Era l’inizio del 2015, quando mi imbattei per la prima volta nei Cateteri Venosi Centrali ad Inserzione Periferica ( PICC ) e ne fui, da subito molto affascinato, in primis perché le potenzialità di questi devices rappresentano una rivoluzione culturale nel mondo degli accessi venosi e poi perché per l’infermiere rappresentano la prima vera competenza avanzata.
La Segreteria Nursind di Brescia decise quindi di organizzare un corso ECM sugli accessi vascolari. Faccio una piccola premessa, nel 2015 facevamo fatica a riempire un corso di aggiornamento ECM accreditato per 100 persone e raggiungere le 70 presenze era già un successo.
Proporre quindi un corso con un tema così innovativo e tecnico-clinico fu una scommessa che non eravamo sicuri di vincere. Venni a conoscenza di un PICC Team ben strutturato e attivo, ( circa 500 impianti-anno) presso la Poliambulanza di Brescia, presi contatti e trovai l’amico infermiere Adriano Torri, impiantatore di PICC e Midline nonché grande esperto di interpretazione elettrocardiografica, il controllo della posizione finale della punta ( TIP Location ) in un PICC viene spesso eseguito tramite la metodica dell’ECG intracavitario.
La parte infermieristica era risolta!
La seconda risorsa la trovammo in casa ( Asst Spedali Civili di Brescia ), il Dott. Stefano Benvenuti Chirurgo Pediatrico con la passione per gli accessi vascolari che segue e impianta da più di dieci anni. La squadra era completa, nacque così il primo corso accreditato su PICC e Midline e in poco più di venti giorni avevamo già terminato i posti disponibili, addirittura iniziammo a raccogliere le iscrizioni per la seconda edizione, un successo senza precedenti, la scommessa era vinta.
Solitamente in ambito ospedaliero, la scelta dell’accesso venoso centrale ricade inevitabilmente su un dispositivo a breve termine tipo CICC (Centrally Inserted Central Catheters) quindi posizionati a livello di vena femorale, succlavia oppure giugulare interna.
Vantaggi e svantaggi
Per i PICC i vantaggi economici sono numerosi e caratterizzati da un minore costo dell’impianto poiché esso può essere eseguito al letto del paziente (bedside) e può essere un infermiere ad eseguirlo e non necessariamente un medico, con un minore costo delle complicanze di inserzione, praticamente assenti per i PICC, talora gravi e costose per i CICC (si consideri che il costo medio per il trattamento comunque singolo episodio di pneumotorace si aggira intorno ai 5000 euro); con un minore costo delle complicanze infettive, la cui incidenza si aggira intorno a 0,3-1 episodi ogni 1000 giorni di catetere per i PICC e intorno a 2-3 episodi per 1000 giorni di catetere per i CICC (ogni singolo episodio infettivo costa circa 7000 – 14000 euro). Quest’ultimo punto costituisce uno dei momenti di maggiore costo-efficacia dei PICC rispetto ai CICC.
Evidenze scientifiche a supporto dei PICC
Benchè l’argomento sia ancora controverso, i dati della letteratura dimostrano un’incidenza più bassa per i PICC (in particolare di quelli posizionati con ecoguida), probabilmente per l’insieme di diverse cause: la lontananza del sito di emergenza dalle secrezioni nasali-orali-tracheali, il basso grado di contaminazione microbica locale e le caratteristiche fisiche della cute del braccio, nonchè la maggiore facilità di mantenere una medicazione stabile e pulita.
Guida al monitoraggio in Area Critica
Il monitoraggio è probabilmente l’attività che impegna maggiormente l’infermiere qualunque sia l’area intensiva in cui opera.Non può esistere area critica senza monitoraggio intensivo, che non serve tanto per curare quanto per fornire indicazioni necessarie ad agevolare la decisione assistenziale, clinica e diagnostico-terapeutica, perché rilevando continuamente i dati si possono ridurre rischi o complicanze cliniche.Il monitoraggio intensivo, spesso condotto con strumenti sofisticati, è una guida formidabile per infermieri e medici nella cura dei loro malati. La letteratura conferma infatti che gli eventi avversi, persino il peggiore e infausto, l’arresto cardiocircolatorio, non sono improvvisi ma solitamente vengono preannunciati dal peggioramento dei parametri vitali fin dalle 6-8 ore precedenti.Il monitoraggio è quindi l’attività “salvavita” che permette di fare la differenza nel riconoscere precocemente l’evento avverso e migliorare i risultati finali in termini di morbilità e mortalità.Riconosciuto come fondamentale, in questo contesto, il ruolo dell’infermiere, per precisione, accuratezza, abilità nell’uso della strumentazione, conoscenza e interpretazione dei parametri rilevati, questo volume è rivolto al professionista esperto, che mette alla prova nelle sue conoscenze e aggiorna nel suo lavoro quotidiano, fornendo interessanti spunti di riflessione, ma anche al “novizio”, a cui permette di comprendere e di utilizzare al meglio le modalità di monitoraggio. A cura di:Gian Domenico Giusti, Infermiere presso Azienda Ospedaliero Universitaria di Perugia in UTI (Unità di Terapia Intensiva). Dottore Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Master I livello in Infermieristica in anestesia e terapia intensiva. Professore a contratto Università degli Studi di Perugia. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.Maria Benetton, Infermiera presso Azienda ULSS 9 di Treviso. Tutor Corso di laurea in Infermieristica e Professore a contratto Università degli Studi di Padova. Direttore della rivista “SCENARIO. Il nursing nella sopravvivenza”. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.
