Quando prima di morire, una paziente ti insegna a vivere

Dario Tobruk 24/03/23
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Con i suoi 88 anni di vita intensa Iv. era prima di tutto una nonna, anzi, era l’archetipo della nonna, una Nonna con la “n” maiuscola.

Forte e indipendente, indossava con fierezza un sorriso gentile, dietro il quale si celava chissà quanta sofferenza.

Presi in carico la paziente agli esordi delle prime complicazioni di un K mammario metastatico che aveva ormai coinvolto gran parte del torace. Inizialmente, e poi per lungo tempo, il mio intervento è consistito nel monitoraggio settimanale delle sue condizioni cliniche, la gestione della terapia e in particolare la terapia del dolore, in regime di un’assistenza domiciliare durata poco meno di un anno.

Non mi rese mai il compito troppo semplice, non per protesta, ma per opporsi al Dolore stesso. Con il tempo mi accorsi che dietro alle sue continue dissimulazioni e omissioni non si nascondeva un orgoglio ostinato, ma al contrario, una piena consapevolezza dell’inevitabile ruolo della sofferenza nella vita.

Iv., nella sua naturale semplicità, era un’Illuminata, una stoica compiuta a cui le solite formule abusate, e che di solito utilizzavo con il resto dei miei pazienti per convincerli ad accettare la terapia prescritta, non sarebbero riuscite a scalfire nemmeno di un millimetro la solida convinzione di non volere assumere oppioidi.

In base alla sue personali convizioni, ogni volta che avrebbe rinunciato al dolore, avrebbe dovuto rinunciare anche alla lucidità, e con essa avrebbe sacrificato il poco tempo che gli sarebbe rimasto da passare con la figlia e la dolce nipotina. Non servì a nulla l’opzione di farci prescrivere antidolorifici alternativi da parte del medico. La sua decisione era ineluttabile.

Come puoi convincere qualcuno che è senza alcun dubbio più saggio e coraggioso di te? Beh, non lo fai, e inizi ad ascoltare, una per una, per tutte le settimane di un anno in cui l’ho accompagnata in questo suo ultimo viaggio, tutte le piccole storie di coraggio vinte da una nonna saggia e gentile.

Ed è così che alla fine ho capito: le sue decisioni non erano solo lucide, erano anche giuste, per Lei, almeno per il contesto della sua personale storia.

Perché, dalla mia prospettiva sommaria, da sanitario impenitente, sembrava esistere solo una singola opzione nel processo di assistenza e di presa in cura: il dolore deve essere eliminato, a qualsiasi prezzo, anche al costo della Vita stessa.

È solo quando ho imparato la lezione, e ho “quasi” smesso di cercare a convincerla invano, che Iv. ha provato ad accogliere la mia di lezione: esiste sempre una via di mezzo, esiste sempre un luogo in cui incontrarsi.

Iv. ha così iniziato a sperimentare, prima con vigile diffidenza e via via con cauta fiducia, gli effetti non così offuscanti della terapia del dolore prescritti. Ancora oggi spero tanto che il sollevarsi da tutto quel dolore le abbia dato lo spazio spirituale di cui aveva bisogno per salutare il mondo.

E così arrivammo alla fine del suo percorso, durante il quale lei non ha mai perso se stessa nemmeno per un secondo, che ho scoperto che nell’Altro può esistere un intero mondo, una vasta dimensione a cui, prima di allora, non avevo mai voluto davvero avere accesso.

Iv. è morta a casa sua, tra l’abbraccio dei suoi famigliari al capezzale, in pochi giorni di un lento spegnersi. Ma Iv. era ostinata, e non avrebbe mai voluto concedermi l’ultima parola su questa faccenda, riuscendo a impartirmi un’ultima lezione: fino a quando la presente coscienza gliel’ha permesso, non volle farsi assistere da nessun altro professionista che non fossi io. Avevo finalmente meritato il diritto di assisterla.

E ora che sei andata, ti assicuro che farò buon uso delle tue lezioni. Per questo ti auguro un buon viaggio Iv., a te, che prima di morire mi hai insegnato a vivere.

Autore: Dario Tobruk  (seguimi anche su Linkedin – Facebook Instagram)

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