Violenza sugli Infermieri: Come riconoscere i segnali

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La gestione degli episodi di violenza sugli infermieri per essere efficace deve prevedere un approccio strutturato e sistemico, essendo un fenomeno complesso che coinvolge operatori e setting diversi.

Violenza sugli Infermieri: Come riconoscere i segnali

L’ENA (Emergency Nurses Association), associazione di riferimento per gli infermieri che operano nei Dipartimenti di Emergenza degli USA, ha da tempo preso posizione sull’argomento e condotto numerosi studi disponibili in letteratura.
Ha anche elaborato dei toolkit per supportare organizzazioni e professionisti nel definire e implementare piani d’azione per determinare il livello di rischio e rispondere adeguatamente.

Presupposto indispensabile è che gli operatori sappiano riconoscere i segnali, cioè le persone e gli ambienti da cui possono originare aggressività e violenza.
Nel primo caso può risultare utile, perché di immediata e facile memorizzazione, l’acronimo STAMP :

  • SGUARDO (Persone che mantengono un contatto oculare prolungato o sfuggono il contatto oculare)
  • TONO ( persone che alzano il tono della voce, utilizzano un linguaggio tagliente, sarcastico o umiliante)
  • ANSIA (persone che mostrano dilatazione delle pupille, iperventilazione, rossore del volto, eloquio rapido, confusione o disorientamento, o che hanno indicatori fisici di forte dolore, che si contorcono o hanno mimica sofferente)
  • MUGUGNO (persone che hanno un eloquio incoerente, che biascicano, che criticano lo staff o l’istituzione, che mormorano, che fanno domande o richieste insistenti)
  • PASSO ( persone che camminano avanti e indietro nell’area infermieri o in aree ristrette, che oppongono resistenza ai trattamenti).
Fondamenti di Infermieristica in Salute Mentale:

Per quanto riguarda le situazioni a rischio una interessante proposta è quella di classificare schematicamente gli ambienti in:

BASSO RISCHIO, in cui la violenza è potenziale ma è necessario un approccio di vigile attesa; tali ambienti

  • Non hanno sale di attesa affollate
  • Hanno brevi tempi di attesa di triage/visita
  • Rispettano la privacy del paziente
  • Non hanno pazienti in corridoio o su lettini
  • Hanno adeguata security e adeguati strumenti di sicurezza
  • Hanno diffuso la cultura della sicurezza

MEDIO RISCHIO, in cui la violenza è possibile ed è richiesta una pianificazione operativa; in questo caso gli ambienti inclusi presentano

▪ inadeguate politiche/procedure e controlli di sicurezza
▪ inadeguato training e prontezza dello staff
▪ inadeguata security o inadeguata capacità di risposta alle situazioni critiche
▪ sale d’attesa affollate
▪ lunghi tempi di attesa
▪ pazienti in corridoio
▪ potenziale prognosi sfavorevole ( politrauma, grave malattia, genitori disperati…)

ALTO RISCHIO, in cui la violenza è imminente e sono richieste azioni immediate; in questa classificazione gli ambienti da includere sono quelli che presentano

▪ inadeguate politiche/procedure e controlli di sicurezza
▪ inadeguato training e prontezza dello staff
▪ inadeguata security o inadeguata capacità di risposta alle situazioni critiche
▪ sale d’attesa affollate
▪ lunghi tempi di attesa
▪ pazienti in corridoio
▪ potenziale prognosi sfavorevole ( politrauma, grave malattia, genitori disperati…)
▪ presenza di numerose persone che hanno fatto uso di alcool e/o droghe o che possono essere state coinvolte in violenti incidenti ( ad es. in occasione di partite, concerti, rave party……..)
▪ presenza di massiccio afflusso di persone in caso di epidemie, eventi meteo estremi, atti di terrorismo.

Questi suggerimenti integrano in maniera pragmatica le competenze relazionali richieste ad ogni professionista sanitario (non technical skill) e, insieme alle misure tecnologiche e organizzative specifiche che la struttura dovrebbe implementare, possono contribuire a rendere più sicuro l’ambiente di lavoro.

Per approfondimenti si suggerisce di consultare il sito: www.ena.org

Autore: Filippo Di Carlo

Continua con:

http://www.dimensioneinfermiere.it/aggressioni-al-personale-sanitario-infermieristico-va-ricercata-la-causa/

Filippo Di Carlo

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