Un’infermiera: “Alcuni pazienti mi dicono ‘brutta put****’, ma ormai li ignoro”

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Un’interessante intervista a Ines, collega infermiera in servizio dal 1989 presso l’Unità di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale Santa Chiara (Trento), è stata pubblicata ieri da Il Dolomiti. I temi affrontati sono stati diversi e alcuni offrono degli assai poco rassicuranti spunti di riflessione.

Altro che eroi

“Noi degli eroi? Quando ce lo dicevano non ci ho mai creduto. Succede sempre così, quando ne hai bisogno qualsiasi persona diventa un eroe. Poi la si dimentica. Ma intanto noi continuiamo a testa bassa a fare il nostro lavoro anche se siamo sottopagati, spesso aggrediti e umiliati”.

È così che, con pochissime parole e una palpabile frustrazione, Ines descrive ciò che gli infermieri vivono ogni giorno. Andando subito al nocciolo della ‘questione infermieristica’ italiana: “Ma sapete qual è il problema? Che manca la meritocrazia, manca il riconoscimento della nostra professionalità, delle responsabilità che abbiamo.”

Meglio fare il postino che l’infermiere…?

Piuttosto amaramente, Ines ricorda che “Abbiamo una paga base come quella di un impiegato e ci sono colleghi al pronto soccorso che vengono quotidianamente aggrediti dai pazienti.

Io ormai i tanti ‘brutta p****a’ che mi sono sentita dire li ho buttati dietro la schiena e rispondo che se avessi fatto quello probabilmente non sarei in affitto. Ecco, in una situazione del genere come può essere appetibile venire a lavorare in ospedale?”.

Sull’appetibilità della professione, l’infermiera ha ben pochi dubbi: “Io prendo lo stipendio del portinaio della Provincia, con tutto il rispetto per questo importante lavoro. Ma le responsabilità sono ben diverse.

Ho carissime amiche che lavorano come impiegate e se non avessi la reperibilità su vari turni e quasi 40 anni di esperienza, avrei una paga base come la loro e non è concepibile. Un collega che era un professionista bravissimo lo scorso anno ha deciso di andare a fare il postino perché ci sono meno rischi.”

Troppi rischi

Ed è proprio parlando di rischi che Ines conclude la sua intervista “Certe volte un paziente arriva e la prima cosa che ti dice è di stare attenti perché ha un buon avvocato. Chi me lo fa fare di rischiare? Non si riesce più a lavorare in modo tranquillo o sereno. I problemi sono tanti.”

Microcamera nelle docce delle infermiere, individuato il ‘guardone’?

Alessio Biondino

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