Sindrome Long Covid, a Roma il primo studio

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“Le alterazioni funzionali dell’olfatto rappresentano una delle manifestazioni sintomatologiche più comuni della sindrome da Long-Covid; infatti, una percentuale tra il 20% ed il 25% di questi pazienti lamenta disturbi dell’olfatto anche dopo un anno dall’infezione da SARS-CoV-2.”

La ricerca pubblicata su ‘Brain Sciences’

A comunicarlo, in una nota, è stato l’ospedale San Giovanni Addolorata di Roma che descrive “I risultati ottenuti da uno studio prospettico, primo al mondo, condotto su 152 pazienti” e che “sono stati pubblicati la scorsa settimana sulla rivista scientifica ‘Brain Sciences’.”

Nell’articolo, come illustrato dal professor Angelo Camaioni, si è voluta dimostrare una correlazione tra la confusione mentale da Covid e i sintomi a carico di olfatto e gusto:“L’alterazione dell’olfatto ed il coinvolgimento cognitivo sono caratteristiche comuni della sindrome da Long-COVID.

La confusione mentale spesso descritta come ‘brain fog’, potrebbe influenzare l’olfatto alterando il ricordo degli odori o attraverso un meccanismo condiviso di neuroinfiammazione.”

Brain Fog e anosmia sono correlate?

Perciò “Abbiamo indagato la confusione mentale, la cefalea, e la funzione cognitiva in pazienti adulti con disfunzione olfattiva persistente dopo infezione da SARS-CoV-2.” Nel dettaglio, “questo studio trasversale multicentrico ha arruolato 152 adulti che riferivano disfunzione olfattiva afferenti a 3 centri terziari specializzati in disturbi olfattivi da Covid-19.

Criteri di inclusione sono stati l’alterazione olfattiva dopo infezione da SARS-CoV-2 persistente per oltre 6 mesi dall’infezione, età maggiore di 18 anni e inferiore a 65 anni.

Dallo studio sono stati esclusi pazienti con alterazione dell’olfatto, cefalea, o disturbi mnemonici precedenti all’infezione. I pazienti sono stati esaminati tramite esame olfattometrico, esame endoscopico nasale, scale di valutazione delle cefalea, valutazione della cognitivi, Mini Mental State Examination (MMSE).

La disfunzione olfattiva è stata stratificata e classificata in base alla severità del deficit e in base alla presenza o meno di distorsione dell’olfatto (parosmia, cacosmia). I dati inerenti l’olfatto, la cefalea, la confusione, ed il MMSE sono stati analizzati per valutare eventuali connessioni”.

I risultati

Come comunicato nella nota dall’ospedale romano, “Nel dettaglio i risultati chiariscono che ben il 32.8% dei pazienti hanno presentato anosmia, il 16.4% iposmia, il 6.6% parosmia/cacosmia e il 32.8% una combinazione di iposmia e parosmia. Solo il 4.6% ha sofferto esclusivamente di cefalea, mentre l’1.4% cefalea e confusione mentale come sintomi d’esordio. In particolare la cefalea era riportata dal 50% dei pazienti e la confusione mentale dal 56.7%”

Dati, questi, che hanno permesso ai ricercatori di arrivare a conclusioni interessanti: “I pazienti che riferivano cefalea, confusione mentale, o entrambe mostravano un rischio significativamente maggiore di soffrire di anosmia e/o iposmia se confrontati con la controparte senza sintomi neurologici. Nessuno dei pazienti ha riportato un punteggio ridotto al MMSE.

Nella nostra coorte di pazienti post Covid-19 con sintomi olfattivi persistenti oltre i 6 mesi, la cefalea ed il coinvolgimento cognitivo erano associati con deficit olfattivi più severi, coerentemente con meccanismi neuroinfiammatori mediatori di una varietà di sintomi nei pazienti con sindrome long-Covid”.

Dettagli

Lo studio, coordinato dalla professoressa Arianna Di Stadio (professore associato di Otorinolaringoiatria presso l’Università di Catania) ha visto la partecipazione del professor Angelo Camaioni, direttore del Dipartimento Testa-Collo e della UOC Otorinolaringoiatria dell’AO San Giovanni-Addolorata, coadiuvato dal dottor Pietro De Luca, medico in formazione specialistica in Otorinolaringoiatria.

Al lavoro hanno collaborato centri di riferimento nel panorama scientifico internazionale, nelle figure di Michael J. Brenner (professore associato di Otorinolaringoiatria e Chirurgia Testa-Collo presso l’Università del Michigan) e di Evanthia Bernitsas (professore associato di Otorinolaringoiatria e direttrice del Centro per la sclerosi multipla della Wayne State University di Detroit).

Fonte: Agenzia Dire

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