Farmaco sperimentale contro la malattia di Alzheimer
Fu, nel corso degli anni ‘90, dott. Cuervo a scoprire l’esistenza di un processo di pulizia cellulare conosciuto con il nome di autofagia mediata da chaperone (CMA); essa, che diventa meno efficiente con l’avanzare dell’età, aumenta il rischio che le proteine indesiderate si accumulino in grumi insolubili che danneggiano le cellule, tant’è che la malattia di Alzheimer, così come le altre malattie neurodegenerative, è caratterizzata dalla presenza di aggregati proteici tossici nelle cellule cerebrali dei pazienti.
La CMA e l’ Alzheimer
Dalla genesi di questo processo nasce lo studio dei ricercatori dell’Albert Einstein College of Medicine, i quali hanno esaminato, su topi, se la CMA contribuisce in prima battuta alla malattia di Alzheimer. Ciò che è emerso è che l’assenza di CMA in un cellula nervosa è bastata per generare: perdita di memoria a breve termine, disturbi della deambulazione, ha interrotto la proteostasi, nonché la capacità delle cellule di regolare le proteine che contengono e altri problemi.
Al contrario, può accadere anche che sia la malattia di Alzheimer stesso a causare un precoce danneggiamento della CMA, così il team di ricercatori ha analizzato il processo inverso facendo sì che in un gruppo di topi fossero fatte produrre copie difettose della proteina tau (proteina che contribuisce al funzionamento dei neuroni nel cervello). Ciò che è emerso è che, rispetto al gruppo di controllo, il gruppo modificato aveva una minore attività della CMA.
L’incoraggiante scoperta
La scoperta nuova e incoraggiante è aver creato un farmaco sperimentale che ha il potenziale di trattare la malattia di Alzheimer. Partendo dal presupposto che la CMA è in grado di fagocitare le cellule difettose, ma considerando l’enorme quantità di esse e vista la loro azione paralizzante nelle patologie neurodegenerative, si è pensato che fosse utile sperimentare un farmaco in grado di rivitalizzare l’azione della CMA.
Il nuovo farmaco, chiamato CA, che agisce aumentando il numero di recettori LAMP2A, ha portato a un miglioramento nella memoria, nella depressione e nell’ansia che hanno reso gli animali trattati simili ai topi di controllo sani.
I ricercatori hanno testato il farmaco su due modelli murini di Alzheimer per un periodo di 4-6 mesi, specificando che entrambi mostravano già sintomi della malattia prima che il farmaco fosse somministrato, ciò sta a significare che CA può aiutare a preservare i neuroni anche nelle fasi successive della malattia. Non sono stati segnalati problemi a carico di altri organi durante il periodo di trattamento.
Lo studio e le collaborazioni
Lo studio è intitolato “L’autofagia mediata da chaperone previene il collasso del proteoma metastabile neuronale”. L’altro co-leader e primo autore dello studio è Mathieu Bourdenx, Ph.D., borsista post-dottorato nel laboratorio del Dr. Cuervo e anche ricercatore Junior presso l’Istituto di malattie neurodegenerative, Università di Bordeaux, Francia. Altri autori di Einstein includono: Adrián Martín-Segura, Aurora Scrivo, Susmita Kaushik, Ph.D., Inmaculada Tasset, Ph.D., Antonio Diaz e Yves R. Juste.
Lo studio è stato sostenuto dal National Institutes of Health (AG054108, AG021904, AG017617, AG038072, AG031782, NS100717, NS095435), dalla JPB Foundation, dalla Rainwater Charitable Foundation, dalla Michael J. Fox Foundation e dalla Backus Foundation.
Fonte scientifica:
Bourdenx, M., Martín-Segura, A., Scrivo, A., Rodriguez-Navarro, J. A., Kaushik, S., Tasset, I., Diaz, A., Storm, N. J., Xin, Q., Juste, Y. R., Stevenson, E., Luengo, E., Clement, C. C., Choi, S. J., Krogan, N. J., Mosharov, E. V., Santambrogio, L., Grueninger, F., Collin, L., Swaney, D. L., … Cuervo, A. M. (2021). Chaperone-mediated autophagy prevents collapse of the neuronal metastable proteome. Cell, 184(10), 2696–2714.e25. https://doi.org/10.1016/j.cell.2021.03.048
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