Come prevenire le infezioni delle vie urinarie associate al cateterismo (CAUTI)

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Le infezioni delle vie urinarie associate al cateterismo (CAUTI) sono infezioni delle vie urinarie (IVU) con coltura positiva, riscontrate in pazienti portatori di catetere uretrale a permanenza da almeno 2 giorni di calendario. 

Catheter-associated Urinary Tract Infections (CAUTI) ovvero Infezioni delle vie urinarie associate al cateterismo

Un’infezione delle vie urinarie può anche svilupparsi nelle donne, nei giorni successivi alla rimozione del catetere.

L’IVU è in genere di origine endogena, causata da microrganismi dell’intestino del paziente. Nell’infezione acquisita in comunità, i microrganismi più comuni sono E. Coli e Proteus spp., di solito sensibili alla maggior parte degli antibiotici e relativamente facili da trattare.

Le IVU associate alle infezioni delle vie urinarie associate al cateterismo sono più resistenti agli antibiotici. Questo perché i pazienti ospedalizzati sono colonizzati da microrganismi resistenti, colonizzazione che è determinata dal periodo di degenza ospedaliera e dall’esposizione agli antibiotici

Il catetere vescicale è il fattore di rischio più importante d’infezione delle vie urinarie in ospedale, ma almeno la metà delle infezioni delle vie urinarie associate al cateterismo potrebbe essere prevenuta ricorrendo al cateterismo solo quando strettamente necessario, limitandone al massimo la durata e adottando rigorose misure igieniche nell’assistenza del paziente cateterizzato.

Secondo quanto riportato dai CDC di Atlanta, circa il 75% delle infezioni delle vie urinarie diagnosticate in ospedale è associato a cateterismo vescicale e tra il 15 e il 25% dei pazienti ricoverati in ospedale è sottoposto a cateterismo durante il ricovero.

Leggi anche: Posizionamento del catetere uretrale: procedura e indicazioni cliniche

Meccanismo d’infezione nei pazienti cateterizzati a permanenza

I pazienti con cateteri vescicali a permanenza sono predisposti alla batteriuria e alle infezioni delle vie urinarie perché i batteri possono entrare nella vescica durante l’inserimento del catetere, attraverso il lume del catetere o intorno alla parte esterna del catetere.

Un biofilm si sviluppa intorno alla parte esterna del catetere e sull’uroepitelio. I batteri entrano in questo biofilm e sono quindi protetti dal flusso meccanico dell’urina, evitano le difese dell’ospite e gli antibiotici, rendendo difficile la loro eliminazione.

Anche se il catetere viene inserito in modo completamente asettico, la probabilità di sviluppare batteriuria significativa è del 3-10% per ogni giorno che il catetere rimane in sede. Tra i pazienti che sviluppano batteriuria, il 10-25% svilupperà sintomi di infezione delle vie urinarie. Pochi svilupperanno sepsi.

Infezioni delle vie urinarie associate al cateterismo

I cateteri vescicali a permanenza possono anche predisporre alle infezioni delle vie urinarie fungine.

Fattori di rischio

I fattori di rischio per le infezioni delle vie urinarie comprendono la durata del cateterismo, il sesso femminile, il diabete mellito, l’apertura di un sistema chiuso e l’utilizzo di tecniche asettiche non ottimali.

La durata del cateterismo è il più importante fattore associato alla batteriuria. Il rischio di sviluppare batteriuria aumenta infatti dal 3 al 7% per ogni giorno di cateterismo e il rischio è maggiore nelle donne e nelle persone anziane. I cateteri possono rimanere in situ:

  • 20-30 giorni se a media permanenza
  • 30-60 giorni se a lunga permanenza

Sintomatologia

I sintomi possono essere vaghi o essere suggestivi di sepsi.

I pazienti possono non avere i sintomi tipici delle infezioni urinarie (disuria, stranguria), ma possono lamentare il bisogno di urinare o un disagio sovrapubico. Tuttavia, tali sintomi di infezione delle vie urinarie del tratto inferiore possono anche essere causati dall’ostruzione del catetere o dallo sviluppo di calcoli.

I sintomi della pielonefrite acuta o cronica possono anche svilupparsi senza i tipici sintomi del tratto urinario. Inoltre pazienti possono avere sintomi aspecifici come malessere, febbre, dolore al fianco, anoressia, alterazione dello stato mentale e segni di sepsi.

