Stati Generali: ecco il report su cosa bisogna fare perché l’infermieristica abbia un futuro

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Secondo quanto riportato nel Report finale degli Stati Generali della professione infermieristica (appena pubblicato sul sito della FNOPI, VEDI) gli infermieri che hanno partecipato alla recente consultazione pubblica “aperta e trasparente” hanno le idee piuttosto chiare sul futuro della categoria.


O meglio: su cosa bisogna necessariamente fare perché la professione lo abbia, un futuro, visti i tempi che corrono (l’attrattività professionale non ha mai raggiunto livelli così bassi, nessuno si iscrive più al corso di laurea e gli infermieri che si dimettono aumentano sempre di più).


Come riportato sul sito della Federazione, sono stati nove i “mesi di lavoro in cui tutti gli infermieri iscritti agli ordini (460mila) hanno avuto la possibilità di dire la loro sul futuro della professione”.


E “il risultato, sintetizzato in un report da quattro gruppi di lavoro coordinati da consiglieri nazionali FNOPI e composti dai componenti degli ordini provinciali, è stato illustrato a rappresentanti di Governo e Parlamento ad Arezzo, in occasione del 17° Forum Risk Management”.


In sintesi, i cardini su cui le proposte si articolano sono chiari e indispensabili per assicurare il recupero dell’attrattività dell’infermieristica sia attraverso lo sviluppo delle possibilità di carriera, sia con un riconoscimento formativo e anche economico all’altezza delle medie europee rispetto alle quali oggi l’Italia è un fanalino di coda”.


La professione “deve crescere e differenziarsi per responsabilità, competenze e percorsi di carriera e gli infermieri devono essere i responsabili della formazione delle figure che li supportano secondo le necessità di un quadro di riferimento nazionale, con estrema chiarezza di ruoli e in base all’organizzazione che gli stessi infermieri programmano”.


Nel dettaglio, eccoli qui questi “cardini”:
1) Crescita professionale, attraverso la revisione della formazione universitaria (con specializzazioni accademiche e una laurea magistrale a indirizzo clinico). Gli “specialisti” dovranno trovare precise collocazioni nei servizi a cui fanno riferimento con contratti adeguati, anche economicamente e la garanzia di infungibilità per non essere destinati altrove e dovranno avere la possibilità di esercitare l’intramoenia e non avere vincoli di esclusività per non penalizzare il rapporto pubblico-privato e aumentare la disponibilità anche oltre il loro orario di lavoro.


2) Previsione di percorsi clinici, aumentando responsabilità, modelli di presa in carico personalizzata, sostenendo la promozione sociale della professione e riconoscendo nelle équipe multiprofessionali il ruolo infermieristico esperto, con capacità manageriali di gestione economico-finanziaria e responsabilità per la sicurezza dell’assistito.


3) Affermazione della figura dell’infermiere di famiglia per garantire la continuità ospedale-territorio in cui deve entrare in gioco anche il reale sviluppo della sanità digitale: un infermiere con più competenze riconosciute anche dal punto di vista retributivo, indicatori di valutazione per la qualità dell’assistenza e possibilità prescrittive.


4) Aggiornamento professionale continuo, mirato agli obiettivi specifici previsti dalla formazione specialistica e alle necessità dell’organizzazione, valorizzando chi mantiene costante l’aggiornamento.


5) Riorganizzazione dei servizi secondo criteri di qualità, che mettano in grado gli infermieri specialisti di gestire una filiera di operatori intermedi che possano coordinare e che a loro riferiscano e facciano capo.


La presidente FNOPI, Barbara Mangiacavalli, non ha dubbi: «Non si può continuare a parlare di ricette semplicistiche per affrontare e risolvere i problemi, perché il sistema è ormai complesso e servono analisi e strumenti di complessità.


La tutela della salute non è più e non può essere un problema di singole professioni, ma di un sistema multiprofessionale che richiama a un’analisi e a strumenti di complessità.


Infermieri e infermieri pediatrici hanno, in questo senso, metodi e strumenti di stratificazione del bisogno assistenziale, della complessità assistenziale, dei livelli di intensità assistenziale, degli strumenti e dei metodi di valutazione dei bisogni dei pazienti dal rischio cadute, del rischio infezioni, della capacità di orientarsi.


Istituzioni e politica devono comprenderlo e noi siamo disponibili come sempre a dare in questo senso il necessario supporto».

Alessio Biondino

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