“Troviamo infermiere solo in India, le italiane non si presentano più”

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A dirlo, senza mezzi termini, è il presidente della Casa di riposo «Don Stefano Palla» di Bergamo, Michele Iagulli: «Abbiamo cercato infermieri in Italia, ma senza successo. È stato proposto anche un corso di formazione per l’assistenza, ma non si è presentato nessuno. Ormai da noi non si trova più nessuno e questo sarà un problema sempre più importante nei prossimi anni» (VEDI L’Eco di Bergamo).


Ma eccola qui, proprio dietro l’angolo, la soluzione tanto agognata: la cooperativa “Stoim” (consorzio «Kcs») di Agrate (Monza Brianza), tramite l’agenzia milanese “Job Just on Business”, ha reclutato diverse infermiere indiane (provenienti dal Kèrala), ben sei, che oggi rappresentano un terzo delle professioniste che lavorano presso la struttura che ospita 85 anziani.


Tutto risolto, quindi? Non fino in fondo. Come spiegato dal capo area della “Stoim”, Andrea Minetti: «Il loro diploma da infermiere ha una validità fino al 2025, ma dovrebbe poi diventare definitivo». “Dovrebbe”, quindi. Ma al momento, a quanto pare, questo condizionale è più che sufficiente.


«Con l’agenzia che ci fa da intermediaria – sottolinea Minetti – ci siamo sempre trovati bene: le infermiere arrivano da una zona dell’India dove le strutture sanitarie sono più evolute e hanno sempre dimostrato grande professionalità. La collaborazione era iniziata durante il periodo del Covid, quando c’era bisogno di personale, nel 2021: da allora è stata fatta una selezione e sono arrivate le prime ragazze».


Ricapitolando: nessuna “ragazza” italiana, nonostante chissà quale mirabolante offerta di lavoro, accetta anche solo di presentarsi a colloquio per lavorare nella suddetta casa di riposo. Perciò, in preda alla disperazione, si attinge al terzo mondo reclutando infermiere che non conoscono la lingua e in possesso di un titolo ballerino (e chissà quanto paragonabile al nostro). Le uniche che, insieme a quelle di altri paesi poveri, accetterebbero determinate condizioni di lavoro e stipendi al limite del ridicolo.


Una delle “ragazze” (Jini Zavier, 36 anni), che ora vive chissà insieme a quante altre in un alloggio fornito dalla cooperativa, gioisce per l’opportunità ricevuta: «Sogno di poter vivere qui, di portare qui la mia famiglia e i miei due figli di cinque e sette anni che sento in videochiamata tutti i giorni».

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Alessio Biondino

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