Alessitimia: che cos’è, cause, diagnosi e trattamento

Olga Macellari 25/06/21
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La consapevolezza emotiva consiste nella capacità di riconoscere le proprie emozioni nel momento in cui hanno inizio e, essere consapevoli emotivamente a buoni livelli, si traduce in buon dialogo con sé stessi. Questo rappresenta il primo passo per rispettare le proprie esigenze e i propri bisogni quando si compiono le scelte quotidiane, anche quelle più importanti, ma non sempre questa area emotiva si sviluppa in maniera funzionale, dando origine ad una condizione conosciuta come Alessitimia.

In questo articolo si vuole descrivere in maniera generale l’Alessitimia e fare un piccolo focus sulla correlazione fra questa ed i disturbi del comportamento alimentare (DCA).

Che cos’è l’Alessitimia?

La carenza estrema di consapevolezza emotiva coincide con la negazione delle proprie emozioni che può essere la base della tendenza al silenzio emotivo, noto in psichiatria con il nome di Alessitimia, che letteralmente vuol dire “mancanza di parole per definire le emozioni” (dal greco a: mancanza; lèxis: parola; thimos: emozione).

Come si presenta il soggetto alessitimico

La persona con disturbo di Alessitimia mostra principalmente:

  • difficoltà nel descrivere i sentimenti;
  • difficoltà nel distinguere tra i sentimenti e le sensazioni fisiche che accompagnano le emozioni;
  • mancanza di introspezione;
  • vita immaginativa carente e scarsa capacità di descrivere le sensazioni;
  • pensiero orientato solo verso le cose pratiche.

I soggetti alessitimici provano emozioni, ma mostrano una importante difficoltà a verbalizzare i propri stati emotivi e, nella maggior parte dei casi, non ne hanno consapevolezza. Possono avere uno scoppio improvviso di emozioni intense come ad esempio la rabbia, ma non collegano questa emozione ad un episodio specifico o ad un ricordo.

La persona è confusa riguardo le proprie emozioni, in particolare rispetto ad ansia, tristezza e rabbia. In poche parole, manifesta somaticamente le emozioni, percependo gli effetti fisici, come ad esempio il batticuore, il nodo alla gola, la tensione muscolare, ma senza individuarne e conoscerne il significato, o dare loro un nome.

Cause dell’Alessitimia

Nelle cause del disturbo le ricerche hanno riportato in maniera evidente una mancanza o una bassa interrelazione o scambievolezza di affettività con le figure di attaccamento.

In particolare, riveste un ruolo centrale lo stile di attaccamento insicuro- evitante elaborato da Bowlby.

Questo disturbo può, inoltre, svilupparsi in seguito a un grave trauma (tratti alessitimici sono stati descritti nei veterani di guerra o in soggetti che hanno subito maltrattamenti o abusi di natura sessuale) o a malattie che portano ad uno stato di pericolo di vita come cancro o trapianto.

Neurofisiologia dell’Alessitimia

Varie teorie neurofisiologiche sono state formulate e proposte negli anni per spiegare l’eziologia di questo disturbo. Fra le più interessanti:

  • L’interruzione delle comunicazioni interemisferiche tramite corpo calloso e un cattivo funzionamento dell’emisfero destro possono essere due cause dello sviluppo dell’Alessitimia.
  • L’individuazione di due tipi di Alessitmia: tipo I e tipo II. L’alessitimia di tipo I è caratterizzata dall’assenza di esperienza emotiva; l’alessitimia di tipo II, pur conservando l’integrità dell’esperienza emotiva, consiste in un deficit riguardo all’espressione e alla valutazione cognitiva delle emozioni. Tali deficit possono essere conseguenze di traumi o di un inadeguato sviluppo delle funzioni di mentalizzazione.
  • Titchener, invece, osserva due condizioni particolari:
    • i neonati, già dai primi giorni di vita, sono turbati dal pianto di un altro bambino;
    • i bambini di un anno imitano e comprendono la sofferenza degli altri. Ragion per cui, Titchener vede nel mimetismo motorio il precursore dell’empatia, ritenendo che questa capacità si sviluppi già nella prima infanzia.

