750mila euro di risarcimento per morte da infezione ospedaliera

Dario Tobruk 26/05/25

Il Civile di Brescia (Asst Brescia) è stato condannato a un maxi-risarcimento nei confronti della famiglia di un paziente sottoposto a un intervento ortopedico, che contrasse una grave infezione ospedaliera, causa della successiva morte per sepsi.

Il risarcimento

Settantacinque anni, ricoverato per una frattura al femore, muore due mesi dopo per un’infezione contratta in ospedale. Ora l’Asst Spedali Civili di Brescia dovrà risarcire i familiari con 750mila euro: 300mila alla moglie, 250mila al figlio e 100mila alle due nipoti.

È quanto stabilito dal Tribunale, con una sentenza firmata dalla giudice Giovanna Faraona. Il paziente era stato ricoverato in ortopedia nel dicembre di sei anni fa per una frattura del femore, ma le sue condizioni si erano rapidamente aggravate.

Nonostante il suo stato di fragilità, soltanto l’infezione nosocomiale è riuscita a dimostrare il nesso con la rapida morte, e quindi le responsabilità della struttura e dei sanitari.

Nelle motivazioni si legge che, pur avendo una storia clinica complessa, il paziente non presentava compromissioni gravi all’ingresso e l’infezione è da ritenersi contratta durante la degenza. Dopo due mesi, sviluppò una grave setticemia da Staphylococcus aureus resistente (MRSA), seguita da shock settico, ricovero in rianimazione per polmonite e infine il decesso.

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Le procedure disciplinari delle professioni sanitarie

La giurisprudenza ha voluto spiegare la relazione umana e contrattuale che lega l’operatore al paziente e viceversa, coniando un nuovo termine: contatto sociale. Le professioni sanitarie consistono in attività delicate, che purtroppo, ora più frequentemente, incidono nella sfera personale del paziente e soprattutto nei suoi interessi primari, come è appunto la salute. L’attrito che ne può derivare, al di là delle capacità di gestione del professionista, finisce spesso nel contenzioso, che dapprima viene affrontato dalla stessa Azienda sanitaria, alla quale interessa primariamente la soddisfazione dell’utente. Per questo motivo, il professionista si trova ad affrontare delle accuse di negligenza, di imperizia o di imprudenza che si sviluppano in molti modi ma che potrebbero incidere anche definitivamente sul suo futuro professionale. Lo stress, il senso di abbandono e di disarmo che investono l’operatore innocente durante le fasi disciplinari sono perlopiù prodotti dal timore di veder macchiata la propria reputazione con effetti deleteri sull’autostima e sull’eterostima. Inoltre, l’ignoranza del diritto disciplinare è un catalizzante della paura che impedisce al lavoratore di difendersi pienamente dalle accuse perché paralizza ogni possibilità di reazione. Quest’opera è stata realizzata per offrire alle professioni sanitarie un utile strumento di conoscenza e, quindi, di difesa. per comprendere pienamente le regole del sistema così da poterlo gestire in maniera produttiva e, comunque, nel senso della verità e della giustizia. La conoscenza del diritto impedirà una strumentalizzazione della procedura disciplinare affinché non diventi un momento di ritorsione e di punizione per fatti estranei alle accuse. Mauro Di Fresco Insegna Diritto Sanitario ai master infermieristici di I e II livello della Prima Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma. Alla Seconda Facoltà (Ospedale Sant’Andrea) insegna Diritto del Lavoro Sanitario al Corso di Laurea Magistrale in Infermieristica. È relatore di diversi corsi ECM di carattere nazionale, responsabile del link Diritto Sanitario nella rivistaLa Previdenzae scrive anche su Studio Cataldi, Diritto e Diritti, Infoius.it. È consulente legale nazionale di diversi sindacati che operano nel comparto Sanità e nella Dirigenza Medica oltre che in 52 Associazioni di pazienti.

 

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Nessi causali chiari: condanna all’ospedale

Sempre leggendo le motivazioni, i sanitari: “hanno omessa l’adozione delle misure idonee a garantire la sterilità degli ambienti e delle attrezzature ospedaliere, che l’evento lesivo: il decesso da infezione nosocomiale“.

Pertanto il nesso causale, per il giudice, è più strutturale che da singole responsabilità, infatti secondo il Tribunale: “può ritenersi più che probabile che la morte dell’anziano sia imputabile alla responsabilità della struttura sanitaria sotto forma di omissioni degli operatori o di carenze sue proprie, autonome dall’operato dei sanitari“.

Inoltre, l’Asst non è riuscita a svincolarsi dalle responsabilità e dalla causalità dall’onere della prova, tipica di questi casi, e di non “aver adottato tutte le cautele prescritte per prevenire l’insorgenza di patologie infettive; di aver applicato i protocolli di prevenzione delle infezioni del caso specifico, che il direttore sanitario avesse adottato regole cautelari e misure idonee a sorvegliare il rispetto delle indicazioni fornite“.

Un risarcimento che non potrà colmare la perdita, ma che riconosce una responsabilità e restituisce almeno in parte un senso di giustizia ai familiari.

Fonte: BresciaToday.it

Autore: Dario Tobruk  (seguimi anche su Linkedin – Facebook InstagramThreads)

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Dario Tobruk

Dario Tobruk è un infermiere Wound Care Specialist, autore e medical writer italiano. Ha inoltre conseguito una specializzazione nella divulgazione scientifica attraverso un master in Giornalismo e Comunicazione della Scienza, focalizzandosi sul campo medico-assistenziale e sull…Continua a leggere

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