Stipendi troppo bassi, sfruttamento, demansionamento e turni massacranti al limite della schiavitù: è questa la realtà delle RSA italiane, sempre più a corto di personale a causa della fuga degli operatori sanitari verso il pubblico.
Anche la Uil Fpl Toscana e area vasta centro ha denunciato una situazione non più tollerabile: «Schiavitù sembrerebbe una parola troppo forte, ma di fatto quando non esiste alcun diritto e ci sono solo doveri non si può parlare di lavoro.
I turni massacranti, il poco personale, i rientri in servizio sono sempre stati una costante in questi servizi. La banca ore in negativo evidenzia la flessibilità richiesta ai lavoratori che trasformano così il proprio contratto da subordinato a chiamata.
Alcuni datori di lavoro adottano da sempre l’organizzazione più conveniente per abbattere i costi, come se l’applicazione di contratti non conformi e l’appaltare i servizi assistenziali non bastasse. Gli infermieri sono la massima carica sanitaria all’interno della Rsa, ma spesso devono combattere con orari non sufficienti a espletare la propria mansione, stipendi inadeguati e turni massacranti. Educatori, animatori, fisioterapisti sono figure professionali spesso utilizzate per la vigilanza e rese, amaramente, residuali».
«A fronte di questa situazione – continuano dalla Uil Fpl – non può meravigliare se nessuno vuole più lavorare nelle Rsa. Per invertire la tendenza e garantire agli anziani un servizio adeguato occorre ripartire da stipendi adeguati, con una valorizzazione delle professionalità e una riorganizzazione del lavoro».
L’emblematica testimonianza di Giovanna, infermiera (VEDI La Nazione), rende l’idea dell’incubo lavorativo di cui sopra: «Sono infermiera in una Rsa da 6 anni e mezzo. Sono entrata appena laureata e come trampolino di lancio è stato positivo.
Il problema resta quando ogni mese arriva lo stipendio: circa 1400 euro, dopo 158162 ore lavorate, doppi turni nello stesso giorno e a volte rientri nel libero per sopperire alle mancanze di personale. I turni sono composti così: la mattina due infermieri per 62 pazienti, di cui uno con orario ridotto e l’altro che entra alle 7 e termina alle 13.30.
Il pomeriggio l’infermiere è uno solo. Ciò porta a domandarsi se realmente dobbiamo continuare così, rischiando di sbagliare e di essere sfiniti a ogni inizio e fine turno».
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