La funzione di ‘Triage’, ovvero il primo momento di accoglienza e valutazione dei pazienti afferenti al Pronto soccorso, deve essere prevista in ogni dipartimento di emergenza e accettazione dei nostri ospedali (decreto n. 76/1992) ed è svolta “da personale infermieristico adeguatamente formato, che opera secondo protocolli prestabiliti dal dirigente del servizio”.
Triage: non è una diagnosi
Tale funzione consiste in una rapida valutazione delle condizioni cliniche dei pazienti e del loro rischio evolutivo con la successiva assegnazione di un codice di gravità, volto a definire la priorità di trattamento.
Attenzione, però: tutto ciò non rappresenta affatto una diagnosi (onere medico), bensì la veloce individuazione di tutti quei pazienti che hanno necessità di cure immediate rispetto a quelli che invece possono differire la valutazione medica.
E gli infermieri di triage, formati in questo senso, hanno per legge la responsabilità di questa delicata ‘scelta’; una scelta importante, a volte difficile e che può nascondere delle insidie.
Infermiere a processo: omicidio colposo
Insidie che hanno investito a pieno un infermiere dell’ospedale San Luigi di Orbassano che, indagato dalla Procura di Torino (gli viene contestato un atteggiamento negligente), a fine ottobre si ritroverà a processo per omicidio colposo.
I fatti, riportati da risalgono all’inizio del 2019: un uomo si presentò in pronto soccorso accompagnato dal figlio con un dolore ingravescente in zona inguinale, che lo attanagliava da un paio di giorni.
Codice verde, ma…
Alle 14:30 gli fu attribuito dal professionista un codice verde. L’uomo fu poi rivalutato alle 16.42 e alle 19.36, senza che il codice d’urgenza cambiasse.
Vani gli appelli del figlio, che secondo l’accusa sottolineò più volte al triagista come il padre fosse stato sottoposto a un intervento di chirurgia vascolare maggiore (aspetto che avrebbe dovuto portare l’operatore ad assegnargli un codice giallo).
Dopo 7 ore la valutazione di un medico
Solo alle 21:15, una volta in visita, tutti compresero la gravità della situazione: un’anglo-tac mostrò infatti la rottura di un aneurisma dell’aorta addominale. Di lì a breve il trasferimento in un reparto di chirurgia vascolare, ma… Non ci fu più tempo utile: il paziente morì poco dopo.
Autore: Alessio Biondino
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