Diminuisce la richiesta di infermieri, ma sale quella di altre figure sanitarie

Sembra proprio che in Italia la volontà di fare affidamento sull’implemento dei percorsi formativi di laurea in aree scientifica non sia un priorità. Come se il livello medio di laureati presenti sul nostro territorio sia divenuto un problema più che un reale vantaggio, in tal senso la continua emorragia di giovani laureati che emigra verso altri paesi europei sembrerebbe elemento posto a sostegno di questa tesi. Ma veramente il nostro paese ritiene di non dover investire su parte del sistema universitario? Al momento questo rimane un quesito senza risposta. Per di più sembrerebbe in calo la richiesta di infermieri così come previsto dalle documentazioni delle regioni.

A giudizio di chi scrive urge poter fare affidamento su professionisti della sanità, più di quello che alcuni “addetti ai lavori” ritengono necessario. In questo scenario, la recente indagine della FNC dalla quale è emerso che la richiesta di infermieri è calata drasticamente, mette ancora più in chiaro il netto disagio vissuto dalla categoria, malumore palesato in tutte le sedi dai professionisti della sanità. La sempre minor richiesta di infermieri è un dato paradossale se semplicemente ci si affida al buon senso e si osservano le condizioni di lavoro in cui versano gran parte dei professionisti della sanità nelle varie corsie di ospedale.

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

32.00 €  30.40 €

In questo momento il Ministero della Salute ritiene insufficiente il personale infermieristico nella misura di 4.000 unità, ma le regioni, in alcuni documenti, ritengono che il fabbisogno di infermieri stia al contrario scemando, in una contraddizione e antitesi concettuale che segna il paradosso del nostro tempo.

Se si decide di osservare il quadro generale da un’altra prospettiva ancora, l’immagine de SSN risulterà essere ancora più caotico: in Italia, infatti, la richiesta di infermieri scende, mentre quella di altro personale sanitario sembra aumentare, il risultato nasce dal raffronto tra il Documento Ministeriale, e le valutazioni regionali, in particolare secondo i dati regionali sembrerebbero necessitare 2.000 medici in più, dovrebbero essere impiegati quasi il doppio dei farmacisti e sarebbe importante poter contare su quasi mille psicologi in più.

Altro dato sul quale riflettere è che la disparità tra la richiesta di infermieri muta a seconda della regione di riferimento, anche quando si ha a che fare con realtà che vivono gli stessi disagi e le stesse carenze d’organico. In un disegno complessivo che certamente non libera il campo dai dubbi su come queste valutazioni siano state poste in essere, sembra che il documento regionale sia basato più sull’analisi della disponibilità didattiche che sul quantum di forza-lavoro che servirebbe a garantire un livello di assistenza sanitaria accettabile. 

Ultimo step della vicenda sarà la valutazione della proposta del documento regionale (già approvato dalla Commissione Salute), da parte del Miur. Non resta che attendere quindi, per poter fare il punto della situazione su una questione che involge vari elementi e dalla quale molto del futuro dei giovani professionisti italiani può dipendere.

 

Martino Di Caudo

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