Non consegnano il vitto, sanzioni disciplinari per 4 infermiere

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Mai così in basso: l’infermieristica italiana, complice la voluta e terribile carenza di personale che attanaglia i nostri ospedali (e che di fatto spinge i dirigenti aziendali a vedere gli infermieri come dei meri factotum senza né scienza né coscienza), non è mai stata così poco attrattiva.


E nonostante chi governa la “professione” parli solo di stipendi miseri (tra i più bassi d’Europa) e di possibilità di carriera pressoché inesistenti, senza mai nemmeno citare il termine demansionamento, la realtà quotidiana di chi lavora negli ospedali e nel territorio descrive i “professionisti” dell’assistenza come trattati dalle aziende (e di conseguenza visti dai cittadini) come dei meri factotum o poco più. Il tutto rigorosamente “per il bene del paziente”, un concetto sistematicamente abusato per sfruttare gli infermieri, da sempre, così come quello di olismo e tanti altri.


Fatto sta che tra infermieri che assaggiano il vitto dei pazienti per evitare che sia avariato (VEDI ARTICOLO Mensa dell’ospedale, arrivano gli infermieri assaggiatori…?), infermieri beccamorti, traslocatorimuratori, e infermieri di parrocchia volontari (solo per citare alcuni degli ultimi esempi/scempi), è veramente difficile riuscire a intravedere nell’infermiere di oggi un professionista vero.


Ed ecco perciò che i pazienti denunciano gli infermieri che non rispondono per tempo ai campanelli (VEDI ARTICOLO Suona il campanello, ma gli infermieri non arrivano: filma tutto e denuncia). Ed ecco che i media parlano dei professionisti infermieri come di INSERVIENTI (VEDI ARTICOLO Per i media l’infermiere è davvero un INSERVIENTE…?). Ed ecco che le aziende attuano misure disciplinari per i professionisti che non si mettono a fare i camerieri, ovvero servire il vitto agli utenti.


Avete capito bene: come denunciato dall’AADI (Associazione Avvocatura Degli Infermieri, VEDI), sarebbe in atto un ricorso «al Tribunale di Roma contro le sanzioni disciplinari del richiamo scritto comminate a quattro infermiere di un Gruppo societario che gestisce tante case di cura. La contestazione disciplinare è stata irrogata perché le infermiere non hanno consegnato ai pazienti il vitto».


Ed eccolo qua, servito come una portata avariata, il nuovo triste e svilente capitolo di quella che dovrebbe essere una professione e che invece vede quotidianamente calpestata la sua dignità. Come spiegato nel comunicato dell’AADI: «Premesso che l’ausiliario si è rifiutato di farlo e che non vi sono né O.T.A. né O.S.S. in reparto, secondo la direzione sanitaria: “la somministrazione del pasto al paziente è a tutti gli effetti da considerarsi somministrazione di terapia”.


Pertanto, insiste l’amministratore della Casa di cura, le infermiere si sono macchiate del reato di “omissione di terapia”.

Se il pasto è assimilabile alla terapia, ci chiediamo, per quale motivo non è stata prescritta in cartella clinica dal medico?

Non è la prima volta che capitano queste cose; diversi anni fa un medico prescrisse nella cartella clinica di un paziente, la somministrazione di un bicchiere di vino rosso.

È assurdo come l’assenza di un mansionario sia usato come alibi dai datori di lavoro per sfruttare gli infermieri.


Intanto l’AADI è impegnata in numerose cause di demansionamento a dimostrazione della gravità del problema che coinvolge la sola categoria infermieristica e come avevamo profetizzato vent’anni fa, la laurea non avrebbe eliminato il pregiudizio sugli infermieri.

Attendiamo la sentenza».

E gli infermieri, decisamente stanchi, attendono ancora la crescita.

Quella vera.

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Infermiere – Manuale per i concorsi e la formazione

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Marilena Montalti, Cristina Fabbri | Maggioli Editore 2020

Alessio Biondino