Uso “disinvolto” di fondi pubblici da parte dell’Asl per pagare parcelle legali fuori dai parametri Ministeriali: la denuncia di AADI

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Riportiamo qui per intero la nuova denuncia dell’Associazione Avvocatura degli Infermieri (AADI), a firma di Carlo Pisaniello, sul presunto uso quanto meno “ballerino” di fondi pubblici da parte di un’Asl pugliese.

«L’AADI nel corso del 2023 diffidava la ASL BAT con lettera a mezzo pec, per il riconoscimento del diritto degli infermieri alla retribuzione del c.d. “tempo tuta”, materia che trovava la propria disciplina già nell’art. 27, c. 11 e 12, CCNL Comparto Sanità 2016-2018: “Nei casi in cui gli operatori di ruolo sanitario […] debbano indossare apposite divise per lo svolgimento della prestazione e le operazioni di vestizione e svestizione, per ragioni di igiene e sicurezza, debbano avvenire all’interno della sede di lavoro, l’orario di lavoro riconosciuto ricomprende fino a 10 minuti complessivi destinati a tali attività, tra entrata e uscita, purché risultanti dalle timbrature effettuate, fatti salvi gli accordi di miglior favore in essere. 


Nelle unità operative che garantiscono la continuità assistenziale sulle 24 ore, ove sia necessario un passaggio di consegne, agli operatori sanitari sono riconosciuti fino ad un massimo di 15 minuti complessivi tra vestizione, svestizione e passaggi di consegne, purché risultanti dalle timbrature effettuate, fatti salvi gli accordi di miglior favore in essere”. Il citato CCNL, recepiva l’orientamento del giudice di legittimità, secondo cui l’attività di vestizione del personale sanitario attiene a comportamenti integrativi dell’obbligazione principale ed è funzionale al corretto espletamento dei doveri di diligenza preparatoria. 

La Corte di Cassazione, facendo riferimento in alcuni casi al concetto di “eterodirezione implicita”, in altri all’obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene, discendente dall’interesse all’igiene pubblica, in altri ancora all’esistenza di “autorizzazione implicita” – laddove tali operazioni debbano avvenire nei locali aziendali per ragioni di igiene e sicurezza pubblica – ha ritenuto l’attività di vestizione/svestizione rientrante nell’orario di lavoro, a nulla rilevando la presenza o l’assenza di precise disposizioni del datore di lavoro contenute in regolamenti o in ordini di servizio: il cambio assurge a condizione necessaria per operare all’interno dell’ambiente di lavoro.


È stato precisato, infatti, che le attività in esame non sono svolte soltanto nell’interesse dell’azienda, ma rispondono altresì ad un obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza e igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico, sia la stessa incolumità del personale addetto al servizio e, come tali, esse devono ritenersi implicitamente autorizzate da parte dell’azienda stessa e retribuite al di là del rapporto sinallagmatico (Cass. 22 novembre 2017 n. 27799).

Ciò che rileva è unicamente che le attività preparatorie di cui trattasi siano state svolte all’interno dell’orario di lavoro (e come tali retribuite) o al di fuori dell’orario del turno – qualora sia stata effettuata prima dell’inizio e dopo la fine del turno – dovendo in tal caso essere autonomamente retribuite; posto che si tratta di attività che, in quanto svolte nell’interesse del servizio pubblico oltre che a tutela dell’incolumità del personale addetto, devono ritenersi implicitamente autorizzate dall’Azienda ed anzi da essa imposte, potendo in mancanza l’Azienda rifiutare di ricevere la prestazione.


Pertanto, quand’anche siano assenti precise disposizioni datoriali, l’attività di vestizione va considerata come un’azione eterodiretta e non meramente preparatoria allo svolgimento dell’attività lavorativa, rimessa quanto alle modalità ed ai tempi di svolgimento alla mera scelta del lavoratore, sicché essa non può essere collocata al di fuori dell’orario di lavoro (Cass. 1° marzo 2022 n. 6706).

Ma la ASL BAT però, si disinteressava completamente la diffida dell’AADI ed anzi, faceva del tutto per evitare di pagare ciò che invece era oramai dovuto per contratto. In conseguenza a ciò, l’AADI decideva allora, in accordo con i lavoratori rappresentati, di procedere per le vie giudiziali, nel mentre però la stessa Direzione della ASL BAT riceveva una richiesta da parte della sigla sindacale CGIL per la remunerazione dello stesso istituto, alla quale aderiva in via conciliativa.

