Infermiere in pensione tornato al lavoro per il Covid: “Dovevo farlo”

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Era la fine dell’ottobre 2020 quando Claudio, infermiere bolzanino 64enne, si era concesso qualche giorno di relax a Sirolo (nelle Marche) col suo camper. Un periodo di riposo che coincideva con l’inizio della tanto agognata pensione, dopo mesi durissimi a fronteggiare l’emergenza Covid come coordinatore del servizio infermieristico delle case di riposo Villa Europa e Don Bosco (Bolzano).

I contagi salivano

Ma dopo un’estate relativamente tranquilla, i contagi erano tornati a moltiplicarsi e viste le tante difficoltà del nostro impreparato SSN, Claudio ha deciso di dare una mano: “Maria Grazia, mia moglie, mi ripeteva: la tua parte l’hai fatta; sei appena andato in pensione, è arrivato il momento di fermarsiha raccontato a Alto Adige (VEDI).

‘Non potevo non dare una mano’

Ma il richiamo all’aiuto, per lui, è stato troppo forte: “Siamo rientrati il 9 novembre e il giorno dopo ero di nuovo in servizio. Non potevo non andare a dare una mano: il 50% degli infermieri e il 30% degli operatori socio-sanitari erano positivi. Ho trovato l’inferno. Avevamo una quindicina di persone sotto ossigeno; un salvavita in quel momento difficile da trovare. I più fragili, il virus li ha portati via in cinque giorni. Un disastro”.

Poi il ricovero

E anche Claudio, purtroppo, è stato colpito duramente dal virus maledetto: “Sono sempre stato scrupoloso nel seguire le regole per ridurre i rischi, ma il 23 novembre il Covid ha colpito me. È scattato l’isolamento: io in una stanza; mia moglie in un’altra e mia figlia in un’altra ancora.

Sono rimasto a casa una settimana: avevo la febbre, speravo di cavarmela così. Questo però è un virus subdolo che aggredisce i polmoni. All’inizio di dicembre sono finito in ospedale, nel reparto di Malattie infettive.

Poi il trasferimento in Terapia intensiva, dove sono rimasto otto giorni. Un incubo. Medici e infermieri però hanno fatto di tutto per curare il corpo e tener su il morale: mi incoraggiavano a non mollare. Nei momenti più difficili, mi dicevo: quando hai fatto il militare, i tuoi colleghi montavano la guardia a meno 20 a San Candido; puoi farcela anche tu. E così è stato”.

‘I sanitari no vax? Dovrebbero studiare di più’

Il 64enne non si capacita di come vi siano professionisti sanitari che scelgono di non vaccinarsi e, addirittura, si battono contro l’immunizzazione anti-Covid: “Durante la pandemia nessuno si è tirato indietro: infermieri e medici hanno fatto turni massacranti; rischiato in prima persona; visto con i propri occhi i disastri provocati dal virus.

Non è possibile che adesso ci sia chi non si vaccina. Sa cosa farei io? Renderei obbligatoria per aspiranti medici e infermieri ‘Storia della medicina’, materia oggi facoltativa. O superi l’esame o non puoi fare quelli successivi.

Allora capirebbero – semmai non fosse ancora chiaro – l’importanza dei vaccini nella storia dell’umanità. Io ho provato sulla mia pelle cosa può fare questo virus; e prima ancora lo avevo visto sugli ospiti delle case di riposo”.

Lo scorso 4 novembre Claudio è stato insignito dell’onorificenza di cavaliere della Repubblica firmata dal presidente Sergio Mattarella, per la generosità dimostrata durante la pandemia.

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Alessio Biondino

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