Un articolo di Repubblica di qualche giorno fa (VEDI), dove è stato dato spazio all’infermiera Martina Benedetti (i cui scatti divennero virali durante la pandemia, VEDI), ha scatenato la sarcastica ira di Nicola Porro (vicedirettore de Il Giornale) o di chi scrive per lui sul suo sito.
Le stoccate dell’infermiera a Gemmato (Fdl)
Nel pezzo ‘incriminato’ e preso di mira dal sito del conduttore TV, la professionista ha risposto a Marcello Gemmato, responsabile sanità di FdI, che giorni prima ha ribadito la volontà di cancellare l’obbligo vaccinale per i sanitari e di abolire il green pass al grido di «non seguiremo le virostar».
«Abbiamo toccato con mano il lavoro duro», replica Martina, «nemmeno troppo riconosciuto a livello sociale, e seguito gli scienziati. Sentir dire altrimenti mi ha fatto male.
Il Covid ora è passato un po’ in secondo piano, lo capisco, ma l’attenzione almeno alle buone norme igieniche non dev’essere dimenticata. Lo stesso Gemmato ha riconosciuto che sono state abbattute le influenze stagionali. La mascherina quindi teniamola al chiuso dove non c’è distanziamento».
«Ogni decisione che abbiamo preso è stata pesata sui dati», sottolinea l’infermiera, perciò «dire che si inizieranno a seguire scienziati con alto impact factor sembra voler sminuire quanto fatto finora. È svilente».
“Le misure sono servite”
Gemmato ha anche detto che la mascherina, in ospedale, sarebbe auspicabile «in reparti con persone fragili, magari non in ortopedia ma in terapia intensiva». Ma la collega della terapia intensiva del Noa di Massa (Toscana) non ci sta: «Così si sottovaluta il concetto di fragilità. In ortopedia, ad esempio, ci sono pazienti cronici, pluripatologici, non significa che non siano fragili».
Sull’utilità di quanto è stato fatto e pensato contro il Coronavirus e sul ‘clima’ attuale, la sanitaria non ha dubbi: «Stiamo virando verso l’endemia e mi sembra ci si voglia accaparrare facili consensi dopo quasi tre anni in cui altri hanno fatto il lavoro difficile. Le misure sono servite».
Altresì, sull’obbligo vaccinale: «Non condivido la scelta di chi non ha voluto vaccinarsi per motivi ideologici o politici. Però o l’obbligo vale per tutti o altrimenti non ha senso solo per determinate categorie».
Mascherine e infermiere vip
È su questi concetti, espressi da chi ha vissuto la parte più complicata della pandemia in prima linea, tra gente che soffocava lontana dai propri cari e morti chiusi nei sacchi, che l’autore dell’articolo “Gli orfani del Covid riesumano mascherine e infermiere vip” si è a dir poco sbizzarrito.
“Nostalgici del regime sanitario”
Puntando il dito contro i «nostalgici del regime sanitario», qualcosa che viene descritto come «peggiore di qualsiasi fascismo», il giornalista sostiene che «il lockdown era finalizzato al lockdown, la sua unica utilità era tenere il paese ibernato e intanto impedirgli di votare. Perché sapevano benissimo come sarebbe andata a finire votando. E adesso schiumano, da dietro la mascherina manicomiale».
“Vanesia prefichetta della mascherina”
Dopodiché distrugge Emanuele Trevi (critico letterario e scrittore italiano) e quindi parte all’attacco di Martina, accusandola di «(auto) propaganda», di «pessima fede» e definendola con scherno «Marty on the Beach» e «vanesia prefichetta della mascherina»: «Repubblica non si accontenta e infierisce: dal mazzo ripesca, la ricordate? La infermiera influencer, la Martina Benedetti, quella conciata come un sioux sul piede di guerra – ma erano i crudeli segni della fatica per salvare da se stesso questo ingrato popolo sovranista di merda.
Sì, lei, quella che alternava foto di consunzione da superlavoro ospedaliero eroico a scatti vacanzieri a Dubai e altre pose studiatamente spontanee, tipo lei che gioca a scacchi da sola: perché dietro la mascherina, c’è la mente.
“Formule gesuitico-infermieristiche”
Marty non è come Trevi, il suo egocentrismo è più sottile, più femminile, più pervasivo: parla in prima persona, come un Nobel, discetta di “decisioni prese sui dati” (sì, quelli della fondazione Gimbe, con cui collabora), di destra fake e irresponsabile, e ti pareva, di “RT in aumento”, di non abbassare la guardia, tenere alta la testa e ben mascherata, si definisce molto preoccupata, cosa di cui Mattarella, benedett’uomo, dovrebbe tenere conto, già che c’è non risparmia bacchettate di scienza della comunicazione agli strateghi di palazzo Chigi, “c’è stato un errore di espressione sul lockdown”, cioè, fuor da formule gesuitico-infermieristiche: dovevano andarci giù più duri, punire chi “strumentalizzava le misure, che sono servite”.
“Coprifuoco e pezzi di stoffa”
Più di così? Non basta a Marty on the Beach la perdita del lavoro, della libertà personale, della dignità, del caffè al bar? Che poi coprifuoco e pezzi di stoffa abbiano fatto il loro dovere, non ha la faccia di sostenerlo più nessuno al mondo tranne Martina, Trevi e il ministro Speranza: vedi caso, l’unico fra i politici (e i virologi) in campagna elettorale a non essersi rimangiato simili misure sul paranoide criminale. Al contrario, più simili misure sono state inflitte e più hanno scatenato orgie di conseguenze, delle quali forse non ci libereremo mai».
Martina, perdona loro, perché non sanno quello che scrivono.
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