Seconda riforma del Sistema Sanitario Nazionale: cosa cambia con la legge 502/92

Dario Tobruk 06/08/25

La Legge 502/92 ha segnato un punto di svolta nella storia della Sanità italiana, dando avvio alla seconda riforma del Sistema Sanitario Nazionale.

Con l’introduzione dell’aziendalizzazione delle strutture sanitarie e la crescente regionalizzazione della sanità pubblica, il modello assistenziale italiano ha assunto una nuova configurazione, più vicina alla logica gestionale e finanziaria delle imprese.

Questo riassunto ripercorre i principali cambiamenti normativi, organizzativi e politici che hanno trasformato il Servizio Sanitario in una struttura orientata all’efficienza economica, aprendo al dibattito su governance, finanziamento e il ruolo della politica nella verifica dei bilanci.

Indice

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Legge 502/92: riassunto semplice per chi ha fretta

Quasi quattordici anni dopo l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale con la legge 833/78, nata per porre rimedio ai gravi problemi economici del sistema assicurativo delle mutue, si diede una seconda risposta decisa all’insostenibilità del finanziamento e alle criticità del sistema con il decreto legislativo che ne ha ridefinito l’assetto: la legge 502/92 e le sue successive modificazioni.

Con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria) e con il successivo decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517 (Modificazioni al decreto legislativo 502/92), si introducono alcuni cambiamenti di ordine organizzativo, economico-gestionale e istituzionale, che possiamo riassumere in pochi punti:

  • l’aziendalizzazione degli ospedali, che passano da USL (Unità Sanitarie Locali) a ASL (Aziende Sanitarie Locali);
  • l’orientamento al “mercato”, attraverso una gestione ispirata ai principi aziendali di pareggio di bilancio e di efficienza economica;
  • la creazione dei dipartimenti;
  • la decentralizzazione della responsabilità gestionale, che passa dai Ministeri statali alle Regioni, e da queste alle singole aziende sanitarie.

L’aziendalizzazione degli ospedali

Le USL vengono dotate di personalità giuridica in quanto aziende a tutti gli effetti. Gli organi di rappresentanza sono il direttore generale e il collegio dei revisori (e ulteriori figure).

Il direttore generale ha potere gestionale e di rappresentanza legale. È coadiuvato da un direttore sanitario e da un direttore amministrativo.

L’intento di questa seconda riforma del Servizio Sanitario Nazionale era quello di contenere la spesa pubblica e la pressione finanziaria durante un periodo di grave crisi sociale, economica e finanziaria.

Con il chiaro scopo di ridurre i costi, il governo Amato e l’allora ministro della Sanità De Lorenzo, pressati dallo squilibrio fra i fondi sanitari e le effettive spese sostenute, introdussero il concetto liberalista secondo cui “la spesa sociale e sanitaria deve essere proporzionata alla effettiva realizzazione delle entrate e non può più rapportarsi unicamente alla entità dei bisogni“.

Si introdusse così un maggiore coinvolgimento della sanità privata, una compartecipazione alla spesa da parte dell’utenza attraverso quelli che vengono definiti “ticket” e si operò una distinzione tra bisogni clinico-assistenziali a carico dello Stato (o i cui rischi possono influenzare le comunità) e “piccoli rischi”, che il cittadino dovrà accollarsi con una spesa personale (e che non comportano altro che un rischio individuale).

Per realizzare questa visione economico-politica delle funzioni sanitarie, la legge 502 del 1992 avvia pertanto la seconda riforma del SSN attraverso la regionalizzazione della sanità e l’aziendalizzazione degli ospedali, che vengono accorpati a livello provinciale o territoriale in aziende dotate di autonomia gestionale e personalità giuridica pubblica.

Tra le varie forme di istituzioni ospedaliere coinvolte abbiamo:

  • ospedali ad alta specializzazione e di rilievo nazionale, destinati a fungere da centri di riferimento per i servizi di emergenza ospedaliera ed extraospedaliera del territorio,
  • presidi ospedalieri a vocazione clinico-accademica, che erogano percorsi formativi universitari e di specializzazione medica.

Il direttore generale, il direttore sanitario e il direttore amministrativo

Il direttore generale (DG) è nominato dal presidente della giunta regionale, a partire da un apposito elenco in cui i candidati, se in possesso dei requisiti, possono iscriversi.

