Suore infermiere discriminate sul lavoro “perché nere e religiose”

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Volevano spedirle da Roma nel comune montano di Riofreddo, fra il comune laziale di Vicovaro e quello abruzzese di Carsoli. Trattasi di due suore infermiere, dipendenti di una Rsa privata, che avendo fatto voto di povertà non hanno un mezzo per spostarsi. 

Questo trasferimento, per loro avrebbe significato la perdita del lavoro o la rinuncia alla scelta di vita religiosa. Tanto che hanno deciso di rivolgersi alla Fp Cgil di Roma e del Lazio. Come spiegato a Fanpage dagli avvocati che hanno seguito il caso: «Non avevano dubbi, avrebbero scelto la vita religiosa e lasciato l’impiego. Ma si sono rivolte a noi per fare chiarezza. Non ovviamente per un risarcimento, sarebbe stato in contrasto con i principi religiosi secondo i quali vivono, ma per denunciare un’ingiustizia».


«La suora che vive ad Anzio avrebbe impiegato 11 ore, quella a Roma almeno un paio. Sarebbe stato un vero e proprio viaggio della speranza– evidenziano i legali –, fra autostrade, autobus, corriera e anche un pezzo a piedi, di almeno 45 minuti, in mulattiera. Quando sono arrivate ci hanno spiegato che l’azienda le aveva messo di fronte al trasferimento, pena il licenziamento.

In gergo tecnico viene definito un licenziamento indiretto, avrebbero anche avuto la possibilità di fare domanda per la Naspi. Ma come ci hanno ribadito più volte, il loro interesse non era rivolto ai soldi. Anche noi stessi, come avvocati, abbiamo dovuto trovare una strategia legale che non prevedesse risarcimento, su loro richiesta. Come suore missionarie, devolvono il loro stipendio per opere di bene in Nigeria. Ma la richiesta di un risarcimento a proprio nome era fuori discussione. Volevano svelare un’ingiustizia. E ci sono riuscite. Anche se non conoscono ancora ufficialmente i motivi del provvedimento».


E c’è anche la triste ombra di un’azione di discriminazione, diretta e indiretta: «La prima è dettata dalla discriminazione razziale: le due suore erano le uniche due dipendenti della struttura con la pelle nera. E statisticamente è improbabile che due persone con una caratteristica in comune siano destinatarie di uno stesso provvedimento senza almeno una ragione comune.

Indiretta, invece, quella religiosa. Si dice indiretta quando un comportamento, di per sé lecito, penalizza concretamente la vita dei dipendenti, come con cambi di turni ad orario scomodi per famiglie omogenitoriali, ad esempio. In questo caso, invece, è il trasferimento, un provvedimento lecito, ad essere svantaggioso o, in questo caso, un vero e proprio danno, per le due suore».


Come andrà a finire? Beh, a quanto pare è già tutto risolto: presso il competente Tribunale del lavoro, l’azienda si è arresa alla prima udienza, annullando il provvedimento. Le religiose, perciò, non verranno trasferite e non saranno licenziate. Sarà che la dirigenza aziendale proprio non si aspettava la ribellione delle suore? Probabile. 

Sulle cause che l’ha spinta a prendere la decisione di allontanare le infermiere, è ancora buio pesto: «Che si sia lamentato di loro qualche ospite della Rsa? Non è da escludere. Ma neanche in quel caso avremmo potuto chiudere gli occhi davanti ad un’ingiustizia del genere» concludono gli avvocati.

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Alessio Biondino

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