“Gli studenti infermieri? In Europa sono stipendiati, qua fanno beneficienza”

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In una lunga e articolata lettera inviata a Varese News (VEDI) e firmata da «un infermiera/infermiere qualsiasi» dipendente dell’Asst Sette Laghi, un professionista dell’assistenza fa delle interessanti «considerazioni sulla continua fuga di infermieri dalla ASST», che spiegano i motivi per cui l’attrattività della professione infermieristica sia oramai in caduta libera.


Nella missiva, al grido di «non ci sono le condizioni per potermi esprimere come il/la professionista della salute che vorrei essere», l’infermiere sottolinea come la sua dissertazione sia «una personale considerazione che non è assolutamente espressione ufficiale degli enti istituzionali che rappresentano la categoria». Divideremo il suo sfogo in diversi articoli, a seconda dell’argomento trattato, sperando che tutto ciò possa generare riflessioni e prese di coscienza in chi di dovere.


L’incubo degli aspiranti infermieri.


«…Il nostro ateneo è stato inserito dal Censis tra i primi dieci per la qualità della didattica nelle professioni sanitarie. L’ateneo sicuramente, non il Corso di Laurea in infermieristica, e parlando con gli studenti dei vari anni di percorso, soffre di importanti carenze organizzative, logistiche e strutturali. Sarebbe interessante sentire la loro voce, fare degli incontri in cui poter affrontare serenamente queste problematiche, senza paura di ripercussioni.


Tuttavia non viene loro corrisposta alcuna retribuzione, come succedeva ai tempi delle Scuole Regionali e, prima ancora, delle Scuole Convitto. Nel resto d’Europa gli studenti ricevono un vero e proprio stipendio, progressivamente più alto in base all’anno di corso, ovviamente. Qua fanno beneficienza.


Senza contare che non hanno diritto a un pasto (del resto li prepariamo già a quello che sarà il nostro lavoro) o nessuna
agevolazione per il parcheggio (non tutti abitano in città o possono usufruire dei mezzi pubblici).


E stiamo qua a chiederci perché nessun giovane vuole esercitare questa professione, perlomeno in Italia? Sul serio?


E dei problemi quotidiani che devono sopportare in università? Aule glaciali, controsoffitti che marciscono in attesa di cadere in testa a qualcuno, distributori di bevande e snack malfunzionanti, aule ristoro insufficienti che costringono gli studenti a mangiare freddo, sedie fatiscenti, una segreteria sorda ad ogni richiesta degli studenti che, ricordiamolo, pagano cospicue tasse non corrisposte da un servizio altrettanto efficiente.


E se accusiamo questi giovani di non voler vivere soltanto per lavorare, “perché si è sempre fatto così” dobbiamo fermarci a riflettere un attimo.


E con l’arrivo degli infermieri sudamericani, ci si auspica che i giovani rimangano in Lombardia, con anche l’istituzione di corsi di aggiornamento. Ma per chi? Solo per i sudamericani?»…

CONTINUA:

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Alessio Biondino

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