Assistere a casa

Da chi svolge quotidianamente un lavoro a contatto con le persone malate e i loro contesti famigliari, e che affronta con loro tutto quello che può accadere dentro le case durante l’assistenza domiciliare, nasce questo agile e utilissimo manuale. Non è un testo enciclopedico, non vuole avere, per spirito degli autori stessi, la presunzione di risolvere qualsiasi problema si possa presentare nel corso dell’assistenza domiciliare. Un’assistenza domiciliare non può prescindere dalla possibilità di effettuare a domicilio le cure necessarie ed eventuali esami diagnostici. per questo c’è bisogno di creare un équipe ben addestrata di sanitari coordinati fra loro, di assicurare una reperibilità 24 ore su 24, e di avere la certezza di una base di riferimento, fulcro importantissimo, quale la famiglia e i volontari. Proprio loro infatti rappresentano il raccordo essenziale tra il paziente e il professionista. spesso si trovano a confrontarsi con una realtà diversa, piena di incognite. Devono essere edotti sui diversi aspetti della malattia ma è fondamentale che conoscano il confine entro cui muoversi e quando lasciar posto al personale sanitario. Conoscere significa non ignorare e non ignorare significa non aver paura: una flebo che si ferma non deve creare panico nei famigliari o nel volontario, anche perché essendo loro il punto di riferimento per il paziente sono loro i primi a dare sicurezza e questo avviene solo se si conoscono i problemi. Il testo cerca perciò di porre l’attenzione sulle necessità più importanti, sui dubbi più comuni, sulle possibili situazioni “difficili” che a volte divengono vere urgenze, non dimenticando i piccoli interrogativi che spesso sono sembrati a noi stessi banali ma che, al contrario, sono stati motivo di forte ansia non solo per il paziente ma anche per i famigliari e per i volontari alle prime esperienze. Giuseppe Casale, specialista oncologo e gastroenterologo, è fondatore dell’Associazione, Unità Operativa di Cure Palliative ANTEA, di cui è anche Coordinatore Sanitario e Scientifico. Membro di molte Commissioni del Ministero della Sanità in ‘Cure Palliative’, è autore di diverse pubblicazioni, nonché docente in numerosi Master Universitari. Chiara Mastroianni, infermiera esperta in cure palliative, è presidente di Antea Formad (scuola di formazione e ricerca di Antea Associazione), e membro del comitato scientifico dei Master per infermieri e medici in cure palliative dell’ Università degli studi di Roma Tor Vergata.

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Diagnosi

I test vengono eseguiti solo in pazienti che potrebbero richiedere un trattamento, compresi quelli che hanno sintomi e quelli ad alto rischio di sviluppare una sepsi, come per esempio:

  • pazienti con granulocitopenia
  • pazienti sottoposti a trapianto di organi che assumono farmaci immunosoppressori
  • donne in gravidanza
  • pazienti sottoposti a chirurgia urologica

I test diagnostici comprendono l’esame delle urine e l’urinocoltura. Se si sospetta una batteriemia, si eseguono 2 emocolture. Le culture di urina devono essere eseguite preferibilmente dopo il riposizionamento del catetere se è in sede da più di 7 giorni (per evitare la colonizzazione batterica della coltura) con un ago direttamente dal catetere, seguendo una tecnica asettica, in modo che la contaminazione del campione sia ridotta al minimo.

Nelle donne, dopo la rimozione del catetere, è consigliato eseguire un’urinocoltura entro 48 h, indipendentemente dal fatto che siano presenti i sintomi.

Trattamento delle infezioni delle vie urinarie associate al cateterismo

Si raccomanda di evitare la profilassi antibiotica in pazienti a basso rischio, asintomatici in quanto inutile.

Tra il 60% e l’80% delle persone con catetere vescicale assume una antibiotico profilassi anche se non ha una infezione vera e propria. Tale utilizzo della profilassi antibiotica ha contribuito in modo significato all’espansione di ceppi batterici resistenti e attualmente la gestione delle infezioni delle vie urinarie associate al cateterismo è complicata da problemi correlati alla farmacoresistenza.

Se in passato la farmacoresistenza era un problema solo della realtà nosocomiale, sempre più oggi si assiste a un incremento del fenomeno anche nella medicina di comunità.

