Tutti parlano di “The Good Nurse”: ecco chi era Charles Cullen, l’infermiere serial killer

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Dopo Tutto chiede salvezza, in cui un infermiere vaga allegramente con vassoi e scopettoni, sulla piattaforma di streaming Netflix riappare l’infermieristica. Stavolta, però, l’infermiere coinvolto è il protagonista assoluto di un thriller di cui si sta parlando molto e che ha generato molta curiosità: The Good Nurse.


Trattasi, per l’appunto, di un thriller ospedaliero basato su una storia vera e tratto da un saggio del giornalista Charles Graener, “The Good Nurse: A True Story of Medicine, Madness, and Murder” in cui l’infermiere è uno spietato e scellerato serial killer.


L’assassino, Charlie Cullen (classe 1960), infermiere in New Jersey (USA), nella sua carriera lunga 16 anni ha ucciso ufficialmente 40 persone. Lui ne ha confermate “solo” 29, ma… La polizia, addirittura, ritiene che i pazienti uccisi tra il 1987 e il 2003 siano circa 400, cosa che farebbe di lui il killer più prolifico della storia conosciuta.


Diplomatosi infermiere nel lontano 1986, i primi omicidi confessati dall’uomo risalgono al 1988 e avvennero a Saint Barnabas: era l’11 giugno quando uccise un paziente con una dose letale di farmaci per via endovenosa. Dopodiché una serie di morti, a lui addebitate, si sono verificate presso lo stesso nosocomio.


Cambiò poi posto di lavoro ed esercitò presso il Warren Hospital di Phillipsburg, in cui ammazzò tre anziane pazienti con un’overdose di digossina.


A distanza di un anno, si trasferì a Phillipsburg e iniziò a perseguitare una collega, attività per cui fu arrestato. Tra tentativi di suicidio e cure per la depressione, tornò poi a lavorare in ospedale e a uccidere: fece fuori una signora 91enne sempre con un’iniezione letale e poi andò ad esercitare presso la terapia intensiva dell’Hunterdon Medical Center di Flemington, periodo in cui a suo dire non assassinò nessuno (ma tutti i documenti ospedalieri di quel lasso di tempo vennero distrutti).


Dopo un’altra parentesi al Liberty Nursing and Rehabilitation Center di Allentown (Pennsylvania), dove venne accusato “solo” di somministrare farmaci ai pazienti in orari non programmati e dove uccise un paziente (morte che fu attribuita erroneamente a un’altra infermiera), nel 1998 Cullen andò a lavorare all’Easton Hospital dove a dicembre tolse la vita un altro utente con una dose letale di digossina, cosa che non gli fu attribuita per mancanza di prove.


Perciò l’infermiere, nonostante i suoi evidenti problemi di salute mentale, i sospetti e le accuse, seguitò a trovare lavoro, anche e soprattutto per la carenza cronica di personale infermieristico a livello nazionale che gli garantiva ampia scelta.


Dopo una segnalazione alla polizia da parte della collega infermiera Amy Loughren, a seguito della morte improvvisa di un paziente per ipoglicemia (ottobre 2003), il 12 dicembre 2003 Cullen fu finalmente arrestato e rinchiuso con l’accusa di svariati omicidi e tentati omicidi.


Il detenuto fu poi sorvegliato continuamente e un’indagine approfondita sul suo passato rivelò il suo vero volto, facendo venire a galla un mare di prove contro di lui.


Così, in data 14 dicembre 2003, ammise di aver ucciso qualcosa come 40 pazienti innocenti durante i suoi 16 anni di carriera e si dichiarò colpevole davanti al giudice nell’aprile 2004. Condannato a 11 ergastoli, l’imputato sta attualmente scontando la sua pena nella prigione statale del New Jersey a Trenton.


Che forse, tra scarso riconoscimento degli infermieri a livello nazionale (qui in Italia) e aggressioni continue al personale ospedaliero, non sia questo il periodo giusto per proporre certi spettacoli o certe trame ai nostri cittadini… è un’altra triste storia. Per certi versi rassegnante.

Alessio Biondino

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