Era circa la metà del pomeriggio di ieri, martedì 13 dicembre, quando un infermiere dell’ospedale Media Valle del Tevere a Pantalla di Todi (Perugia) è stato trovato cadavere all’interno dei bagni dello spogliatoio del personale.
L’uomo, residente in un comune nei pressi di Foligno, aveva meno di 40 anni. Sul posto si sono presto recate le forze dell’ordine e, come riportato da diverse testate locali, sono stati disposti tutti gli accertamenti del caso per appurare le cause di questo dramma e per ricostruire gli ultimi istanti di vita del professionista.
In una nota dell’Usl Umbria 1, di cui l’infermiere era dipendente, si legge che la salma resta a disposizione dell’autorità giudiziaria e che questa sarà trasferita presso l’obitorio dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. Secondo quanto emerso dalle prime ricostruzioni, l’ipotesi prevalente è che il collega si sia tolto la vita.
Ci risiamo, dunque: dopo il caso dell’infermiere di Roma trovato morto in una stanza del day hospital dell’Ospedale Grassi di Ostia (lo scorso luglio, VEDI) con accanto una flebo, un altro operatore sanitario ha forse scelto la via del suicidio per porre fine a un’esistenza che non reputava più sostenibile.
E i casi sono in aumento: secondo uno studio (VEDI) eseguito dai ricercatori della School of Nursing dell’Università del Michigan, prima della pandemia l’infermiere aveva un rischio di suicidio doppio rispetto alla popolazione generale, un rischio che era addirittura superiore del 70% rispetto al medico.
Ma non solo: la ricerca evidenzia anche come il personale infermieristico avesse il 90% di probabilità in più di avere problemi sul posto di lavoro rispetto alla popolazione generale e il 20-30% di probabilità in più di soffrire di depressione.