Ieri, 16 novembre, il personale del Comparto Sanità dipendente dell’ente ospedaliero “Ospedali Galliera” di Genova è sceso in piazza. Lo ha fatto per uno stipendio più dignitoso (a quanto pare, a parità di condizioni, al Galliera si lavora di più e si guadagna meno rispetto al nosocomio di Carignano) e per condizioni di lavoro migliori, certo.
Eppure, come riportato da “primocanale.it – il sitodella Liguria”, i motivi principali sarebbero ben altri: «Quello che colpisce delle parole dei lavoratori che oggi manifestano in piazza – si legge – non è la richiesta di più denaro, ma soprattutto la richiesta che per per loro appare più importante: riuscire a lavorare meglio e con amore, riuscire ad assistere anche i malati spesso trascurati, smettere di fare scelte curando solo chi sta peggio».
E ancora, sempre sull’amore: «Una graduatoria di codici colorati che necessariamente regola il lavoro nei pronto soccorso, ma nello stesso tempo per le carenze d’organico avvilisce il lavoro di chi le persone le deve assistere, le guarda negli occhi, gli stringe la mano, le conforta con le medicine che nessun farmaco può sostituire: l’amore, l’empatia».
I sentimenti sono una cosa seria, insomma. «Ma per dare amore occorre avere del tempo– si legge nel pezzo – occorrono organici adeguati, sennò fatalmente si diventa infermieri dimezzati, infermieri che si limitano a somministrare farmaci, “due pillole a lei, due all’altro, avanti il prossimo”».
Emblematiche, in tal senso, le parole dell’infermiere Luca, ex autista, ex volontario, che non parla assolutamente di denaro: «Ho realizzato il sogno di aiutare gli altri, come già facevo da volontario come milite delle pubbliche assistenze. Oggi manifesto solo per chiedere di poter lavorare meglio e curare i malati come meritano».
Noi infermieri italiani ci mettiamo anche un po’ del nostro, insomma. Come sempre. E se cittadini, giornalisti, politici e un mare di addetti ai lavori continuano a vederci e a descriverci come “operatori” di serie B, pronti a porgere sempre e comunque l’altra guancia, a sacrificarsi per “il bene del paziente” (o delle aziende…?) e patologicamente bisognosi d’amore… La strada per essere riconosciuti come professionisti VERI appare sempre più in salita. Purtroppo.
