Competenze infermieristiche nella gestione dell’ipotermia intraoperatoria

Redazione 18/04/19
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Competenze infermieristiche nel monitoraggio della temperatura corporea e nella gestione dell’ipotermia intraoperatoria

di Davide Bove

Tutor didattico CdL Infermieristica Università degli Studi di Roma Tor Vergata – sede ASL Roma 2, Polo Formativo S. Eugenio


La temperatura corporea è uno degli indici fondamentali dello stato di salute della persona. Questo parametro è il risultato di un equilibrio esistente tra la quantità di calore prodotta e la quantità di calore disperso dall’organismo, che viene mantenuto costante generando una condizione di omeotermia fisiologica che nell’uomo è regolata dal SNC.

Reagendo agli stimoli esterni ed interni all’organismo, vengono attivati nel SNC, e in particolare a livello della regione preottica dell’ipotalamo dove sono presenti i centri termoregolatori, dei fenomeni finalizzati, a seconda delle necessità, ad aumentare o diminuire la produzione o la dispersione di calore. Gli stimoli interni o esterni rilevano le temperature più basse, o più alte, rispetto alla temperatura centrale media, che si aggira intorno ai 37° C ± 0,5° C. Tale valore varia, dunque, in media di 0,5° C, cambia da individuo a individuo, anche a causa di fattori individuali ed esterni verso cui l’organismo è sensibile. Le variazioni della temperatura corporea, determinate dai suddetti fattori, necessitano di risposte termoregolatorie. Tali risposte possono essere di due tipologie: una comportamentale e una neurovegetativa. La prima è il meccanismo di compensazione principale e comprende, in base alle necessità, il ricorso a indumenti idonei per coprire la superficie corporea e il movimento attivo. La seconda, invece, comprende fenomeni quali la vasocostrizione, l’erezione pilifera, i brividi e la termogenesi metabolica nel caso delle basse temperature; la vasodilatazione e la sudorazione nel caso di quelle alte.

L’ipotermia

L’ipotermia è definita una riduzione della temperatura corporea al di sotto del valore soglia. Questa condizione è determinata da un’alterazione del sistema di termoregolazione, per l’inibizione del meccanismo fisiologico compensatorio di diminuzione della dispersione termica.

Esistono tre gradi di ipotermia: leggera (la TC è > 34° C), moderata (la TC è compresa tra 34 e 30° C), severa (la TC è < di 30° C).

L’organismo reagisce all’ipotermia aumentando la termogenesi e diminuendo la termodispersione. Molteplici sono i fattori che possono innescare l’ipotermia. L’esposizione a un ambiente esterno freddo è la causa scatenante, spesso accompagnata da altre cause concomitanti, tra cui le modificazioni fisiologiche legate all’età, alcuni farmaci e alcune patologie, spesso di origine endocrina, che riducono la produzione di calore o ne aumentano la perdita. Una temperatura ambientale di 15° C è in grado di favorire l’instaurarsi di una condizione d’ipotermia, sebbene a quest’ultima siano legati fattori individuali. Le persone anziane, ad esempio, possono andare incontro a ipotermia anche a temperature di 22-24° C. Oltre a ciò, l’ipotermia ha una maggiore incidenza nei neonati, nelle persone che fanno uso abituale di sostanze alcooliche, nelle persone che presentano disabilità mentale e nelle persone che per necessità, o per abitudine, stazionano per lungo tempo in ambienti freddi.

L’ipotermia può essere annoverata anche tra le complicanze di un intervento chirurgico. La sala operatoria è un ambiente caratterizzato da un microclima ben definito e da temperature piuttosto basse che oscillano tra i 20 e i 23° C. Tale situazione è in grado di determinare una condizione d’ipotermia. Altri fattori favorenti possono essere l’età, il sesso, la costituzione fisica, le patologie concomitanti, l’anestesia generale e loco-regionale, le posizioni sul letto operatorio, le infusioni di liquidi a temperatura ambiente, i metodi di preparazione della cute, le procedure e le tecniche chirurgiche con ampia superficie corporea trattata ed esposta, l’utilizzo di soluzioni di lavaggio non riscaldate. L’ipotermia intraoperatoria, o postoperatoria, può determinare gravi complicanze quali l’ischemia miocardica e i disturbi della coagulazione, pertanto è necessario riconoscerla e gestirla in maniera tempestiva.