I suoi doveri riguardano il buon andamento economico-amministrativo e tecnico-funzionale dell’azienda per i cinque anni successivi alla nomina.

Il direttore generale si avvale delle competenze del direttore sanitario e del direttore amministrativo nominandoli personalmente.

Le figure dirigenziali previste dovevano possedere alcuni requisiti minimi: laurea, esperienza almeno quinquennale in ruoli di responsabilità direttiva presso enti, aziende o strutture pubbliche o private, ed età inferiore ai 65 anni.

Inoltre, ogni ruolo dirigenziale deve rispondere a requisiti più specifici. Tali requisiti sono stati introdotti solo successivamente, tramite diverse modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502:

  • Direttore generale: oltre a possedere i requisiti generali, deve aver completato corsi di formazione a livello universitario e certificazione in sanità pubblica e organizzazione del lavoro;
  • Direttore sanitario: laurea in Medicina e Chirurgia, con almeno cinque anni di esperienza in funzioni direttive;
  • Direttore amministrativo: laurea in discipline giuridiche o economiche, con almeno cinque anni di esperienza in funzioni direttive presso enti, aziende o strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione.

Il mandato del direttore generale ha una durata di cinque anni, rinnovabile, ma può essere revocato anticipatamente in caso di risultati insoddisfacenti, valutati sulla base degli obiettivi di salute e di bilancio fissati dalla Regione.

Così come il direttore generale, anche i direttori sanitario e amministrativo vengono nominati, e in caso di scarso rendimento dell’intero management, decadono dall’incarico insieme al DG.

Il Collegio dei Revisori

Il Collegio dei Revisori, oggi riconosciuto come Collegio Sindacale (in seguito alla terza riforma, il D.Lgs. 229/1999 o “Riforma Bindi”), era anch’esso nominato dal direttore generale, scegliendo tra una lista di membri designati da altri enti (Ministero competente, Sindaco, Regione).

Si occupava di verificare la tenuta della contabilità, la coerenza delle scritture contabili e di esaminare il bilancio di previsione.

Successivamente, con la riforma che ha trasformato l’organo in Collegio Sindacale, è decaduta la possibilità di nomina da parte del direttore generale per evitare evidenti conflitti di interesse.

Il Collegio Sindacale conserva comunque i seguenti compiti:

  • verificare l’amministrazione sotto il profilo economico-gestionale;
  • controllare il rispetto della normativa legislativa e giuridica da parte del management;
  • monitorare i flussi di cassa, i libri contabili e, in generale, la conformità del bilancio aziendale;
  • redigere report trimestrali sull’andamento generale dell’azienda sanitaria;
  • trasmettere rendiconti periodici all’azienda e alla Conferenza dei Sindaci o al sindaco;
  • segnalare tempestivamente alla Regione eventuali gravi irregolarità qualora emergano sospetti fondati.

Il Collegio dei Revisori, rimaneva in carica per tre anni ed era composto da cinque membri: due designati dalla Regione, due dai Ministeri del Tesoro e della Sanità, e un quinto nominato dalla Conferenza dei Sindaci.

Ad oggi, al netto delle varie riforme a partire dalla legge 502/92, il Collegio Sindacale ha un mandato triennale ed è composto da tre membri. Oggi come allora, questa funzione, in poche parole, si occupa di una cosa sola: che i conti tornino.

Il mercato libero in Sanità e l’intramoenia

Con la legge 502/92 viene prevista per i medici la possibilità di esercitare l’intramoenia (all’interno delle strutture pubbliche) in libera professione.

Inoltre, vengono previste delle camere con servizi aggiuntivi (maggiore comfort alberghiero) dietro un corrispettivo pagamento a carico del paziente.

Si afferma quindi un nuovo modello di finanziamento pubblico per le ASL: non più trasferimento di fondi indistinti a richiesta e a fondo perduto, ma rimborsi per pacchetti di prestazioni in caso di ricovero del paziente o per singola prestazione per l’erogazione di servizi all’utenza.

Questo meccanismo, chiamato DRG, ovvero Diagnosis Related Groups, incentiva l’efficienza a livello di erogazione: l’azienda, infatti, sottoposta al controllo regionale, richiede la stessa efficienza nell’erogazione del servizio anche ai reparti.

