L’ipertrofia prostatica benigna è un ingrossamento non tumorale della prostata che colpisce molti uomini dopo i 50 anni.
Sebbene sia una condizione benigna, può causare disturbi urinari significativi e richiedere un inquadramento clinico preciso. In questo articolo vedremo sintomi, diagnosi e trattamenti in caso di iperplasia prostatica.
Indice
Cosa si intende per ipertrofia prostatica benigna?
L’ipertrofia prostatica benigna (IPB) o anche chiamata iperplasia prostatica è una condizione clinica causata dall’ingrossamento benigno (e non canceroso) della prostata, una ghiandola situata appena sotto la vescica, che circonda l’uretra.
L’aumento delle sue dimensioni può rendere difficoltosa la minzione, rendendo necessario un intervento farmacologico, l’utilizzo di dispositivi come i cateteri vescicali e, in alcuni casi, un intervento chirurgico.
La ghiandola prostatica è fisiologicamente presente negli uomini ed è deputata, insieme alle vescichette seminali, alla produzione del liquido seminale.
Se le dimensioni di questa ghiandola , che nei soggetti giovani è paragonabile a una noce, tendono ad aumentare con l’età, nella popolazione anziana ciò può comportare difficoltà nell’emissione dell’urina (ostruzione urinaria), con conseguente aumento del rischio di infezioni delle vie urinarie (IVU).
Oltre a generare un notevole disagio, un’ostruzione prolungata della minzione può provocare complicanze più gravi, come l’idronefrosi, se non adeguatamente trattata.
Cosa causa l’iperplasia prostatica?
L’ingrossamento della ghiandola prostatica è un’alterazione molto frequente negli uomini, soprattutto con l’avanzare dell’età.
L’incidenza dell’ipertrofia prostatica benigna aumenta progressivamente, e già intorno ai 50 anni si osserva una prevalenza significativa della condizione.
L’iperplasia del tessuto prostatico accompagna un normale processo di invecchiamento. Sebbene l’eziologia non sia ancora completamente definita, si riconosce nella modificazione dell’equilibrio ormonale, in particolare nel rapporto tra testosterone ed estrogeni, uno dei principali fattori implicati.
Alcuni elementi, come la scarsa attività fisica e la presenza di comorbilità, possono predisporre allo sviluppo dell’IPB.
Tuttavia, si tratta di una condizione marcatamente età-correlata: secondo recenti indagini, fino all’80% degli uomini oltre gli 80 anni presenta segni di iperplasia prostatica.
Quali sono i sintomi dell’ipertrofia prostatica?
I sintomi dell’ipertrofia prostatica benigna tendono a svilupparsi in modo progressivo, seguendo l’incremento del volume prostatico.
Si manifestano quando l’ingrossamento della ghiandola ostacola il normale deflusso dell’urina, dando origine a un quadro sintomatico tipico.
Tuttavia, è importante ricordare che non tutti i pazienti con ipertrofia prostatica sviluppano sintomi: la malattia può essere diagnosticata anche in modo incidentale, ad esempio durante una cateterizzazione vescicale eseguita nel contesto di un ricovero (spesso per ritenzione urinaria acuta).
Quando presente, la sintomatologia dell’IPB esordisce solitamente con difficoltà a iniziare la minzione (esitazione minzionale) e a mantenerla (disuria).
Il paziente può percepire lo svuotamento come incompleto, accompagnato da dolore (stranguria) o comunque da un senso di sforzo, dovuto all’ostruzione meccanica che impedisce alla vescica di svuotarsi completamente.
Col tempo, lo stimolo a urinare diventa sempre più impellente, con sensazione di urgenza minzionale, riduzione del volume e della forza del flusso, fino al tipico gocciolamento terminale.
L’aggravarsi della condizione comporta anche un’irritazione progressiva della vescica e dell’uretra, che si traduce in un aumento della frequenza minzionale sia diurna (pollachiuria) che notturna (nicturia).
Nei pazienti sessualmente attivi, l’ipertrofia prostatica benigna può associarsi a disfunzione erettile (difficoltà a iniziare o mantenere l’erezione) e, in alcuni casi, a emospermia (presenza di sangue nello sperma).
La sintomatologia correlata al mancato svuotamento vescicale, come nel caso della ritenzione urinaria o delle infezioni delle vie urinarie (IVU), può includere dolore addominale e febbre, quest’ultima tipicamente associata a infezione batterica del tratto urinario.
Come si diagnostica l’ipertrofia prostatica benigna?
Alla comparsa dei sintomi tipici dell’ipertrofia prostatica benigna, soprattutto con l’avanzare dell’età, il medico di medicina generale può richiedere una consulenza specialistica urologica.
