Nicolò, infermiere italiano in Norvegia: “In Italia la professione è completamente svilita”

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Si è laureato in infermieristica alla fine del 2020 e, dopo una breve esperienza lavorativa presso l’Asl di Bari, ha deciso di fare le valige e di portare la sua professionalità lontano da casa, ai limiti dei confini europei, in un paese dove viene apprezzata decisamente meglio.

Una nuova avventura

Nicolò, questo il suo nome, ha raccontato la sua storia a Molfettalive: Ho voglia di raccontare la mia esperienza, non solo perché in tanti potrebbero identificarsi. Ma perché tanti altri potrebbero prendere spunto da questa e, se possibile, sfruttare la mia storia come trampolino per una nuova avventura”, ha dichiarato.

L’infermiere, che ha soli 24 anni, ha prima parlato della sua breve esperienza italiana: “Sono stato assunto con una pronta disponibilità da parte dell’ASLBA: vi era la necessità di implementare il personale, sia per fronteggiare l’emergenza data dal Covid-19, che proprio in quel periodo ha conosciuto i più alti numeri di contagio sia per portare avanti la campagna vaccinale”.

La breve esperienza italiana

Ed ha perciò iniziato a lavorare come infermiere a domicilio di pazienti positivi e, qualche mese dopo, come infermiere del Dipartimento di Prevenzione, attività che lo ha coinvolto anche nella vaccinazione anti-Covid della popolazione.

Poi, però, ha deciso di andare via dall’Italia. E i motivi sono inequivocabili: “Amo il mio lavoro e non volevo lasciare il mio Paese, soprattutto in un momento di crisi ma la mia professione è stata ed è tutt’ora completamente svilita, nonostante l’importanza dimostrata durante la pandemia”.

La decisione e la partenza

Nicolò aveva bisogno di qualcosa di nuovo, quindi. Di diverso, di stimolante, di più soddisfacente a livello professionale. E nell’agosto del 2021 si è imbattuto in un annuncio di lavoro offerto da Global Working che ricercava infermieri per la Norvegia.

L’agenzia, dopo il superamento di un primo colloquio conoscitivo, si impegnava ad offrire una formazione linguistica norvegese per poi mettere in contatto gli infermieri direttamente con le agenzie del territorio.

“Superato il mio primo colloquio già a settembre 2021, ho iniziato a studiare il norvegese da ottobre fino a pochi giorni prima della partenza, avvenuta a maggio 2022” ricorda il sanitario.

Il rispetto

“Oggi mi trovo a Fredrikstad, una città nelle vicinanze di Oslo; lavoro presso una casa di riposo e di riabilitazione psichiatrica. Potrò accedere a realtà più complesse e acute, alle quali auspico, una volta migliorato il mio livello di norvegese”.

Ad oggi, cos’è che trattiene il giovane infermiere in Norvegia? Nicolò sembra avere le idee piuttosto chiare:  “In Norvegia c’è rispetto per la professione, c’è collaborazione, scambio di pareri e una ‘discussione assistenziale’ maggiore, basti pensare che il rapporto infermiere-paziente è di 1:8 nelle realtà più semplici come la mia, ma può arrivare anche a 1:3 in ospedale e nelle aree più complesse In Italia questi numeri non sono neanche immaginabili per i livelli di assistenza che offriamo”.

Nostalgia sì, ma…

In lui non traspare la benché minima intenzione di tornare a lavorare in Italia, quindi. Almeno per ora. Anche se la nostalgia di casa si fa sentire: “Io sono figlio di un pescatore, il tipico molfettese e come mi ha insegnato il mio Ulisse: il mondo è troppo vasto per rimanere nella tua Itaca, per cui non penso di tornare a casa, almeno per i prossimi anni. So che la mia Molfetta, con il suo porto è sempre lì e, quando avrò terminato il mio viaggio, potrò sempre tornarci”.

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Alessio Biondino

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