Sebbene il contesto storico e politico dei primi anni ’90 richiedesse una riforma così audace, nel lungo periodo la seconda riforma del Servizio Sanitario Nazionale, ha purtroppo introdotto una logica tipica aziendale: la mercificazione del bisogno di salute e dell’assistenza sanitaria.

Una trasformazione concettuale e vocazionale della medicina che ha generato chiaroscuri ancora oggi oggetto di discussione nel dibattito pubblico e politico, tra cui:

  • la competizione sleale da parte delle aziende sanitarie private, libere da molti dei vincoli che gravano invece su quelle pubbliche;
  • l’inizio delle prestazioni mediche al di fuori del ruolo pubblico (in seguito venne introdotto anche l’extramoenia, ovvero la libera professione sul mercato), segnando una deriva mercantilistica anche a livello del singolo clinico;
  • la persistenza di una mentalità aziendale che continua a considerare la salute dei cittadini come un costo e non come un investimento. Un approccio che, durante la prima fase della pandemia da Covid-19, ha impedito a molti territori (Lombardia in primis) di rispondere adeguatamente ai bisogni essenziali di salute, in quanto l’efficientamento dei servizi aveva già portato l’organizzazione sanitaria al minimo indispensabile.

Regionalizzazione dei servizi sanitari

Le USL ora chiamate ASL, ridotte di numero e non più riferite ai comuni, vengono delegate direttamente dalla Regione, che le sostiene economicamente.

Dopo l’entrata in vigore della legge n. 502 del 30 dicembre 1992, la Regione non può più contare sullo Stato per coprire i propri disavanzi: le responsabilità ricadono interamente sulla governance della singola azienda.

Da questo momento, quindi, la Regione ha tutto l’interesse a vigilare sull’osservanza e sulla gestione dei conti economici del servizio sanitario regionale offerto ai cittadini, in quanto ne risponde politicamente. Le regioni provvedono anche:

  • all’articolazione delle USL in distretti;
  • a modalità di finanziamento modulate in base al bacino di utenza e ai bisogni territoriali, e a sistemi di vigilanza e controllo;
  • a costringere le aziende al pareggio di bilancio e, come ogni azienda privata, a non ricorrere a forme di indebitamento, se non in particolari e specifiche condizioni.

Decentralizzazione economico-gestionale

Lo Stato, attraverso il Piano Sanitario Nazionale (che stabilisce i LEA, livelli essenziali di assistenza), definisce – in base ai bisogni dei cittadini e alle risorse disponibili, ricavate dalla fiscalità generale – una programmazione economica per distribuire alle Regioni una quota capitaria pesata.

La Regione, sulla base del proprio piano sanitario regionale, assegna queste risorse alle aziende sanitarie.

In caso di richieste di ripianamento dei disavanzi da parte delle aziende, le Regioni possono avvalersi di strumenti di finanziamento quali l’uso di risorse economiche proprie, i contributi sanitari IRAP e le entrate dirette delle strutture (ticket).

Ma ad un aumento dei costi, le Regioni ne rispondono politicamente in quanto il cittadino potrebbe sentirsi pressato dall’aumento della spesa fiscale.

Dipartimenti

La Legge 502/92 infine, prevede una nuova organizzazione organizzativa a livello ospedaliero formalizzando i dipartimenti.

Un dipartimento è una federazione di reparti affini e complementari, organizzati secondo settore specialistico o specifico bisogno del paziente (esempio: dipartimento di chirurgia o dipartimento materno-infantile).

Lo scopo della nascita dei dipartimenti è quello di organizzare e ottimizzare al meglio le risorse strutturali e umane, migliorando il servizio al cittadino e riducendo i costi.

Autore: Dario Tobruk  (seguimi anche su Linkedin – Facebook InstagramThreads)

Fonti dell’articolo:

Dario Tobruk

Dario Tobruk è un infermiere Wound Care Specialist, autore e medical writer italiano. Ha inoltre conseguito una specializzazione nella divulgazione scientifica attraverso un master in Giornalismo e Comunicazione della Scienza, focalizzandosi sul campo medico-assistenziale e sull…Continua a leggere

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