La storia di Filippo
Filippo ha 46 anni, è originario di Agrigento e ha scelto, come altre centinaia di migliaia di italiani, di aiutare per lavoro e per professione: è un infermiere del San Gerardo di Monza così come sua moglie Simona. Con l’esplosione della pandemia globale, si è ritrovato in prima linea nei reparti Covid. Lo scorso dicembre ha contratto il virus, ma lo ha sconfitto.
Dona il sangue regolarmente, Filippo; e lo fa praticamente da sempre. Fino a quando, a marzo, la malattia lo ha costretto a ritrovarsi dall’altra parte, sul letto d’ospedale e poi in sala operatoria, bisognoso di quel sangue e di quella solidarietà che lui ha sempre offerto volentieri al prossimo.
Riportiamo qui parte delle sue parole, concesse ad una intervista per il quotidiano Prima Monza.
Un semplice gesto che salva la vita
“Ricevo ben dieci sacche di sangue e due di plasma. È stato come un ritorno alla vita, a volte si dà per scontato un qualcosa che non lo è. Il cuore delle persone è grande e il mio appello ora, che non potrò più donare, è quello di andare a donare in modo continuativo.
Già a 18 anni, nella mia Agrigento, maturai l’idea di diventare donatore di sangue. L’ho sempre ritenuto un dovere, un gesto semplice che costa poco ma che può essere determinante per altri. Nel tempo ho conosciuto l’Avis e ne sono entrato a far parte. Oggi mi ritrovo dall’altra parte.
Paziente e soprattutto ricevente. Il destino a volte è davvero strano. Ma così è la realtà. Che dire? Grazie Avis e a tutti i donatori. Un semplice gesto può salvare la vita. Probabilmente dovrò dire addio alle spillette, ma in compenso un grande sì alla vita”.
La donazione di sangue è fondamentale
“Sono un testimone vivente del fatto che la donazione di sangue è importante e fondamentale. Quel gesto significa donare la vita e non è così scontato. Chi dona si sta facendo carico, in modo anonimo e concreto, di un gesto per ridare speranza agli altri. Un domani potrebbe toccarti da vicino come è successo a me”.
Autore: Alessio Biondino
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