E intanto si continua a pubblicizzare «l’infermiere per vocazione»


Media, politici e cittadini la smetteranno mai di darci pacche sule spalle e di ricordare, con più o meno enfasi, il lontanissimo periodo degli angeli e degli eroi (quello del Covid)? Beh, se continuano a vederci e a descriverci come fraticelli e come suorine che frequentano la “scuola infermieri” e che sono assiduamente in preda a chissà quale vocazione, missione e altri irresistibili concetti in totale antitesi con la definizione di “professione intellettuale”, con ogni probabilità la risposta è no. 


Eppure… Media, politici, cittadini e a volte infermieri stessi, seguitano con queste assurde pubblicità che anziché avvicinarci al sacrosanto riconoscimento sociale (e di conseguenza economico!) a cui la categoria ambisce da tempo, ci allontana sempre di più da qualsivoglia speranza di crescita vera.


L’ultimo vagito in tal senso è arrivato dal quotidiano La Nazione, con un’intervista alla collega infermiera Francesca dal titolo: «Francesca, infermiera per vocazione: “In corsia per aiutare chi soffre. Il mio 8 marzo è il grazie dei malati”».

Ovviamente, nonostante il titolo del pezzo lo lasci intendere, nella sua intervista (VEDI) la dott.ssa Francesca non ha MAI fatto riferimento a nessuna vocazione e non ha mai tirato in ballo altri termini in grado di minare alla base l’attrattività  della propria professione (ad oggi l’angelo, il santo o l’eroe squattrinato non vuole farlo più nessuno!).


Eppure… Ecco che un’altra bella perla disinformante, che ancora una volta descrive gli infermieri come dei volontari illuminati da chissà quale “chiamata” e sempre pronti a porgere l’altra guancia in nome della soddisfazione dell’utenza, è stata servita ai cittadini. Che poi pretende di vederci comportare come instancabili fraticelli e suorine, sempre pronti a soddisfare qualsivoglia capriccio…

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Alessio Biondino

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