Il monitoraggio intraoperatorio

Durante un intervento chirurgico la temperatura corporea scende inevitabilmente e bruscamente di 1-1,5° C nel corso della prima ora, per poi seguire una riduzione più lenta fino alla stabilizzazione nella seconda-terza ora. Può scendere al di sotto dei 35° C e giungere fino a 32° (ipotermia lieve), può scendere al di sotto dei 32°C e raggiungere i 30° C (ipotermia moderata), ma può anche scendere al di sotto dei 30°C (ipotermia severa). L’instaurarsi dell’ipotermia, specie di quella severa, se non riconosciuta porta ad acidosi metabolica, significative alterazioni elettrolitiche, in particolare iperpotassiemia, coagulopatie, ipotensione e aritmie, come la fibrillazione ventricolare, fino all’asistolia

Il monitoraggio intraoperatorio della temperatura corporea è una specifica competenza infermieristica e può essere realizzato per mezzo di diversi dispositivi e sistemi che si differenziano per sede, per accuratezza, per tipologia di temperatura rilevata (centrale o riflessa) e per invasività della misurazione.

Guida al monitoraggio in Area Critica

Il monitoraggio è probabilmente l’attività che impegna maggiormente l’infermiere qualunque sia l’area intensiva in cui opera.Non può esistere area critica senza monitoraggio intensivo, che non serve tanto per curare quanto per fornire indicazioni necessarie ad agevolare la decisione assistenziale, clinica e diagnostico-terapeutica, perché rilevando continuamente i dati si possono ridurre rischi o complicanze cliniche.Il monitoraggio intensivo, spesso condotto con strumenti sofisticati, è una guida formidabile per infermieri e medici nella cura dei loro malati. La letteratura conferma infatti che gli eventi avversi, persino il peggiore e infausto, l’arresto cardiocircolatorio, non sono improvvisi ma solitamente vengono preannunciati dal peggioramento dei parametri vitali fin dalle 6-8 ore precedenti.Il monitoraggio è quindi l’attività “salvavita” che permette di fare la differenza nel riconoscere precocemente l’evento avverso e migliorare i risultati finali in termini di morbilità e mortalità.Riconosciuto come fondamentale, in questo contesto, il ruolo dell’infermiere, per precisione, accuratezza, abilità nell’uso della strumentazione, conoscenza e interpretazione dei parametri rilevati, questo volume è rivolto al professionista esperto, che mette alla prova nelle sue conoscenze e aggiorna nel suo lavoro quotidiano, fornendo interessanti spunti di riflessione, ma anche al “novizio”, a cui permette di comprendere e di utilizzare al meglio le modalità di monitoraggio.   A cura di:Gian Domenico Giusti, Infermiere presso Azienda Ospedaliero Universitaria di Perugia in UTI (Unità di Terapia Intensiva). Dottore Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Master I livello in Infermieristica in anestesia e terapia intensiva. Professore a contratto Università degli Studi di Perugia. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.Maria Benetton, Infermiera presso Azienda ULSS 9 di Treviso. Tutor Corso di laurea in Infermieristica e Professore a contratto Università degli Studi di Padova. Direttore della rivista “SCENARIO. Il nursing nella sopravvivenza”. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.

a cura di Gian Domenico Giusti e Maria Benetton | 2015 Maggioli Editore

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Siti e metodi per la rilevazione della temperatura centrale:

1) Il catetere arterioso polmonare o di Swan Ganz, un dispositivo di monitoraggio emodinamico, che consente di monitorare in maniera continua la portata cardiaca e l’ossimetria venosa mista, nonché la frazione di eiezione del ventricolo destro e il volume ventricolare destro di fine diastole. Il catetere viene introdotto in una vena di grosso calibro, come ad esempio la vena giugulare interna, la vena succlavia, oppure la vena femorale comune, per mezzo di un introduttore, e può giungere in atrio destro, quindi nel ventricolo e di conseguenza in arteria polmonare. Il suo posizionamento in arteria polmonare permette la misurazione della pressione venosa centrale, della pressione arteriosa e della temperatura ematica.

2) La parte distale dell’esofago rappresenta un sito di misurazione affidabile. La temperatura viene misurata tramite un sensore presente all’interno di una sonda esofagea, che viene posizionata all’altezza del quarto inferiore dell’esofago, davanti al cuore e lontana dalla carena tracheale. In questa posizione viene misurata la temperatura del sangue aortico. Nei pazienti intubati, la misurazione della temperatura esofagea è il metodo più semplice ed affidabile per il monitoraggio della temperatura centrale.