Il primo livello diagnostico prevede l’esecuzione di alcuni esami delle urine, come le analisi chimico-fisiche, l’esame citologico urinario e urinocoltura), utili per rilevare eventuali alterazioni cellulari, infezioni, ematuria o alterazioni della funzionalità renale.
A questi si associa il dosaggio dell’antigene prostatico specifico (PSA), marcatore ematico che può suggerire un aumento del volume prostatico o sospetti di natura neoplastica.
La valutazione clinica prosegue con l’esplorazione rettale da parte dell’urologo, che consente la palpazione diretta della prostata. In questa sede è possibile apprezzarne dimensioni, consistenza, simmetria e superficie, elementi utili a distinguere tra ingrossamento benigno e sospetta malignità.
In caso di conferma o dubbio diagnostico, si procede con indagini di secondo livello. L’uroflussometria è una metodica non invasiva che registra la dinamica della minzione del paziente, rappresentata graficamente come curva di flusso: un andamento fisiologico mostra una salita rapida, un plateau centrale e una discesa altrettanto rapida. Alterazioni di questo tracciato possono indicare ostruzioni al flusso urinario.
A completamento, possono essere impiegate indagini ecografiche, tra cui la valutazione del residuo post-minzionale (RPM) e l’ecografia prostatica transrettale, utile per misurare con precisione le dimensioni della ghiandola.
Nei casi in cui si sospetti una neoplasia prostatica, l’ecografia può essere accompagnata da una biopsia del tessuto prostatico per la conferma istologica della diagnosi.
Come si cura l’ipertrofia prostatica benigna?
Dopo aver confermato la presenza della malattia e aver escluso condizioni maligne, o altre condizioni mediche che potrebbero contribuire ai sintomi, la decisione di intraprendere un trattamento per l’ipertrofia prostatica benigna basandosi sui sintomi del paziente.
È importante ricordare che i sintomi legati all’IPB sono soggettivi e possono variare da persona a persona. Inoltre, la presenza o l’assenza di complicanze influenzerà anche la scelta del trattamento.
I principali trattamenti si basano su tre aspetti crescenti per invasività: ovvero igienico-comportamentali, farmacologici e chirurgici.
Terapia igienico-comportamentale
In molti casi, specialmente quando i sintomi dell’ipertrofia prostatica benigna sono lievi o moderati, il medico può consigliare delle modifiche nel comportamento.
Durante questa fase, il paziente può essere incoraggiato a fare alcune modifiche nello stile di vita, come evitare l’assunzione eccessiva di liquidi prima di dormire, limitare il consumo di caffeina e alcol.
Favorire la regolarità intestinale, evitando cibi costipanti, fare attività fisica e mantenere adeguata idratazione durante il resto del giorno, aiuta a ridurre i sintomi in quanto le feci nell’ultimo tratto intestinale possono disturbare e irritare la zona in quanto il retto è un tratto anatomicamente contiguo alla ghiandola prostatica.
Terapia farmacologica
I farmaci sono spesso il primo approccio nel trattamento dei sintomi invalidanti legati all’IPB. I due tipi di farmaci principalmente utilizzati sono:
- Inibitori della 5-alfa-reduttasi (es. dutasteride): questi farmaci agiscono riducendo le dimensioni della prostata sopprimendo l’azione degli ormoni e migliorando così i sintomi urinari. Il loro effetto può richiedere alcuni mesi per diventare evidente.
- Alfa-litici (es. tamsulosina): questi farmaci rilassano i muscoli della prostata e della vescica, migliorando il flusso urinario e riducendo i sintomi come la difficoltà a iniziare la minzione e la frequenza urinaria.
In commercio sono presenti numerosi prodotti di natura fitoterapica che, sebbene presentano studi in cui vengono presentati miglioramento dei sintomi, questi se ci sono, attualmente non possono che essere correlati al solo effetto placebo.
Terapia chirurgica
Per i pazienti che non rispondono alla terapia farmacologica o che hanno sintomi più gravi, possono essere considerate procedure considerate mininvasive.
Una di queste opzioni è l’ureteroscopia, una procedura che coinvolge l’inserimento di un piccolo tubo attraverso l’uretra per rimuovere l’accumulo di tessuto prostatico che ostruisce il flusso urinario.
In casi gravi di IPB o quando le altre opzioni di trattamento non sono efficaci o indicate, la procedura più comune è la resezione transuretrale della prostata (TURP), in cui viene rimosso il tessuto prostatico in eccesso.
Altre opzioni chirurgiche includono la prostatectomia a cielo aperto e la chirurgia robotica assistita.
Autore: Dario Tobruk (seguimi anche su Linkedin – Facebook – Instagram – Threads)
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