambi turno’ ai colleghi e al coordinatore”.

Una condizione di continua pressione psicologica, di assenza di tempo per la propria vita, come se il bene dell’azienda dovesse per forza venire prima di tutto il resto. Ogni turno era una sfida – ricorda Loredana – non solo fisica ma anche mentale. Ero esausta e, nonostante l’amore per il mio lavoro, sentivo che stavo perdendo me stessa.


Me ne sono accorta durante, ma soprattutto dopo la pandemia, quando la direzione sanitaria ci trattava come pedine, non più professionisti, ma esecutori di compiti e tappabuchi. Speravo che questo modus operandi cambiasse dopo l’emergenza che abbiamo vissuto nel 2020, ma così non è stato, anzi, avevano scoperto che potevano fare molto con poche risorse chiedendo di più e pagandole uguale. Molte delle mie colleghe e colleghi la pensano come me, ma non hanno il coraggio di andarsene o, spesso, non hanno altre opportunità lavorative”.

Eh già: dopo l’esperienza del Covid, anziché capire e riconoscere il vero valore dei professionisti infermieri, le aziende si sono rese conto che potevano sfruttarli addirittura di più e meglio (per rimpinguare le tasche delle dirigenze).


Ed ecco che Loredana ha detto basta: “È stata una scelta difficile. Avevo paura di cosa avrei fatto dopo, ma sapevo che dovevo mettere la mia salute al primo posto. Il mio corpo e la mia mente non ce la facevano più. All’inizio avevo dei dubbi. Non sapevo se sarei stata in grado di adattarmi a un lavoro diverso. Ma ora, posso dire con certezza che è stata la scelta migliore che potessi fare.

Finalmente vedo le persone, gli utenti, e posso rispondere serenamente, non sono più così nervosa e stanca. Economicamente guadagno di meno, ma ho già ricevuto delle offerte di lavoro nel privato che sto valutando. Ora avrei il tempo di integrare lavorando anche in altri servizi o ambulatori. Per ora quello che conta è rallentare ed uscire da quella centrifuga dove mi ero rinchiusa”.


Ed eccola oggi, segretaria in uno studio medico, finalmente serena: Il lavoro di segretaria è meno stressante, più regolare, e mi permette di avere del tempo per me stessa. Ho ritrovato un equilibrio che credevo di aver perso per sempre. Finalmente posso godermi la vita senza quella costante sensazione di ansia e fatica”.

Un’evoluzione? Una progressione di carriera? Ovviamente no. Ma a volte, in un sistema salute come questo, dove sfruttare gli infermieri e ridurli in burnout sembra una sorta di conditio sine qua non, “a volte è necessario avere il coraggio di fare un passo indietro per poter andare avanti.”


“Il nostro sistema ha bisogno di un cambiamento – conclude Loredana –. Gli infermieri e il personale medico sono il cuore degli ospedali, ma spesso vengono trascurati, poco considerati, quasi mai gratificati. Non si può continuare a chiedere tanto senza dare nulla in cambio. Spero che la mia storia possa essere un campanello d’allarme per chi ha il potere di migliorare la situazione”.

Quanti sono, in Italia, gli infermieri nelle stesse e penose condizioni psicologiche, emotive e fisiche che ha descritto Loredana nella sua intervista e che l’hanno hanno portata alla sua drastica scelta?

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Alessio Biondino

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