I pazienti sintomatici e ad alto rischio sono trattati con antibiotici e misure di supporto, basandosi sulla coltura e sui test di sensibilità

Se i sintomi sono locali si possono aspettare i risultati dell’urinocoltura prima di iniziare una terapia antibiotica; se invece i sintomi sono sistemici si raccomanda di eseguire due emocolture e di iniziare subito una terapia antibiotica. La durata della terapia antibiotica dipende dal quadro clinico, in genere se i sintomi sono esclusivamente locali la terapia antibiotica dovrebbe protrarsi per 5-7 giorni, se i sintomi sono sistemici si consiglia un regime di 7-14 giorni.

Prevenzione delle infezioni delle vie urinarie associate al cateterismo

Le infezioni delle vie urinarie associate al cateterismo tendono ad aumentare la morbilità, la mortalità, i costi sanitari, e la durata del ricovero ospedaliero. Le raccomandazioni per diminuire il tasso di queste infezioni comprendono (Misure preventive raccomandate dai CDC di Atlanta)

  • i cateteri dovrebbero essere inseriti solo su precisa indicazione clinica e rimossi non appena questa cessi di esistere

  • l’assistenza al paziente cateterizzato deve essere erogata solo dal personale qualificato

  • esecuzione della corretta igiene delle mani prima e dopo la manipolazione del sito di inserzione del catetere o del catetere stesso

  • inserzione del catetere con tecniche asettiche e presidi sterili (utilizzare guanti, telini, una appropriata soluzione antisettica per la pulizia periuretrale e lubrificante monouso)

  • uso di cateteri di piccolo calibro

  • fissaggio in modo opportuno del catetere

  • mantenimento del drenaggio chiuso e sterile, senza ostacoli al deflusso

  • catetere e drenaggio non dovrebbero mai essere disconnessi a meno che non sia necessaria irrigazione per ostruzione

  • evitare le irrigazioni, salvo che in caso di fenomeni di ostruzione

  • dopo la deconnessione disinfettare la giunzione catetere-drenaggio

  • utilizzare per l’irrigazione una soluzione sterile e tecniche in asepsi

  • se il catetere si ostruisce frequentemente è meglio sostituirlo piuttosto che ricorrere a irrigazioni frequenti

  • se sono necessari piccoli campioni di urine disinfettare la parte distale del catetere o meglio il punto di prelievo e prelevare con una siringa sterile. Se sono necessari campioni di maggiore volume, prelevarli in asepsi, dalla sacca di drenaggio

  • per facilitare il libero flusso delle urine: · evitare punti di tensione del catetere e del tubo di drenaggio, svuotamento regolare della sacca di drenaggio usando un contenitore individuale per ciascun paziente, · irrigare i cateteri ostruiti o se necessario sostituirli, · mantenere le sacche di drenaggio sempre più basse rispetto al catetere; · evitare la sostituzione del catetere ad intervalli arbitrari

Metodi mirati a ridurre l’utilizzo di catetere vescicale a permanenza:

1. Evitare il catetere quando non è necessario

  • Consentire al paziente di tentare di urinare spontaneamente
  • Terapia farmacologica per stimolare e rilasciare lo sfintere
  • Pressione sovrapubica per facilitare lo svuotamento della vescica
  • Non necessario nei pazienti oligurici con insufficienza renale

2. Ridurre la durata del cateterismo

  • Evitare i giorni di cateterismo non necessari

3. Metodi alternativi al catetere vescicale

  • Pannoloni per pazienti incontinenti
  • Sistemi esterni di raccolta “condom”
  • Cateterizzazione a intermittenza
  • Cateterismo sovrapubico

Questo articolo ha un duplice obiettivo, fornire le corrette indicazioni per l’impianto e la gestione di un catetere uretrale e uniformare i comportamenti del personale infermieristico. Considerato il ruolo centrale dei professionisti sanitari nella prevenzione delle infezioni delle vie urinarie associate all’uso di catetere vescicale, risulta sostanziale l’adozione di idonee misure preventive e di raccomandazioni evidence- based nella pratica assistenziale quotidiana.

Completa l’articolo con la lettura di:

BIBLIOGRAFIA

https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/disturbi-genitourinari/infezioni-delle-vie-urinarie/infezioni-delle-vie-urinarie-associate-al-cateterismo-cauti

The attributable cost of catheter-associated urinary tract infections in the United States: A systematic review – Christopher S. Hollenbeak PhD *, Amber L. Schilling PharmD, Med – 2018

Division infectious deseases Los Angeles Guideline for prevention of catheter associated urinary track infection – CDC Atlanta, Center Evidence based Pratice – 2009

Autore:

Gianluigi Romeo – studioinfermieristicoDMR.it

Studio Infermieristico DMR

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