Coronavirus al Sud: solo comportamenti corretti salveranno il meridione

Dario Tobruk 24/03/20
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Il problema “Coronavirus al Sud” è iniziato il 7 marzo, quando circa 41000 persone sono partite dalle zone contrassegnate come “rosse” del Nord Italia per ritornare nelle proprie regioni di nascita: Puglia, Basilicata, Sardegna, Campania, Sicilia e Calabria.

Il giorno prima del decreto che imponeva stringenti misure di contenimento, migliaia di persone, alla lettura della bozza del decreto, fuggirono in massa diretti verso altri lidi: distribuendo e diffondendo il Coronavirus al Sud, con il pericolo di contagiare i propri famigliari e di conseguenza le proprie comunità.

Coronavirus al Sud: cosa succederà?

Tutti i governatori delle regioni interessate dall’esodo di massa di migliaia di persone a rischio contagio Coronavirus, quasi all’unanimità, hanno elencato le seguenti istruzioni:  autodenunciarsi come proveniente da zona rossa presso il proprio medico di famiglia e mantenere l’isolamento per 14 giorni, escludendo ogni contatto sociale.

Il problema come denunciato dal prof. Angarano, direttore di Malattie infettive al Policlinico di Bari, intervistato dal Corriere del Mezzogiorno, è che molti dei loro parenti sono stati infettati dal virus e costretti a ricoveri urgenti. Quindi confermato il fatto che molte persone sono contagiose, il Coronavirus è adesso un problema anche del meridione.

A causa di questo fenomeno, in caso di previsioni pessimistiche, un picco del contagio è possibile verso aprile. Il problema come riconosciuto da tutti è che, se il contagio dovesse raggiungere le proporzioni della Lombardia e del Veneto, i sistemi sanitari regionali delle regioni del Sud non potrebbero mai sopportare lo stesso stress affrontato da quelle del Nord, tipicamente modelli sanitari più forti e più efficienti.

La risposta del Sud al Coronavirus

I governatori regionali si stanno mobilitando per sfruttare al meglio questo gap temporale tra le curve di contagio del Nord e del Sud per rinforzare le proprie difese contro la probabile onda d’urto del contagio, attraverso le stesse misure già disposte nel settentrione:

  • isolamento e contenimento delle persone;
  • approvvigionamento del materiale, del personale e dei posti letto di terapia intensiva.

CORONAVIRUS COVID-19

La storia ci insegna che da sempre le società umane combattono, ciclicamente, la loro guerra contro le epidemie, questo nemico astuto, insidioso, implacabile, e soprattutto, privo di emozioni e scrupoli. Eppure, le società umane hanno sempre vinto. Oggi il progresso scientifico e tecnologico sembra librarsi ad altezze vertiginose. Ma, nella guerra contro le epidemie, le armi dell’umanità sono e saranno probabilmente le stesse di quelle che avevamo a disposizione quando questo inarrestabile progresso aveva appena cominciato a svilupparsi, come nel XV secolo della Repubblica di Venezia, nell’800, nei primi anni del ’900. Oggi, è vero, la comunità internazionale può contare su un’incrementata capacità di sorveglianza epidemiologica, su una solida esperienza nella collaborazione tra Stati, su laboratori in grado di identificare i virus e fare diagnosi, su conoscenze scientifiche in continuo progresso, su servizi sanitari sempre migliori, su agenzie internazionali come l’OMS, l’ISS italiano e il CDC americano. Ma oltre alle conoscenze, ai vaccini e ai farmaci, all’organizzazione dei servizi sanitari, per affrontare con successo le epidemie è molto importante il senso di appartenenza alla comunità, la solidarietà sociale e l’aiuto reciproco fra persone. Di fronte ad una minaccia sanitaria, la fiducia nello Stato e nelle scelte delle autorità sanitarie, la consapevolezza del rischio e la solidarietà umana possono aver la meglio sull’ignoranza, l’irrazionalità, il panico, la fuga e il prevalere dell’egoismo che in tutti gli eventi epidemici della storia hanno avuto grande rilevanza.     Walter Pasiniè un esperto di sanità internazionale e di Travel Medicine. Ha diretto dal 1988 al 2008 il primo Centro Collaboratore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la Travel Medicine.

