Cannula orofaringea: storia, impiego e posizionamento del dispositivo

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La cannula orofaringea: un dispositivo medico che, nonostante la sua semplicità di forma e di utilizzo, ha un enorme impatto sulle manovre di assistenza ventilatoria o di rianimazione.

Cannula oro-faringea: da dove nasce?

Arthur Ernest Guedel fu un anestesista americano che rivoluzionò la pratica anestesiologica con i suoi studi sugli agenti inalatori e la definizione delle fasi dell’anestesia.

Nel 1933 sviluppò le cannule orofaringee in gomma che limitavano i danni orali durante l’immissione al paziente rispetto ai dispositivi in metallo. Questo presidio è diventato talmente popolare da venire utilizzato ancora ai nostri giorni con un design simile a quello originare.

Descrizione e impiego della cannula Guedel

La cannula orofaringea è costituita di materiale plastico rigido e di forma anatomica, e viene utilizzata per il mantenimento pervio delle via aeree superiori impedendo la caduta della lingua e causare così ostruzione, garantendo quindi un adeguato afflusso di aria.

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Altro impiego comune può essere quello di assicurare una rapida via di accesso per un’aspirazione dall’ipofaringe. Esistono varianti delle cannule orofaringee (cannula di Mayo, Guedel, Bierman…), ma le differenze sono così effimere che non viene utilizzato un termine per indicarne una specifica.

Ciò che è essenziale durante la pratica di assistenza ventilatoria, sia essa legata ad un intervento elettivo o rianimatorio, è garantire al paziente un’adeguata immissione polmonare di ossigeno, ma spesso le condizioni cliniche (es: obesità, patologie polmonari ecc..) o le caratteristiche morfologiche (macroglossia, edentulia, prognatismo ecc…) possono impedire questa essenziale condizione.

Ecco che allora questo semplice dispositivo garantisce una ventilazione ottimale, grazie al quale mantenere un’attività ventilatoria di mantenimento o per poter proseguire ad un’intubazione orotracheale dopo un’adeguata preossigenazione.

Quali sono le fasi di posizionamento della cannula orofaringea?

  1. Dobbiamo assicurarci l’accessibilità del cavo orale del paziente: iperestensione del capo, sollevamento del mento, sollevamento della mandibola, ecc…
  2. Aprire la bocca del soggetto con pollice e indice di una mano (sublussazione della mandibola).
  3. Inserire la cannula della giusta misura (che viene stimata valutando la distanza tra il lobo dell’orecchio e l’angolo della bocca) con la concavità rivolta verso il palato del soggetto
  4. Dobbiamo quindi eseguire una rotazione di 180° della cannula, spingendo delicatamente verso il basso e “caricando” la lingua, fino al completo posizionamento.e) Siamo quindi al momento di fissare la cannula.

Nella mia pratica comune di sala operatoria non posso che confermare quanto questo presidio sia estremamente essenziale in molte circostanze, determinando una sostanziale differenza nella ventilazione e nella delicata fase del risveglio del paziente.

In quest’ultima fase, le reazioni conseguenti all’anestesia spesso provocano una serratura della bocca e quindi una possibile difficoltà ventilatoria o impossibilità di aspirazione delle secrezioni in eccesso, e possono venire prontamente contrastati grazie alla cannula orofaringea o nelle pratiche sedative per il mantenimento di un’adeguata saturazione.

AutriceMartina Urracci – Tecnico di anestesia presso “Clinica Parioli”

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Martina Urracci

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