Alessitimia: Diagnosi e trattamento

Il test attualmente più diffuso e affidabile per la diagnosi dell’alessitimia è la TAS-20 (Toronto Alexithymia Scale), una scala psicometrica di autovalutazione a 20 domande (item), creata nel 1985 (come TAS-26, con 26 item) e revisionata poi nel 1992 (con riduzione a 20 item), per identificare la presenza delle tre caratteristiche ritenute alla base del disturbo:

  • la difficoltà nell’identificare i sentimenti;
  • la difficoltà nel descrivere i sentimenti altrui;
  • il pensiero orientato quasi solo all’esterno, e raramente verso i propri stessi processi endopsichici.

I risultati di trattamenti psicologici appropriati per tale disturbo prevedono l’apprendimento di strategie di coping come: pianificazione, sfogo emozionale, reinterpretazione, crescita e umorismo.

Emozioni e Disturbi del comportamento Alimentare (DCA)

È stato dimostrato che in pazienti con Disturbi del Comportamento Alimentare esposti ad espressioni facciali, si ha una rilevante incapacità di comprensione emozionale e tentativi di mettere in atto strategie per evitare di empatizzare, limitando l’esperienza emozionale in genrale ed evitando emozioni paurose e/o sgradevoli.

I pazienti con DCA hanno, quindi, difficoltà nell’identificare i loro sentimenti (specialmente rabbia e affetti negativi) e nell’esprimerli verbalmente.

Il comportamento alimentare “contiene” l’esperienza emozionale (ovvero crea un’illusione di contenimento), rinforzando il senso di inviolabilità e di integrità psicologica, fino a divenire meccanismo di difesa compulsivo finalizzato a regolare stati di tensione intollerabili.

Anche se l’alessitimia non è direttamente legata all’abbuffarsi, al disturbo dell’immagine corporea o ad una ricerca ossessiva della magrezza, esistono prove empiriche sulla correlazione tra il costrutto e vari tratti psicologici fondamentali dei disturbi del comportamento alimentare, come:

  • la confusione enterocettiva,
  • la dispercezione dell’immagine corporea,
  • il senso di incapacità,
  • la alterata percezione della fame, che rappresenta la maggiore difficoltà nel distinguere stimoli interni ed esterni, emozioni e sensazioni.

Inoltre, sembra che l’alto tasso di ricaduta dei pazienti con disturbi del comportamento alimentare sia relazionato alla presenza di tratti alessitimici e al deficit di regolazione degli affetti.

Binge eating disorder, Anoressia e Bulimia

Mangiare per ragioni emotive o in relazione a stati emotivi (emotional eating) è una delle principali cause di una relazione conflittuale con il cibo, che può sfociare, nei casi più gravi, nel binge eating disorder o disturbo da alimentazione incontrollata. Invece di esprimere le proprie emozioni, si tende a soffocarle attraverso cibi “confortevoli” che, nell’immediato, portano ad un senso di appagamento, ma, successivamente, conducono al senso di colpa, capace di minare l’autostima e peggiorare lo stato di salute e la qualità di vita della persona.

Inoltre, alcuni studi definiscono l’alessitimia come un tratto stabile sia in pazienti anoressiche che bulimiche, in particolare:

  • le pazienti anoressiche sembrano essere emotivamente non consapevoli,
  • le pazienti bulimiche hanno difficoltà nella regolazione delle emozioni.

Quanto sono importanti le emozioni?

Le emozioni sono alla base delle nostre azioni.

Il termine deriva dal latino “emovère” che significa letteralmente “trasportare fuori, smuovere, scuotere”.

Per questo, seppure i ritmi del vivere quotidiano a volte ci impediscono di fermarci a riflettere, è importantissimo ASCOLTARSI ed ESPRIMERE le proprie emozioni.

Bene, rendiamo cosciente l’emotività, lasciamo parlare le nostre emozioni!

Autrice: Olga Macellari

Fonti

  • Balottin L, Bomba M, Mannarini S, Nacinovich R. Alexithymia in parents and adolescent anorexic daughters: comparing the responses to TSIA and TAS-20 scales. Neuropsychiatric Disease and Treatment. 2014:10 1941–1951
  • Bertelli S, Bogni M, Caslini M, Clerici M, Duranti G, Garghentini G, Pini E, Scarone S, Zappa LE. Alexithymia: usefulness of the concept in eating disorders. Preliminary investigation in a clinical sample. Journal of Psychopathology. 2012; 18:19-27
  • Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – DSM5. American Psychiatric Association. 2013

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