“Fuga di cervelli” aumentata del 41,8% in 8 anni


Enrica Marcenaro, giornalista ufficio stampa di Aism (Associazione italiana sclerosi multipla), in occasione della Giornata mondiale del cervello che si è celebrata il 22 luglio ha evidenziato come la pandemia abbia lasciato segni profondi sulla società italiana. 

Ma soprattutto, di come la “fuga di cervelli” dal nostro paese sia un problema serio ed evidente, con sempre più laureati e giovani scienziati che cercano opportunità di lavoro all’estero, dove possono trovare migliori prospettive occupazionali e condizioni di lavoro più interessanti. Riportiamo qui i suoi interventi (VEDI Agenzia DIRE).

«C’è voluta la pandemia a frenare la fuga dei cervelli dall’Italia. Almeno un po’. Perché le restrizioni alla circolazione internazionale ne ha rallentato i flussi migratori. C’è voluta la pandemia a prendere atto che la cultura scientifica degli italiani è davvero poca cosa. Come se fosse un mito di serie ‘B’.


C’è voluta la pandemia per comprendere che la medicina ha un suo identikit ben preciso (che piaccia o no) e si basa sul metodo scientifico e di calcolo delle probabilità, caratteristiche tutt’altro che facili da comprendere, ma in grado di spiegare come l’esperienza del singolo non sia mai regola di verità assoluta. La pandemia ci ha dimostrato che se a scuola si insegnasse più cultura scientifica, forse l’opinione pubblica sarebbe stata in grado di comprendere meglio la scienza e a non demonizzarla.

Sempre la pandemia ci ha insegnato che la scienza non fa miracoli; che sono la scienza, l’intelligenza e la pazienza a darci risposte. La fortuna e i ‘secondo me’, mai. La pandemia ci ha fatto capire che se l’informazione fosse stata migliore, i comportamenti delle persone avrebbero potuto essere più consapevoli, più attenti, più prudenti. E che i (nostri) cervelli sono un tesoro irrinunciabile. Assolutamente prezioso: non andrebbe disperso.


La pandemia è finita. Ma è iniziata una nuova emergenza. Perché l’emorragia di cervelli, carica di sfumature e conseguenze, lascia l’Italia in maniera silenziosa e continua. Bene. Nel 2019 sono stati almeno 122 mila i connazionali registrati nell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire). La Corte dei Conti ha però fotografato, nel suo Referto sul sistema universitario 2021, che in otto anni (dal 2013 ad oggi) c’è stato un aumento del 41,8% dei trasferimenti all’estero per lavoro.

Le limitate prospettive occupazionali, con adeguata remunerazione spingono sempre più laureati a cercare fortuna all’estero. Ogni anno perdiamo giovani con un alto livello di istruzione; sono scienziati, innovatori e imprenditori. La perdita di tanti potenziali imprenditori e di conseguenti startup innovative, riducono le opportunità di lavoro per chi rimane. E vuole restare.

La pandemia ci ha insegnato che la vera sfida non è fermare la fuga di cervelli e scienziati, ma quella di attirarli e valorizzarli. Creando condizioni di lavoro concrete e interessanti. Non importa quale sia la loro nazionalità, che siano italiani o meno, purché siano valore per la comunità.


La pandemia ci ha insegnato questo. Che i cervelli sono connessione, risorsa, risposte, dignità. E senza di loro non si progredisce. Perché sono per loro natura movimento e ricerca, e quindi progresso. Mi sembrava giusto ricordarlo a tutti proprio in occasione del 22 luglio, Giornata mondiale del cervello (World Brain Day) promossa dalla World Federation of Neurology, giusto per ricordare che spesso, ricerca e scienza significano cura.

Di questa giornata forse parleranno pochi. Vorrei però che soprattutto si ricordasse chesenza i cervelli, noi, il mondo delle persone con patologie croniche e degenerative, non avremmo risposte terapeutiche; non avremmo nessun supporto, nessuna cura, né al presente né in futuro.

Vorrei non si dimenticasse che quella luce in fondo al tunnel che per noi persone con sclerosi multipla e patologie correlate, si identifica con un messaggio accorato della scienziata Rita Levi Montalcini (è stata alla guida di Fism, Fondazione italiana sclerosi multipla sino alla morte, anche se in pochi lo sanno), ora è davvero concretezza.


Lo è grazie a queste menti, anche se siamo un Paese che investe in ricerca e sviluppo meno della media europea (1,4% del Pil contro il 2,1 dell’Ue e il 2,5% dell’Ocse). Ma siamo soprattutto il Paese che supera la media europea per quota di pubblicazioni scientifiche, pari a oltre l’11% contro il 9% della Ue. Siamo il Paese che forma ricercatori tra i migliori al mondo, anche se con punti deboli nel sistema che non consentono un ritorno di questo sapere in termini di innovatività e competitività con il resto del mondo. Siamo il Paese che vanta la scuola di ricerca sulla sclerosi multipla (quella di Fism) come un fiore all’occhiello, tanto da essere seconda solo a quella statunitense.

In generale gli studenti di dottorato in Italia sono meno di 30mila, contro gli oltre 66mila della Francia, i 90mila della Spagna e 200mila della Germania. E a penalizzare la ricerca italiana è anche una minore integrazione con il resto del mondo. La quota di stranieri iscritti al dottorato in Italia è del 15,6%, sotto la media Ue del 18,3%. E allora, in questa Giornata mondiale del cervello, è importante per tutti noi non dimenticare quello che la pandemia ci ha insegnato: ‘Che quando si tratta di qualità, l’Italia è una eccellenza’ e che le storie, quelle che parlano di scienza, viaggiano sempre insieme ai viaggiatori. Lasciamoci trasportare dalla scienza. Non ci tradirà».

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Alessio Biondino

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