Sì alla produzione di oltre 10 quintali di marijuana a scopo terapeutico.

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Sì alla produzione di oltre 10 quintali di marijuana a scopo terapeutico.
Per soddisfare il fabbisogno nazionale potrebbe essere consentita la coltivazione anche ai privati. Un mercato, quello della cannabis terapeutica in crescita, spinto dalla sempre maggiore valutazione positiva circa i suoi effetti su alcune tipologie di pazienti. Sono queste, secondo alcuni studi scientifici, le malattie che possono essere oggetto di supporto terapeutico grazie proprio agli effetti del THC:  Sla, sindrome di Tourette, Alzheimer, Parkinson e diversi tipi di sclerosi, tra cui quella multipla. Sembrerebbe rispondere così a concreta esigenza la volontà manifestata dal sottosegretario alla salute Bartolazzi di estendere la produzione nei prossimi anni fino alla alla soglia di cui sopra.

Il fabbisogno atteso potrebbe aumentare per il 2020, superando addirittura la soglia dei 1000 chilogrammi annui. Per questo motivo l’obiettivo del Ministero della salute è quello di avviare fin da ora il percorso di collaborazione con quelle aziende private che abbiano i requisiti per incrementare la coltivazione e la produzione farmaceutica di Cannabis a uso medico. L’ipotesi è, quindi, quella di individuare un partner privato, al quale demandare parte dell’attività produttiva”.

Questo è quanto affermato dal sottosegretario alla Salute, Armando Bartolazzi in risposta all’interrogazione di Maria Teresa Bellucci (FdI) sul potenziamento della produzione nazionale di cannabis a fini terapeutici. Il quale ha evidenziato come questa possibilità possa concretamente tradursi in una occasione di crescita anche per lo sviluppo economico di alcune attività locali: “con questo progetto di partnership si ritiene, dunque, che l’istituto possa essere messo in condizione, già entro il breve-medio periodo, di soddisfare il fabbisogno italiano e di diventare, anzi, a sua volta esportatore di cannabis medica, generando anche nuovi posti di lavoro nel nostro Paese”.

Il sottosegretario ha inoltre aggiunto, sempre in Commissione affari sociali che:

“Le ragioni di questa scelta risiedono, con ogni evidenza, nel trend dei fabbisogni stimati che non consentono, nel breve periodo, allo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze di coprire tutte le esigenze del nostro Paese.
Il fabbisogno stimato in Italia nel 2019 supererà, infatti, ragionevolmente i 700 chilogrammi. A tale fabbisogno si farà fronte innanzitutto con la produzione statale, la quale, grazie ai finanziamenti disposti dalla legge n. 172 del 2017, potrà raggiungere una capacità produttiva di circa 200-300 chilogrammi entro il corrente anno e dai 400 ai 500 chilogrammi nel 2020.

Per gli anni successivi al 2020 è, invero, possibile ipotizzare un ulteriore ampliamento della produzione, sulla base della ottimizzazione delle risorse attuali, anche in considerazione della differenziazione dei prodotti farmaceutici (infiorescenze e estratti); anche il fabbisogno atteso, tuttavia, potrebbe aumentare per il 2020, superando addirittura la soglia dei 1000 chilogrammi annui.
Dunque, si imporrà in ogni caso, per quanto in misura diversa anno per anno, l’esigenza di acquisire una importante parte del fabbisogno attraverso il canale dell’importazione dall’Office of medicinal Cannabis del Ministero della salute olandese, che a ciò si è già reso disponibile.

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Per questo motivo, ritenendo di dover agire per tempo, l’obiettivo del Ministero della salute è – come anticipato – quello di avviare fin da ora il percorso di collaborazione con quelle aziende private che abbiano i requisiti per incrementare la coltivazione e la produzione farmaceutica di infiorescenze di Cannabis a uso medico.
L’ipotesi è, quindi, quella di individuare un partner privato, al quale demandare parte dell’attività produttiva che verrà condotta nelle aree disponibili all’interno dello Stabilimento di Firenze, il quale, voglio ribadirlo, manterrà il fondamentale ruolo istituzionale del controllo, a garanzia della qualità della fase produttiva e del prodotto finito, senza escludere una possibile partecipazione diretta alle attività produttive con le proprie risorse.

Per garantire un adeguato grado di sicurezza sull’attività di coltivazione e produzione, si potrebbe mettere a disposizione del partner privato, fin da subito, ulteriori superfici anche in altri stabilimenti militari (Unità Produttive), idonee ad una estensione della coltivazione.
Al fine di salvaguardare il know how dell’Istituto Farmaceutico, gli accordi da stipulare per consentire l’eventuale avvio di tale partnership, dovranno in ogni caso prevedere apposite clausole di riservatezza, tese ad evitare l’acquisizione, e il possibile sfruttamento, da parte del privato, del know how e dei prodotti sviluppati.
Con questo progetto di partnership si ritiene, dunque, che l’istituto possa essere messo in condizione, già entro il breve-medio periodo, di soddisfare il fabbisogno italiano e di diventare, anzi, a sua volta esportatore di cannabis medica, generando anche nuovi posti di lavoro nel nostro Paese”.

Martino Di Caudo

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