È una categoria abbandonata e in sofferenza, quella degli infermieri italiani. E la crisi che la attanaglia rischia di approfondirsi da qui a pochi anni, vista la scarsa attrattività che oramai la caratterizza (VEDI “FNOPI: «In 10 anni perderemo 100.000 infermieri». E ciò se siamo fortunati…”)
In una nuova nota, il presidente nazionale del sindacato Nursing Up, Antonio De Palma, descrive così i professionisti dell’assistenza: «Sono stressati, depressi, soprattutto avviliti dalla palese mancanza di prospettive, soprattutto si sentono vittime sacrificali, loro malgrado, di un sistema sanitario di cui hanno dimostrato, con i fatti, di essere la colonna portante.
Gli infermieri italiani e gli altri professionisti del comparto pagano a caro prezzo la desolante realtà della sanità italiana di cui fanno parte, una sanità che non è più, da tempo, costruita a misura degli operatori sanitari.
Gli operatori sanitari sono in perenne debito di ossigeno, per orari di lavoro che vanno ben oltre il lecito, per carichi di lavoro impossibili da gestire. Il tutto è aggravato da una sempre più preoccupante mancanza di riconoscimento di quanto con, competenza professionale, fanno ogni giorno sul campo.
Si pensi solo alla sproporzione tra personale sanitario presente in servizio e pazienti da assistere: uno squilibrio a causa del quale è quasi impossibile instaurare un rapporto empatico con i malati, senza dimenticare che “il filo spinato” della burocrazia rende tutto ancora più difficile».
E gli infermieri italiani, inevitabilmente, sono in perenne burnout: «Gli infermieri e gli altri professionisti del comparto, le eccellenze di cui l’Italia dispone, e che altri Paesi europei, che corrono veloce verso la crescita della propria sanità, fanno giustamente a gara per “accaparrarsi”, aspirano, legittimamente, ad una valorizzazione economico-contrattuale senza la quale, non si potrà gestire, in modo consono, il crescente fabbisogno della popolazione in termini di tutela della salute.
Una situazione che è esplosa, dal momento che gli operatori sanitari pagano più che mai a caro prezzo, fisicamente e psicologicamente, i turni massacranti, la disorganizzazione, la carenza di personale. A tutto questo si aggiungono le aggressioni subite, le minacce, gli abusi sessuali dal personale sanitario, in uno scenario inimmaginabile per un luogo di cura della salute, minano nel profondo la serenità di uomini e donne, prima ancora che di professionisti.
Tutto questo equivale, come detto, a cocente insoddisfazione, desiderio legittimo di fuggire verso scenari più gratificanti, ma soprattutto nel “pensiero fisso”, che rischia di sfociare in concreta realtà, di dimissioni volontarie da un pianeta, quello della sanità italiana, che come detto non è più a misura di infermieri.
Centinaia di infermieri, negli ultimi mesi, nel nostro Paese, hanno deciso di abbandonare la professione con dimissioni irrevocabili. I numeri parlano chiaro e sono confortati da numerosi studi, che confermano addirittura come a livello europeo il trend negativo è destinato pericolosamente a peggiorare.
Il 34,4% dei professionisti prevede addirittura di lasciare il posto di lavoro dopo un solo anno dall’assunzione e il 43,8%, nella migliore delle ipotesi, invia una richiesta di trasferimento, chiedendo di lavorare in reparti dove lo stress traumatico possa avere un impatto meno invasivo sulla propria vita personale».