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Importanti azioni di contrasto ma tutto sta nei comportamenti dei cittadini

Dall’esperienza vissuta dalle regioni del Nord è ormai ovvio a tutti che il grosso della lotta, sta, nella collaborazione dei cittadini. Noi ne abbiamo già parlato e vi invitiamo a leggere il nostro articolo che spiega nei dettagli cosa fare e cosa non fare:

Lo stesso Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di Sanità, ha dichiarato:

La situazione reale nelle regioni del Sud è che il virus circola, ma c’è ancora un numero contenuto di casi. La grande opportunità rispetto a quanto successo al Nord è che si riesca a evitare l’esplosione di contagi grazie ai comportamenti di distanziamento sociale: se i cittadini riescono a essere rigorosissimi si riuscirà a garantire l’assistenza a tutti coloro che ne avranno bisogno. Molto dipende dai comportamenti abbiamo dei parametri che ci dicono quanto si diffonde il virus: tanto più velocemente si diffonde, tanto più velocemente c’è il rischio che nello stesso momento ci sia un fabbisogno elevato. Le curve epidemiche si possono modificare in funzione dei comportamenti per tutelare se stessi, ma anche le persone più fragili.

il Coronavirus al Sud è come una bomba ad orologeria, e l’unico modo per dissinescarla è che i cittadini attuino tutte le regole che gli verranno imposte:

Non abbiamo dati certi di quanti siano rientrati da Nord a Sud, però certamente in tanti possono potenzialmente portare il virus. Per questo è essenziale che chi ha certezza di essere stato a contatto con persone positive, segnali la situazione alle autorità sanitarie e adotti le misure di quarantena anche in casa, per evitare di mettere a rischio i familiari. A maggior ragione se si presentano dei sintomi. Ma le regole valgono per tutti e vanno seguite rigidamente, serve responsabilità. Non è una scelta opzionale, altrimenti il sistema sanitario non ce la fa ad assistere tutti. Credo che i cittadini lo abbiano capito e invito tutti a consultare le indicazioni e le istruzioni che abbiamo pubblicato sul sito dell’Iss.”

Ad oggi il coronavirus al Sud non è esploso come al Nord ma i comportamenti denunciati dai governatori non fa ben sperare:

 

 

per cui molti di loro, tra cui De Luca e Musumeci, governatori rispettivamente della Campania e della Sicilia, chiedono la militarizzazione del Paese.

Le persone più deboli e più anziane sono in gravissimo pericolo – ha detto – è per loro che stiamo facendo tutto questo. Stiamo in casa chiusi a lavorare a fare tutto il necessario per evitare di perdere i più deboli di noi. Perché questo avvenga dobbiamo difendere gli ospedali e fare in modo che le strutture sanitarie possano curarli come si deve anche se gli ammalati saranno tantissimi”. Questo l’appello di Emiliano, governatore della Puglia.

Nella speranza che i loro appelli vengano ascoltati dalla popolazione, noi di Dimensione Infermiere non possiamo che appellarci, con tutto il cuore, al buonsenso della popolazione meridionale, di cui molti di noi (io stesso), ne facciamo parte. Anche se adesso siamo impegnati a combattere in prima linea la guerra contro il Coronavirus, i nostri pensieri sono equamente divisi tra la preoccupazione del presente qui al Nord e quella futura, lì al Sud. Dove tutti i nostri cari rischiano la vita.

Quindi restate a casa e aiutateci ad aiutarvi. Solo voi potete salvare il Sud.

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Dario Tobruk

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