a cura di Gian Domenico Giusti e Maria Benetton | 2015 Maggioli Editore
15.00 € 14.25 €
In breve laddove sia attivato un “PICC Team” o dove comunque vi sia un’adeguata organizzazione aziendale per il posizionamento di PICC , la prima opzione per un accesso centrale intraospedaliero dovrebbe essere un PICC.
Il patrimonio venoso come risorsa
Nel frattempo quindi molti Ospedali si sono e si stanno organizzando, creando al loro interno Picc Team o Vascular Access Team (VAT), permettendo di ottenere molteplici vantaggi. Innanzitutto il patrimonio venoso dei pazienti viene visto come una risorsa e non come un pozzo senza fondo al quale tutti possono attingere senza limitazioni.
Può sembrare una banalità eppure credo che a tutti noi sia capitato di veder arrivare in sala operatoria pazienti con un venflon rosa naturalmente dal lato sbagliato del braccio oppure bucati più e più volte con dei butterfly per eseguire prelievi o terapie antibiotiche o antidolorifiche.
Occorre spostare il focus sul patrimonio venoso del paziente, occorre salvaguardarlo, scegliendo il device corretto già dal momento della diagnosi, così il paziente potrà seguire il proprio percorso diagnostico-terapeutico senza essere continuamente bucato e senza complicanze.
Come già detto in precedenza, dal punto di vista economico è ormai assodato che una VAT potrebbe far ridurre i costi all’Azienda. Dico questo perchè in molti Ospedali dove esistono Servizi Infermieristici sensibili al tema, questo è scontato ed inoltre è stata la stessa Dirigenza Infermieristica a creare progetti che vedono protagonisti gli infermieri. Queste sono le tanto attese competenze avanzate (Legge di Stabilità 2015 al comma 566) dalle quali tutti noi crediamo si possa rilanciare la professione.
Da me, nell’ASST Spedali Civili di Brescia invece è l’esatto opposto. L’evidente viene sostituito dall’illogico, il logico dall’ incomprensibile. Infatti da noi i PICC e i Midline li mettono ancora e soltanto i Medici in sala operatoria con il paziente se necessario in narcosi. Quindi? Voi direte: che c’è di strano?
PICC: una competenza avanzata per gli infermieri
C’è che le sedute operatorie partono con ore di ritardo ( per darvi un’idea, un ora di sala operatoria costa circa 1000 €) e un dispositivo come il PICC che ha il suo costo-efficacia nel fatto che sia un infermiere a seguire l’impianto a paziente sveglio (bedside), diventa fin da subito svantaggioso da un punto di vista economico.
Inoltre questi devices per durare nel tempo hanno bisogno di essere gestiti correttamente dal personale di reparto che di conseguenza dev’essere correttemente addestrato. Da noi la mente non sa cosa combina il braccio e viceversa.
Concludo, auspicando di non continuare a lasciare l’organizzazione degli accessi venosi a chiunque si voglia improvvisare ma occorre che ci sia un progetto aziendale che uniformi i comportamenti e detti le linee guida da seguire in materia.
Noi di Nursind lo stiamo dicendo da almeno due anni, continuiamo a promuovere eventi formativi, l’ultimo corso teorico-pratico si è svolto in due giornate del mese di novembre 2017 ( IL CATETERE VENOSO CENTRALE DALL’IMPIANTO ALLA RIMOZIONE ) ed ha visto come relatori il Dott. Stefano Benvenuti e la Coordinatrice del TMO Pediatrico la Dott.ssa Rosanna Ceresoli.
Inutile dire che il successo di questo corso è stato enorme, ha visto la partecipazione di 99 professionisti sanitari su 100 posti! Seguita da una seconda edizione svolta nel mese di gennaio 2018 .
Tutto questo lo facciamo perchè ci sta a cuore il paziente e vogliamo che ci venga riconosciuta, una buona volta, questa competenza avanzata in materia di accessi vascolari. Medici e infermieri devono cambiare mentalità, il bene del paziente dev’essere messo al centro come obbiettivo comune e non devono prevalere gli interessi personali o di categoria.
Stiamo attraversando un periodo difficilissimo dove la mancanza di risorse penalizza tutti, operatori sanitari e pazienti e l’unica via per attenuare il colpo, è evitare di continuare col conflitto di categoria, altrimenti questa partita l’avremo persa tutti!
Pintossi Cristian – Delegato Sindacale Nursind Brescia
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