Friuli, in un anno si sono dimessi circa100 infermieri: “Non ci si pensa due volte a cambiare vita”

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L’attrattività professionale dell’infermieristica è oramai paragonabile a quella di un lavoro in miniera (VEDI) e sono sempre di più gli infermieri che, alla prima vera occasione, fuggono a gambe levate dalla professione.


Dopo il caso di Trento (VEDI), dove la percentuale degli infermieri dimissionari è praticamente raddoppiata nel giro di un anno, arrivano brutte notizie anche dal Friuli: secondo le stime dei sindacati, un centinaio di infermieri e una cinquantina di medici si sarebbero licenziati negli ultimi 12 mesi.


I motivi? Sempre gli stessi (VEDI), aggravati dall’incubo pandemico e, con ogni probabilità, dalle continue prese in giro della politica, fatte di proclami e poco altro. Di certo, come ricordato dal direttore generale di Asugi Antonio Poggiana a Il Piccolo, il Covid è stato “un macigno sulla testa degli operatori sanitari”.


Ma non può essere l’unica causa di questo sfacelo: “La professione, faticosa e stressante, è retribuita meno che altrove, non viene riconosciuta e non attrae più come un tempo. Serve un intervento sulla contrattazione collettiva nazionale, con un investimento strutturale sulla parte economica e su un più chiaro percorso di carriera” spiega il direttore generale.


Secondo Cristina Brandolin, presidente di Opi Trieste, è “difficile quantificare quanti colleghi siano usciti negli ultimi tempi, ma il livello di malessere che percepiamo all’interno delle professioni infermieristiche è alto.


Le restrizioni sulla pandemia, la sofferenza delle lunghe giornate in emergenza, i turni massacranti anche per le sospensioni dei non vaccinati, almeno una settantina in Asugi, e lo scarso riconoscimento economico hanno complicato il rapporto tra i lavoratori e nei confronti di Aziende e Ordini.


Il risultato è che qualcuno è andato nel privato, qualcun altro ha scelto l’estero e c’è perfino chi ha cambiato lavoro. Un fenomeno che riguarda peraltro pure la Gran Bretagna, dove gli infermieri stanno molto meglio che da noi”.


Dati più precisi sono stati forniti dal presidente di Opi Pordenone, Luciano Clarizia: In un anno gli infermieri usciti dal sistema in regione sono circa cento, mentre sono non meno di 350 quelli che servirebbero per coprire i ‘buchi’. Del resto nel privato i compensi sono superiori, si arriva a portare a casa fino a 3-400 euro in più al mese. E c’è anche chi lascia l’ospedale, apre partita Iva e si ritrova di nuovo in un Pronto soccorso. Un cane che si morde la coda”.


Anche per Clarizia il Sars-Cov2 ha avuto un impatto devastante sulla stanchezza degli infermieri: Lavoro e stress sono aumentati oltre il limite e in una professione nella quale non ci sono grandi prospettive di carriera, si vive di rinunce e di fatiche, non ci si pensa due volte a cambiare vita”.


Non è un caso, infatti, che “gli infermieri italiani che lavorano all’estero, ben pagati e considerati come elemento determinante della sanità, sono 20mila”, spiega il presidente. Che conclude: “Tornassero tutti, avremmo risolto il problema della carenza di personale”.

La valutazione del paziente con ulcere croniche

FORMATO CARTACEO

La valutazione del paziente con ulcere croniche

Quando, nelle corsie dei reparti, o dai lettini degli ambulatori, oppure durante gli eventi formativi o in occasione degli stage/ tirocini dei corsi di laurea e master universitari, si pone la fatidica domanda: “Cosa serve per ottenere la guarigione di un’ulcera cronica?”, comunemente la risposta è un lungo elenco di medicazioni, dispositivi e tecnologie tra i più disparati. Oggi più che mai è invece necessario (ri)orientare l’assistenza limitata e limitante generata da questa prospettiva che non riesce ad andare oltre al “buco che c’è nella pelle”, restituendo centralità alla persona con lesioni cutanee; occorre riaffermare che il processo di cura deve essere basato su conoscenze approfondite, svincolate da interessi commerciali, fondate su principi di appropriatezza, equità, sostenibilità e in linea con il rigore metodologico dell’Evidence Based Nursing/Medicine che fatica ad affermarsi. Questo testo, pensato e scritto da infermieri con pluriennale esperienza e una formazione specifica nel settore del wound management, propone nozioni teoriche e strumenti pratici per capire quale ulcera e in quale paziente abbiamo di fronte, e de- finire quali obiettivi e quali esiti dobbiamo valutare e devono guidare i nostri interventi. Nello specifico, la prima sezione del volume affronta alcune tematiche propedeutiche alla valutazione delle ulcere croniche, offrendo al lettore una discussione approfondita sui meccanismi della riparazione tessutale normale e quelli attraverso cui un’ulcera diventa cronica; segue una panoramica di questa tipologia di lesioni cutanee. La seconda sezione entra nel dettaglio delle varie fasi in cui si articola il percorso strutturato della valutazione con cui realizzare la raccolta di informazioni e dati sulla base dei quali formulare un giudizio clinico e guidare, in maniera consapevo- le e finalizzata, gli interventi di trattamento delle ulcere croni- che, come è richiesto ai professionisti della salute di oggi.Claudia Caula, infermiera esperta in wound care. Direzione delle Professioni Sanitarie. AUSL Modena.Alberto Apostoli, podologo; infermiere esperto in wound care; specialista in assistenza in area geriatrica; specialista in ricerca clinica in ambito sanitario. Azienda ASST Spedali Civili di Brescia.Angela Libardi, infermiera specializzata in wound care. ASST Sette Laghi – Varese.Emilia Lo Palo, infermiera specializzata in wound care. Ambulatorio Infermieristico Prevenzione e Trattamento Lesioni Cutanee; Direzione delle Professioni Sanitarie. Azienda ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

Claudia Caula – Alberto Apostoli – Angela Libardi | Maggioli Editore 2018

Alessio Biondino

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