Infermieri! Mollate i confederati, abbiamo bisogno di sindacati di categoria!

Dario Tobruk 05/11/20
L’ultimo contratto firmato ci regalò ben 85 euro lordi di aumento e poco più. Sfiorato il rischio di cedere quei pochi riposi che non saltiamo tra straordinari e carenze di personale, i sindacati confederali CISL-CIGL-UIL urlarono un risultato importante portato a casa. I nostri sindacati di categoria, nel mentre, annaspavano a prendere posizione.

Poi venne una pandemia mondiale e tra retorica da eroe primi segnali di avversità nei confronti degli infermieri superammo una prima ondata con tutto l’onore e sacrificio che da sempre hanno contraddistinto la nostra categoria. “Non vi dimenticheremo” giurò Conte, eppure l’ha fatto. E non solo lui, ma tutto il popolo italiano pare aver dimenticato. E gli infermieri ora combattono non più solo contro il Covid ma contro le loro motivazioni più profonde: senza solidarietà nazionale sarà difficile per medici e infermieri raggiungere quei picchi di performance che salvarono l’Italia dalla prima ondata di Covid-19.

Migliaia di infermieri in sciopero

Migliaia di infermieri stanno aderendo, quando non precettati, agli scioperi alternati indetti da Nursind e Nursing Up e che, comunque disuniti, affrontano il Governo per portare in piazza le istanze degli infermieri: «A chi ci chiede di tirarci indietro rispondiamo che se non lo abbiamo fatto, è perché troppo importanti sono le istanze in gioco, troppo lunga è l’attesa di una svolta che non è mai arrivata. Il gioco delle promesse mancate è finito, continua De Palma. Gli infermieri italiani, logorati e stanchi di essere presi in giro, sono pronti a fermarsi per 24 ore. E sono davvero tanti i colleghi che da tutta Italia ci hanno chiamato confermando la loro volontà di aderire. Prevediamo perciò una massiccia partecipazione, ma soprattutto vogliamo lanciare un messaggio al Governo e alle regioni che, nei fatti, ci stanno ancora una volta voltando le spalle, con accompagnamento di inutili elogi e lodi sdolcinate» dichiara Antonio De Palma, presidente nazionale del Nursing Up, promotore dell’ultimo sciopero nazionale del 2 novembre 2020.

Gli infermieri sono stanchi e delusi

Esplode la rabbia dei professionisti nei confronti del Governo. Gli infermieri si sentono traditi e delusi da una società che li ha spremuti nel momento del bisogno e che non solo non ha fatto niente per fornire la sanità degli strumenti per poter accusare il colpo di una seconda ondata, ma che si aspetta che questa sia affrontata con la stessa energia una seconda volta.

Dove sono i confederati Fp Cgil, Cisl Fp e Uilfpl?

Appare poi ancor più schizofrenico che gli stessi sindacati confederali, nonostante il grande dissenso e fervore che gli infermieri stanno dimostrando, quando non si espongono addirittura ostacolano gli scioperi, denunciando alla FNOPI la partecipazione di alcuni ordini provinciali alle manifestazioni sindacali promosse dal Nursind lo scorso 15 ottobre.

Cosa succede?

Gli infermieri si stanno accorgendo che la triplice confederale, CIGL-CISL-UIL, non rappresenta gli interessi della categoria ma quelli di tutto il comparto.

Gli ultimi 20 anni di storia infermieristica:

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

32.00 €  30.40 €

Che gli infermieri sono la categoria di questo comparto che ha maggiori necessità di rivoluzionare la propria posizione contrattuale rispetto a tutte le altre professioni sanitarie e a maggior ragione da area socio sanitaria, amministrativi, cuochi, tecnici,ecc..

Ma non solo nei confronti di quest’ultimi ma anche contro di nostri parigradi sanitari. Quanti fisioterapisti rischiano ogni giorno un’accusa di omicidio colposo o lesioni personale gravissime? Il rischio professionale di un logopedista può essere comparato a quello di un infermiere?

Che la mancata rappresentazione sindacale è dovuta al fatto di far parte ancora del comparto e di dover condividere battaglie e conquiste con lavoratori che non hanno nemmeno la metà dei nostri oneri e responsabilità.

La soluzione?

Uscire dal comparto, ovviamente. Ma nel frattempo?

È inutile, a nostro avviso, perdere ancora tempo ed energie per biasimare sindacati generalisti che fanno il loro lavoro, ovvero difendere la loro esclusiva posizione, e cercano di portare avanti le battaglie di più voci. Sindacati che non prendono in considerazione i bisogni delle figure più rappresentate all’interno del comparto. Guardiamo il lato positivo, mai come ora gli infermieri sono consapevoli di quello di cui hanno veramente bisogno.

Ci siamo finalmente accorti che abbiamo bisogno di un forte e rappresentato sindacato di categoria.

Un sindacato che porti avanti le nostre richieste e non quelle di personale amministrativo, che spinga per le competenze specialistiche e per il riconoscimento delle peculiarità del nostro lavoro. Richieste che in quest’ultimo contratto non sono state minimamente esaurite.

Può davvero, la categoria più numerosa del Sistema Sanitario Nazionale con circa 270.000 infermieri, circa il 50% di tutto il personale sanitario, non valere niente all’interno del comparto? Rimanere invisibili in tutto questo? Dopo aver affrontato una pandemia mondiale? Abbiamo bisogno di ulteriori dimostrazioni? Noi pensiamo di no e sappiamo finalmente cosa fare. 

Iscrivetevi a sindacati di categoria infermieristici!

Gli infermieri hanno bisogno di iscriversi esclusivamente a sindacati di categoria, l’offerta è varia e noi non abbiamo alcuna intenzione di sponsorizzarne uno piuttosto che un altro. In ordine sparso non avete che l’imbarazzo della scelta:

(se ne abbiamo dimenticato qualcuno è perché non abbastanza rappresentantivi della categoria infermieristica, se volete far parte di questo elenco, scrivete nei commenti qui in fondo le vostre motivazioni e noi di DimensioneInfermiere sosterremo anche voi)

Autore: Dario Tobruk (FacebookTwitter)

Dario Tobruk

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