All’udienza, il 7 luglio 2023 dinanzi al giudice del lavoro, la ASL BAT depositava poi memorie difensive, per il tramite del proprio procuratore costituito disconoscendo la legittimità dell’istituto in esame e dichiarando negli atti difensivi depositati che, l’azienda resistente non aveva mai prima riconosciuto tale istituto poiché non era dimostrabile che il personale del comparto o della dirigenza dovesse per forza utilizzare gli indumenti da lavoro durante l’orario di lavoro previsto.


Nel contempo, l’azienda, in sede di contrattazione integrativa aziendale (CCIA del 04.08.2020, recepito con Delibera n. 2323 del 11.12.2020) aveva riconosciuto il medesimo diritto al tempo tuta con la Delibera 2323 del 2020, ma pur tutto ciò, in udienza dichiarava spregiudicatamente che ai dipendenti ricorrenti non spettava il pagamento dell’istituito quando nel medesimo momento, con Delibera del Direttore Generale n. 500 del 20 marzo 2024 si accordava segretamente ed in via conciliativa e stragiudiziale con il legale procuratore scelto dalla sigla sindacale CGIL, per il riconoscimento della retribuzione del c.d. “tempo tuta” ai lavoratori loro iscritti.

E nella stessa delibera poi, per giustificare l’accordo transattivo con la sigla CGIL, attestava con dolo e falsamente che, il tutto era finalizzato allo scopo di evitare l’alea del giudizio, infatti si legge: “Le parti, pur senza riconoscimento della fondatezza delle reciproche pretese, addivenivano alla conciliazione delle rispettive controversie, definendole in via bonaria e componendo transattivamente ogni e qualsivoglia pretesa e/o ragione reciproca”.

Quindi la ASL BAT era del tutto conscia che arrivare in giudizio con l’AADI avrebbe significato esborsi economici non giustificati, vista la giurisprudenza oramai granitica sul punto, eppure, contro la stessa, decise comunque di resistere in giudizio, mentre in sede sindacale, avevano appena stipulato un accordo transattivo con un altro avvocato per la somma ingente di ben 285.895,40 euro.


Difficile immaginare che non ci siano stati conflitti di interesse di alcuni rappresentanti della Dirigenza aziendale visto che con la mano destra disconoscevano innanzi al giudice di Trani di aver mai pagato tale istituto mentre con la mano sinistra firmavano un accordo conciliativo per gli stessi diritti quesiti con altri lavoratori, tutti sponsorizzati CGIL, ma tant’è.

La ASL BAT quindi sapeva benissimo che la richiesta dei lavoratori sulla pretesa della retribuzione del tempo tuta fatta in sede giudiziaria era del tutto legittima ed avrebbe dovuto essere subito accolta onde evitare spese inutili alla collettività, eppure, hanno voluto comunque proseguire dolosamente e resistere in giudizio a costo di rimanere soccombenti e pagare ulteriori spese a carico dei contribuenti.

Ma ciò non bastava, perché nello stesso accordo transattivo riconosceva al procuratore costituito Avv. A.S. (CGIL) come parcella ben 300,00 euro per lavoratore, ossia una parcella pari ad euro 30.000,00 sebbene vi fosse stata solo una banale conciliazione stragiudiziale senza nessun intervento in giudizio. Tutto ciò a nostro avviso è foriero di danno erariale poiché tale parcella è del tutto incongrua, fuori dai parametri Ministeriali previsti da DM n. 55/2014 aggiornati al DM n. 147/2022 che per questa tipologia di attività, considerando il valore del contenzioso (valore dell’affare da 260.000 a 520.000 euro) poteva ammontare al massimo a 10.000,00 euro ma non di certo a 30.000,00 euro.

Per tale ragione l’AADI ha deciso così di denunciare alla Procura Regionale Puglia della Corte dei Conti un tale sperpero di denari pubblici sospettando che l’esborso non sia per nulla commisurato nei parametri ministeriali che per la stessa tipologia di accordo prevedeva una parcella di 1/3 del valore invece applicato.

Attenderemo le risultanze delle indagini della Procura Regionale».

AADI

Alessio Biondino

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