3) La membrana timpanica è un ulteriore sito affidabile per la rilevazione della temperatura centrale, data la posizione ravvicinata del timpano all’arteria carotide e all’ipotalamo. La misurazione richiede un trasduttore, che deve essere posto a contatto con la membrana timpanica. Questa misurazione riflette la temperatura ipotalamica e quindi quella centrale. A livello della membrana timpanica possono essere utilizzati anche strumenti di rilevazione non invasiva come i termometri a raggi infrarossi.

4) Il nasofaringe può essere considerato un valido sito per la misurazione della temperatura centrale. La misurazione viene effettuata per mezzo di una sonda nasofaringea. La corretta profondità da raggiungere con la sonda è uguale alla distanza fra narice e meato uditivo esterno.

Siti e metodi per la rilevazione delle temperatura riflessa:

1) La vescica: in questa sede la temperatura può essere misurata per mezzo di un catetere vescicale con l’aiuto di un trasduttore. La sonda viene posizionata sul catetere stesso e risulta semplice da posizionare e utile per il monitoraggio a lungo termine. La sua accuratezza dipende dal flusso dell’urina, pertanto, più è alto il flusso e più il valore sarà accurato.

2) Nel retto, l’inserimento di una sonda può fornire informazioni attendibili sulla temperatura centrale, ma può essere influenzata dalla presenza di feci e batteri, i quali producono calore, e dunque la temperatura rettale risulta essere superiore a quella centrale.

3) Il cavo orale e l’ascella sono siti usati prevalentemente per misurare la temperatura corporea nel periodo postoperatorio. L’accuratezza e la precisione del termometro ascellare sono molto inferiori rispetto al termometro orale.

4) La superficie cutanea può essere usata come sito di rilevazione della temperatura corporea tramite l’applicazione, generalmente sulla fronte, di strisce adesive contenenti cristalli liquidi. Si tratta di dispositivi semplici da utilizzare, ma poco accurati ed affidabili.

Metodi per la prevenzione dell’ipotermia intraoperatoria

In letteratura sono descritti numerosi metodi efficaci per la prevenzione dell’ipotermia intraoperatoria:

1) Riscaldatori di liquidi: l’infusione di liquidi ad una temperatura di 37° C può contribuire a ridurre l’incidenza dell’ipotermia. I liquidi possono essere scaldati sia prima che durante l’infusione

2) Sistemi di riscaldamento esterno, attivi o passivi.

Per quanto riguarda i sistemi di riscaldamento esterno passivi, è possibile utilizzare coperte metalliche, al fine di creare un isolamento del paziente e di ridurre la dispersione del calore.

Fra i sistemi di riscaldamento esterno attivi si possono trovare:

  • I materassini ad acqua, che risultano essere poco efficaci e poco sicuri per il paziente.

  • Sistemi forced air warming. I sistemi ad aria calda sono i più efficaci per il riscaldamento del paziente e la prevenzione dell’ipotermia intraoperatoria. Per limitare la perdita iniziale di temperatura corporea, si può ricorrere al riscaldamento del paziente per trenta minuti prima dell’induzione dell’anestesia. Tali sistemi funzionano forzando aria riscaldata attraverso il dispositivo di riscaldamento, che è in contatto diretto con la cute del paziente. L’aria forzata passa all’interno attraverso i pori del tessuto della coperta, formando uno specifico e caldo microclima intorno al paziente.

In conclusione, si sottolinea il ruolo fondamentale dell’infermiere nella corretta prevenzione dell’ipotermia intraoperatoria, al fine di evitare o limitare gli outcome negativi che l’ipotermia ha sull’organismo, migliorando così il comfort del paziente nel postoperatorio e, più in generale, l’intero processo di assistenza infermieristica.

Per approfondire

Bashaw, M. A. (2016). Guideline implementation: preventing hypothermia. AORN journal103(3), 304-313.

Di Marco, P., Canneti, A. (2017). Normotermia perioperatoria. Buone pratiche cliniche SIAARTI. Disponibile all’indirizzo www.siaarti.it/standardclinici

NICE (National Institute for Health and Clinical Excellence). Hypothermia: prevention and management in adults having surgery (CG65) Clinical guideline. 23 April 2008. Last updated December 2016. Disponibile all’indirizzo http://nice.org.uk/guidance/cg65

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