I medici: “Ambulatori infermieristici per le liste d’attesa? No al depauperamento dei livelli di assistenza”

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Qualche giorno fa, sulla problematica delle liste d’attesa infinite che attanagliano la sanità del paese, la presidente della FNOPI (Barbara Mangiacavalli) ha proposto: «Per abbattere i tempi delle liste d’attesa bisognerebbe ragionare sull’attività ambulatoriale autonoma degli infermieri» (VEDI).


Poteva mancare, ancora una volta, la piccata reazione dei medici che proprio non vogliono che il loro infinito orticello sia minacciato o intaccato in nessun modo? Ovviamente no. Ed ecco che il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, durante la XVIII edizione del Forum Meridiano Sanità, verosimilmente colto da una fastidiosissima orticaria nel sentire la denominazione “infermiere” associata a “autonomia” o “ambulatorio”, ha tuonato: 


«Apprezziamo lo spirito di collaborazione volto a snellire le liste d’attesa. Ma questo obiettivo può essere raggiunto solo nell’ambito di un’attività coordinata con i medici e le altre figure, nel quale ogni professionista collabora mettendo al servizio del paziente le sue peculiari competenze. Le diverse professioni sanitarie, infatti, sono tutte complementari ma nessuna può essere sostitutiva dell’altra.


Le liste d’attesa sono l’espressione di un aumento del bisogno di salute delle persone e, allo stesso tempo, la conseguenza della carenza di personale medico. Infatti, ogni prestazione, sia essa strumentale o visita medica, serve per definire una diagnosi e stabilire un percorso di cura condiviso con il paziente. Attività, queste, che sono di esclusiva competenza medica. Una migliore organizzazione può essere utile senza surrogare le competenze di nessuno.


I sistemi sanitari prevedono oggi un lavoro di equipe, dove ogni professionista e operatore ha la stessa dignità ma ruoli diversi. Solo il rispetto della dignità di ciascuno e dei rispettivi ruoli è garanzia di buon funzionamento della sanità. In un servizio sanitario sicuro, i medici fanno i medici, gli infermieri fanno gli infermieri, gli Oss fanno gli Oss e così via.


In questo momento di gravissima carenza numerica di professionisti, e soprattutto di infermieri, l’attività va concentrata sui livelli di assistenza e non sul trasferimento di competenze e compiti. Il rischio concreto è, infatti, quello di un depauperamento dei livelli di assistenza, con figure non debitamente formate che si troveranno a dover sostituire gli infermieri nel loro prezioso ed efficace ruolo di assistenza».


Cosa fare, allora? Anelli non ha dubbi: urgono investimenti economici, il superamento dei piani terapeutici e una sacrosanta valorizzazione dei professionisti (ovviamente si riferisce ai medici di medicina generale).

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Alessio Biondino

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