Le grandi crisi comportano spesso comportamenti irrazionali nelle persone, come l’uso della candeggina o dell’ivermectina durante la pandemia. Oggi, all’ombra della minaccia nucleare, la nuova corsa in farmacia sembra aver coinvolto le pillole a base di ioduro di potassio, una sostanza usata in zone con alte concentrazioni di radiazioni ambientali ma possibilmente dannosa senza un’indicazione precisa.
In alcuni paesi europei come il Belgio, che li garantisce gratuitamente alla popolazione, la corsa al banco sembra aver toccato l’esorbitante cifra di 30mila confezioni al giorno. Ma servono davvero in caso di possibile esposizione a radiazioni?
Cosa sono e come funzionano le pillole di iodio anti-radiazione?
Le pillole di ioduro di potassio usate contro le radiazioni (o chiamata anche iodoprofilassi in emergenza nucleare) sono composte da un particolare composto, un sale. A cosa serve?
Come ben spiegato sul portale dell’Iss, in caso di incidente nucleare, può essere rilasciato nell’ambiente e nell’aria, e quindi nell’acqua e nel cibo, un consistente volume di iodio radioattivo, contaminando anche l’organismo umano.
Quando viene assunto dal corpo umano, questo contaminante radioattivo viene assorbito principalmente dalla tiroide che lo utilizza per produrre ormoni tiroidei non distinguendolo da quello ‘sano’. Una tiroide sovraccarica di iodio radioattivo aumenta il rischio di tumori.
In scenari simili, l’assunzione di pillole di ioduro di potassio non radioattivo, può saturare la ghiandola tiroidea con iodio sano ed evita di assorbire quello radioattivo, riducendo il rischio di malattie da esposizione da radiazioni.
Se ciò può essere considerata una valida strategia in caso di esposizione ad ambiente contaminato da radiazioni, è fondamentale sottolineare che le “pillole anti-radiazioni” non vanno assolutamente assunte di propria iniziativa e senza alcuna indicazione medica o istituzionale.
Controindicazioni all’uso di pillole di ioduro di potassio anti-radiazioni e possibili effetti collaterali
L’Agenzia federale belga per il controllo nucleare, in allarme per la recente isteria di massa , ha rassicurato che “le pastiglie di iodio non offrono protezione contro altre sostanze radioattive” dalle quali, in caso di contaminazione nucleare, è necessario tenersi alla larga e che, invece, la somministrazione delle pillole anti-radiazioni è raccomandata solo per determinate fasce d’età che verranno indicate dalle autorità in base al caso.
Addirittura, come chiarisce l’agenzia belga, negli over 40, l’auto-somministrazione è “controproducente e persino potenzialmente tossico“, poiché la saturazione di ioduro di potassio aumenta il rischio di disfunzioni della tiroide.
Conferma Marcello Bagnasco, presidente dell’Associazione Italiana della Tiroide (Ait) e specialista in endocrinologia, medicina nucleare e immunologia clinica, in un’intervista a Repubblica, chiarisce che “se si assumono in autonomia e senza il consiglio del medico compresse di iodio si potrebbe verificare un eccesso di questo elemento che può provocare effetti collaterali come, per esempio, un aumento di incidenza delle patologie autoimmuni“.
Sappiamo già che in molti non ascolteranno queste parole, facendosi volontariamente del male. Pare che la lezione dell’ivermectina non sia ancora stata imparata fino in fondo, ma anche questo conflitto farà parte, per prossimità, con la recente infodemia da pandemia.
I principi irrazionali, se non le vere e proprie forme di psicosi, andrebbero sempre evitate, e per questo motivo spero che ci lasciate urlare un ennesimo monito: seguite le indicazioni delle autorità e non fate di testa vostra, perché in casi come questo, la testa non dà per nulla buoni consigli!
Autore: Dario Tobruk
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