“Discriminazione infermiere incinte? Si è scoperta l’acqua calda”


Sta facendo discutere parecchio, nel mondo sanitario, la notizia di diverse pratiche discriminatorie perpetrate ai danni delle infermiere incinte, vincitrici di concorso, a cui viene chiesto sempre più spesso di posticipare l’avvio del rapporto di lavoro al termine del periodo della cosiddetta maternità obbligatoria (VEDI La Repubblica).

In un comunicato, il sindacato USB (che ha denunciato le discriminazioni) parla sarcasticamente di “scoperta dell’acqua calda”. Lo riportiamo qui per intero.


«Siamo francamente stupiti dall’ondata di trasversale indignazione scatenata dalla nostra denuncia sulle discriminazioni subite dalle donne incinte, vincitrici di concorso nelle ASL e Aziende ospedaliere della Regione Lazio, riportata dal quotidiano La Repubblica.


È un po’ come la scoperta dell’acqua calda, in una Regione, dove già nel 2021 il tribunale di Roma ha condannato l’AO S. Andrea.  La pratica di posticipare l’assunzione alla fine del periodo di astensione obbligatoria per maternità è, purtroppo, largamente diffusa nelle Aziende Sanitarie e Ospedaliere del Lazio, che la ritengono persino normale, quando non addirittura giusta, perché considerano quelle assunzioni come un “aggravio di costi del personale per le aziende del sistema sanitario regionale”. Persino le motivazioni addotte dall’AO San Giovanni per il repentino passo indietro, seguito al clamore mediatico della nostra denuncia, lo dimostrano: una prassi consolidata nel tempo.


Abbiamo decine di testimonianze di Infermiere che si sono viste negare il diritto all’assunzione e, alla sacrosanta richiesta di firmare il contratto, si sono sentite rispondere di tornare dopo la maternità.  Del resto, sono mesi che diffidiamo le ASL/AO dal proseguire sulla strada della negazione di un diritto e se molte di queste sono tornate sui propri passi, riconoscendo nei fatti l’abuso, assordante è stato invece il silenzio della Regione Lazio che già da ottobre è stata formalmente messa al corrente di quanto stesse accadendo nella sanità regionale.

La corsa alla smentita da parte delle ASL e AO, oltre che incauta, appare perciò anche patetica.


Ci auguriamo, invece, che il moto di indignazione che si è sollevato non sia ad orologeria e che serva, da una parte, come deterrente per nuovi episodi e, dall’altra, per cominciare ad esercitare un reale controllo sull’operato delle Aziende.  Noi, dal canto nostro, continueremo a denunciare ogni abuso perpetrato ai danni delle donne e delle lavoratrici: come dimostrano le numerose segnalazioni che stiamo ricevendo dalle strutture sanitarie di tutta Italia, infatti, il fenomeno è ben più diffuso di quanto si voglia far credere.


La giornata mondiale contro la violenza sulle donne del 25 novembre dovrebbe ricordare al Governo, nazionale e regionale, che servono interventi urgenti, non propaganda.

Pensare di incentivare la maternità con bonus e mance non solo è sbagliato ma anche inutile vista la sistematica discriminazione delle donne in gravidanza, persino nel Pubblico Impiego, nel silenzio complice di Stato e Regioni.

Anche quella economica è violenza sulle donne.

USB Pubblico Impiego».

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Alessio Biondino

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