Intervista a Angela, infermiera italiana in UK: “Presto guadagnerò da 55 a 62 mila euro annui”

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Gli infermieri che si laureano e che fuggono a gambe levate verso realtà lavorative e retributive migliori, oramai non si contano più. Tanto che in parecchi intraprendono il percorso universitario già con la certezza di voler andare a vivere e lavorare lontano dall’Italia.

E così è stato per Angela Pietrafesa, infermiera abruzzese che vive da diversi anni in UK e che, almeno per ora, non tornerebbe a esercitare qui in Italia nemmeno se torturata. Anche perché ormai, oltre manica, ha una splendida famiglia. L’abbiamo intervistata.

Ti chiami “Angela”… E hai scelto di essere infermiera. Parlaci di cosa ti ha spinto a diventare una professionista dell’assistenza.

“Cosa mi ha sprinto ? Il voler donare un sorriso alle persone, ma allo stesso tempo la mia personalità! Molto solare, altruista e piena di passione per tutto ciò che faccio!”

Fin dall’inizio del tuo percorso, ti sei resa conto che qui in Italia tirava una brutta aria…

Ho sempre mirato a lavorare all’estero perché purtroppo avevo capito che tutto ciò che studiavo non corrispondeva affatto alla realtà dei nostri ospedali. Io volevo fare ed essere ciò che studiavo con tanto impegno. E l’Inghilterra me lo permetteva!”

Perciò, poco dopo la laurea (nel 2014), la partenza.

“Sì. Insieme al mio allora fidanzato (ora marito) abbiamo fatto vari colloqui ed entrambi abbiamo superato quelli per Oxford. Ed è così che il 15 luglio 2015 siamo partiti.”

Raccontaci in breve del tuo percorso lavorativo in UK fino ad oggi.

“Sono stata subito assunta in un reparto di Medicina Generale, dove ho imparato moltissimo tra cui anche il mio inglese. Poi nel 2015 mi sono applicata parecchio per ottenere un nuovo posto da infermiere nell’unità di dialisi di Oxford, ottenendolo. 

Da quel momento in poi mi si è aperto un mondo: sono riuscita a iscrivermi presso la Oxford Brookes University per la specialistica in Nefrologia, ovviamente pagata dal mio ospedale.

Poi sono stata promossa vice caposala per un anno, quindi sono diventata coordinatrice di una delle due unità di dialisi di Oxford e lo sono stata per ben 3 anni.

Nel frattempo mi son sposata, ho comprato casa e ho avuto due bellissimi bimbi.

Lo scorso giugno ho fatto un altro colloquio per diventare Deputy Matron, l’ho superato e da settembre ricoprirò questo ruolo.”

Deputy Matron?

“In Italia non esiste, ma comparandolo è praticamente il vice primario infermieristico.”

Quanto guadagnavi all’inizio? Quanto guadagni oggi? E quanto guadagnerai, viste le possibilità di carriera che offre l’UK…?

“All’inizio ero un band 5 e guadagnavo circa 24.000£ all’anno circa. Da settembre ricoprirò il ruolo di Deputy Matron, con un salario compreso tra 47.000 e 53.000 pounds annui (quando raggiungerò i 5 anni nel ruolo).”

Parlaci della “gavetta” iniziale (se c’è stata), di eventuali problemi con la lingua (se ci sono stati) e dei rapporti con gli altri membri dell’equipe in cui lavori.

“All’inizio è stato tutto molto difficile. La lingua era un ostacolo, certo, ma fortunatamente non ero la sola ‘europea’ a lavorare in quel reparto di medicina generale. Non userei la parola Gavetta, credo che invece sin dal primo giorno mi sono state offerte possibilità di crescita! 

Sopratutto quando ho iniziato in Dialisi. Dializzavo con i miei colleghi 60 paziente al giorno! Arrivavo a casa stanca ma felice perché facevo quello che volevo.

L’unità in cui lavoro ora (e anche quella precedente) è a gestione infermieristica. Ovviamente, se serve, il medico c’è. Si lavora in un team multidisciplinare dove il paziente è il cuore dell’assistenza e dove il parere di tutti è importante.

I medici, dal semplice specializzando al primario, chiedono spesso l’opinione di noi infermieri.”

Cos’è l’infermieristica italiana, rispetto a ciò che stai vivendo oltre manica?

“L’infermieristica italiana è una delle poche al mondo ad avere infermieri preparati e competenti, ma ahimè il sistema non li premia. Rimane tutto relegato alla teoria, molto diversa dalla realtà degli ospedali italiani. O ci si adatta, svilendosi, o si va via.”

Tornerai mai a lavorare in Italia? Ti manca il tuo paese?

“La mia Italia mi manca ogni giorno e c’è sempre del rammarico per essere stati costretti ad andare via. Non posso prevedere il futuro, so solo che ad oggi non tornerei a lavorare nel mio paese.”

Grazie, Angela.

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Alessio Biondino

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