Infermiera costretta a lavorare 17 ore. Finisce al Pronto Soccorso

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Il caso dell’infermiera costretta a lavorare per 17 ore di seguito, suscita grande meraviglia, forse non più di tanto per chi affolla le corsie degli ospedali italiani, strapieni di gente, con poco personale sanitario che lavora veramente e molti altri magicamente a rinsaldare le fila degli “imboscati”, degli “amministrativi”, ecc…, forse la meraviglia è per noi di Dimensione Infermiere che con attenzione osserviamo gli sviluppi della professione infermieristica e dei suoi inciampi.

Infermiera costretta a lavorare ben oltre l’orario lavorativo

L’episodio dell’infermiera che ha accusato un malore dopo essere stata costretta a lavorare per 17 ore di seguito presso l’ospedale di Milazzo (ME), è emblematico di un difetto congenito nel SSN che non fa altro che aumentare a dismisura il debito con i suoi stessi dipendenti e con i suoi pazienti.

Registrare questo episodio entro l’ambito del possibile è la prova che molto ancora deve essere fatto. Basterebbe il solo rispetto delle regole comuni per evitare di assistere a tali brutali momenti di precarietà.

A tal riguardo, le disposizioni normative sono chiare, e non lasciano spazio ad interpretazioni di sorta, la Legge 161/2014 disciplina la materia stabilendo vari limiti entro i quali non è consentito andare oltre:

  • Rispetto del limite massimo di 12 ore e 50′ di lavoro giornaliero. Compreso quindi di pausa di  10 min dopo 6 ore di lavoro. ai sensi dell’art. 8 D.lgs. 66/2003.
  • Rispetto del limite massimo di 48 ore di durata media dell’orario di lavoro settimanale,  compreso lo straordinario. La media delle 48 ore va calcolata su un periodo mobile di 4 mesi.
  • Rispetto del limite minimo di 11 ore continuative di riposo nell’arco di un giorno.

Aspetto ulteriore sul quale porre l’attenzione è la mancata possibilità di trovare scusanti per il comportamento posto in essere dall’azienda sanitaria. Le possibili ed eventuali deroghe a lavoro continuato da parte del personale sanitario si possono avere infatti solo se introdotte dal contratto collettivo nazionale del lavoro o da accordi nazionali, sono quindi nulli gli accordi sottoscritti a livello regionale o aziendale. Inoltre chi volesse manifestare l’intenzione di appiopparvi 17 ore di lavoro consecutive dopo aver già fatto il turno di notte, deve tenere in mente che le ulteriori ed eventuali deroghe possono si avvenire il base al comma 1 dell’art 17 del D.lgs. 66/2003., ma queste secondo la giurisprudenza comunitaria devono “essere interpretate in modo che la loro portata sia limitata a quanto strettamente necessario alla tutela degli interessi che tali deroghe permettono di proteggere“. Evidenziando come tali deroghe abbiano carattere assolutamente eccezionale.

 

Non è umano lavorare 17 ore consecutive

Evidentemente il buon senso non basta a fare intendere come sia poco rispondente al carattere di civiltà raggiunta da chi ha lottato per il diritto al lavoro, che una prestazione di 17 ore consecutive in un giorno non sia umanamente accettabile. Ma il fatto è proprio questo, dei due infermieri ai quali era stato richiesto di colmare il vuoto d’organico, uno è riuscito a finire il doppio turno, immaginate adesso cosa sarebbe accaduto se anche il professionista sanitaria costretta al ricovero al pronto soccorso dopo 15 ore di lavoro avrebbe finito il suo turno, di sicuro nessuno ne avrebbe parlato, nessuno ne avrebbe avuto conoscenza, non sarebbe cambiato nulla.

Ciò deve cambiare è proprio questo. Non possiamo più permetterci di avanzare proposte di avanzamento della categoria se rimaniamo vincolati a tali modalità di intendere il lavoro. Non è facile ma si deve fare.

 

Martino Di Caudo

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