È accettabile, nel 2022, che in sanità si muoia di lavoro?

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La storia del dott. Giovanni Buccoliero, morto di infarto a Manduria (Taranto) dopo un turno di lavoro di 24 ore in ospedale (12 in pronto soccorso e altre 12 in reparto), ha lasciato tutti sconvolti, in sanità.

Il medico “tappabuchi” morto in corsia

Soprattutto i suoi colleghi del Giannuzzi, che hanno voluto esprimere la propria rabbia con queste emblematiche parole affidate a Il Corriere della Sera: “Siamo sotto organico e Giovanni, come tanti di noi, faceva anche da tappabuchi.

Martedì sera, arrivando in ospedale, ha lavorato dodici ore al Pronto soccorso. Poi, dalle 8 del mattino successivo, altre dodici in reparto rientrando a casa solo mercoledì sera. Giovedì mattina era poi regolarmente in reparto a fare le visite ed è morto praticamente in corsia”.

“Un gran lavoratore”

Il dott. Buccoliero “era un gran lavoratore”, come ha ricordato il suo direttore sanitario. Ma è davvero possibile che nel 2022, in Italia, in sanità, medici, infermieri e altri operatori sanitari possano morire per il troppo lavoro?

È su questo quesito che il presidente nazionale del sindacato Nursing Up, Antonio De Palma, ha prodotto una nuova riflessione sulle condizioni di lavoro dei principali attori del nostro SSN. Riportiamo qui per intero il comunicato.

Nursing Up: “Si rischia una nuova paralisi”

«Ci sono case di riposo che, in numerose regioni del Nord Italia, rischierebbero addirittura di chiudere i battenti per la quasi totale assenza di infermieri, a dimostrazione che siamo di fronte al rischio di una nuova paralisi della sanità privata, con tutte le nefaste conseguenze che ne derivano per anziani, soggetti fragili e malati cronici. 

Ma non dorme certo sonni più tranquilli il mondo della sanità pubblica, con i pronto soccorsi italiani, da nord a sud, alle prese con una vera e propria tempesta perfetta.»

Corsie sguarnite

«Eccolo il nostro fragile sistema sanitario, che dopo due anni di pandemia, sarebbe dovuto risorgere come un’araba fenice dalle proprie ceneri, e invece è finito ancora di più sull’orlo del precipizio, con corsie praticamente sguarnite di personale e reparti a mezzo servizio, a causa di operatori sanitari contagiati dalle nuove varianti e costretti a rimanere a casa, professionisti legittimamente in ferie, ma soprattutto una voragine mai sanata, ovvero quella carenza strutturale di 80mila unità destinata solo a diventare nel tempo un vuoto incolmabile.»

Infermieri soli

«Eccoli i nostri infermieri, sempre più soli, costretti a prendersi cura, nei triage degli ospedali, anche di 10 pazienti alla volta.

Cosa fa la politica? Fin dove deve arrivare un professionista della salute, oltre alla sua evidente e totale dedizione al proprio lavoro?

La vicenda del medico di Manduria, che sarebbe morto addirittura dopo 24 ore di turno ininterrotto, da una parte ci sconvolge letteralmente, dall’altra ci spinge a rimboccarci le maniche.»

I rischi

«Sono tantissimi gli infermieri che vivono ogni loro nuovo giorno in condizione di rischio per la propria incolumità psico fisica: a troppi di loro viene chiesto di restare oltre il proprio orario di servizio, di fare più notti del dovuto.

Davvero nel 2022 un medico o un infermiere possono morire di lavoro?

E’ questa la fine che siamo costretti a fare per difendere e tutelare la salute dei cittadini?»

Il punto di non ritorno

«Dove sono le congrue assunzioni promesse da tempo, dove sono gli indispensabili ricambi generazionali, soprattutto abbiamo il dovere di chiederci, tutte le parti in causa devono farlo, se non siamo vicini a raggiungere davvero un punto di non ritorno.

E non ci vengano a dire che siamo in piena crisi politica, non ci vengano a dire che ci sono altre priorità a cui pensare.

Cosa c’è di più importante, in un Paese civile, della salute dei cittadini e di quella degli operatori sanitari che la devono difendere?»

Fiumi di parole…

«A questo punto chiediamoci pure, senza peli sulla lingua, che destino avranno quei miliardi di euro a disposizione del nuovo Pnrr Missione 6, per ricostruire la sanità di prossimità.

Fiumi di parole e di denaro, progetti che presentano castelli da costruire su solidi basamenti, ma a fronte di questa reale e grave assenza di personale, chi potrà realizzarli? Qui rischiamo un flop senza precedenti.

Ce lo possiamo davvero permettere?»

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Alessio Biondino

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