Ebbene, che sciopero sia!

Redazione 23/02/18
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Deroghe alle norme europee sugli orari di lavoro, aumenti mensili ridicoli e abusi sugli straordinari. Le previsioni della bozza di contratto collettivo del comparto sanità non hanno convinto gli infermieri, spingendoli allo sciopero oggi a Roma. Bus da tutte le regioni, dal profondo Sud al Nord, verso la Capitale, partite per rinforzare il coro di voci degli infermieri.

Il Nursind e il Nursing Up, oltre ad altri sindacati autonomi, ritengono le condizioni di contratto addirittura peggiorative rispetto al precedente e oggi 23 febbraio a Roma gli infermieri si riverseranno in massa per far valere le loro ragioni. «La bozza del nuovo contratto- dice Frittitta, sindacalista siciliano- prevede in realtà un peggioramento delle condizioni lavorative all’interno di tutti presidi ospedalieri. Come la deroga sulla legge dell’orario lavorativo, che porterà i professionisti a lavorare anche 24 ore di fila. Chi si farebbe assistere da un professionista che ha lavorato così tante ore di seguito? La deroga alle 48 ore settimanali verrà poi diluita sui 12 mesi determinando di fatto un abuso dello straordinario e un ricorso maggiore ai fondi del personale».

Anche il neo-Ordine degli infermieri si schiera a favore dello sciopero

Anche l’Ordine scende in campo con le parole della presidente: “Ormai è questione di dignità professionale”

“Non siamo una rappresentanza sindacale, ma non si può ignorare che dopo dieci anni di assenza di contratto per gli infermieri la questione vada perfino al di là dei rinnovi degli accordi, ma sia una reale questione di dignità professionale e questa Federazione non può che sostenere quindi tutte le iniziative che hanno come obiettivo la salvaguardia della dignità professionale

La triplice si scansa dallo sciopero e critica l’appoggio dell’Ordine

«Altra discussione da affrontare- spiega Frittitta- sarà la remunerazione economica veramente da fame, che dopo nove anni dovrebbe attestarsi tra i 70 e i 75 per il personale infermieristico. Riteniamo poi paradossale che i confederali abbiano criticato l’Ordine professionale perché ha ribadito che il contratto è peggiorativo, in sostanza è come se fossero andati contro i lavoratori. Ma non capiscono che un contratto di questo tipo alla fine influirà negativamente anche e soprattutto sull’assistenza ai pazienti».

Come siamo arrivati a questo punto:

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

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I sindacati confederati non appoggiano lo sciopero indetto dalle sigle di categoria infermieristica e come spiega Pompeo Cammarosano, Segretario Provinciale Nursind di Brescia: «Ritengo che, in un paese democratico, ognuno sia libero di prendere una propria posizione riguardo a certe questioni e che ci si accolli poi tutte le responsabilità morali e sindacali. Tirare il sasso e ritirare la mano non è un gesto onorevole. I Confederali, a mio giudizio, peccano di eccesso di orgoglio. Non avendolo proclamato loro lo sciopero del Comparto, non vi hanno aderito ma hanno proclamato lo sciopero della Dirigenza che è un’altra cosa. Poi Cgil e Uil, revocano sì lo sciopero ma della dirigenza, confondendo le idee, tanto che molti pensano che sia stato revocato anche quello del Comparto!! Obiettivo raggiunto di confondere le acque ma così facendo, fanno solo danno ai lavoratori e non ai sindacati di categoria che saranno a Roma in massa!!»

Poi continua mettendo in ballo anche le parole del Segretario Nazionale del Nursind:
« Riporto e mi associo da ultimo al pensiero del Segretario Nazionale Nursind Andrea Bottega: Dire che in sintesi si tratta di un contratto in perdita ci pare realistico soprattutto se riferito al personale sanitario ed in special modo ai turnisti e ai coordinatori. L’esaurimento della categoria Ds e dell’indennità di coordinamento, la precarietà e flessibilità degli incarichi e le deroghe sull’orario di lavoro, unite a un depotenziamento complessivo nelle relazioni sindacali del potere di opposizione delle RSU e delle organizzazioni sindacali, sono il segno di un cambio radicale di verso nella contrattazione pubblica. Anche noi ora avremo il nostro Jobs Act per via contrattuale.»

Le richieste al Governo

Le richieste sono diverse: l’incremento delle risorse, un rinnovamento dei sistemi delle indennità, risorse finalizzate a favorire l’aggiornamento professionale, . Manovre atte a frenare il continuo demansionamento della categoria, derivante anche e in parte dal blocco del turn over e dalle mancate sostituzioni del personale, Oss e infermieri.

Per gli addetti ai lavori, le ragioni che muovono gli operatori sanitari in direzione di un clamoroso sciopero non sembreranno assolute novità (era circa un ventennio che ciò non accadeva), ma l’evidente mancanza di risposte da parte della politica ha costretto infermieri, medici tecnici radiologi e di laboratorio ad utilizzare, come estrema ratio, lo strumento dell’astensione collettiva. In altri termini la misura è colma, ed il comparto sanitario nella sua interezza ha ritenuto di dover agire con le maniere forti (il rischio della paralisi totale del servizio pubblico è fuori discussione, i servizi pubblici essenziali saranno garantiti in ossequio al dato costituzionale di riferimento).

Le ragioni dello sciopero quindi sono per la paura di un possibile rinnovo dei contratti in senso peggiorativo, sblocco del turnover, il riconoscimento, sia economico che giuridico, della valorizzazione delle competenze clinico-assistenziali per sensibilizzare su alcune modalità di demansionamento, per porre l’attenzione sui continui tagli alle dotazioni organiche in vari ospedali, e sulla pretesa di una deroga generalizzata alle ore di riposo giornaliere e settimanali, per chiedere direttive chiare e risorse finalizzate ad una revisione completa del sistema delle indennità.

Ragione mancata per lo sciopero era quello del diritto di svolgere attività libero professionale con modalità simili a quelle già previste per il personale medico, uscendo fuori dal comparto.

Come dice il Prof. Mauro di Fresco, contrario allo sciopero: “Spinti da questo impeto carico di delusione e rabbia, è facile proclamare: “facciamo sciopero. Devo e voglio capire il senso di questo sciopero perché non voglio essere strumentalizzato dai sindacati che lo hanno indetto e non voglio riversare inutilment la mia rabbia sulle strade. Lo sciopero sarà utile a farci ottenere più soldi? No! Ed il perché è molto semplice.

Il nostro sistema retributivo, così come è strutturato nel nostro contratto, si basa su una piramide gerarchica ascendente dove alla base è collocata la categoria meno pagata (diciamo la B, dato che la categoria A è stata eliminata di fatto) fino ad arrivare all’apice, cioè alla categoria Ds. Nel mezzo ci siamo noi, la categoria D, subito dopo la C (perlopiù costituta dal personale tecnico-ausiliario).

Se si decide di stanziare un aumento di 100 euro alla categoria D, automaticamente, secondo il sistema proporzionale che non è assolutamente possibile derogare, si dovranno elargire 120 euro alla categoria Ds, 80 euro alla categoria C, 60 euro alla categoria Bs ed infine, 40 euro alla B. Non ci sono argomentazioni contrarie che tengano, è così!”

Quindi vediamo bene che le ragioni non mancano ma come dice la canzone: “Per un desiderio che esprimi te ne rimangono fuori altri cento”. La strada dello sciopero è lunga, iniziamo a camminarla!

 

Ecco tutto ciò che bisogna sapere sullo sciopero degli infermieri e dei medici del 23 Febbraio

 

Redazione

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