Coronavirus: l’umidità delle mascherine riduce la gravità del Covid

Redazione 17/02/21
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Non è solo un dispositivo per proteggere le persone dai contagi ma riduce anche la gravità della malattia da contagio da Covid. Lo studio pubblicato da un team di ricercatori del National Institutes of Health, su Biophysical Journal suggerisce l’ipotesi che le mascherine possano avere un effetto indiretto di sostegno al sistema immunitario.


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Grazie all’umidità prodotta all’interno delle mascherine, chi le indossa aumenta l’umidità inspirata e diminuisce la disidratazione provocata dall’espirio. È stato dimostrato come l’idratazione delle alte vie respiratorie sia associata ad una maggiore attività immunitaria, tipicamente porta d’accesso del coronavirus. Quindi le mascherine possono essere in grado di favorire una buona risposta al virus oltre a ridurre i contagi. E questo spiega i dati che indicano come chi indossa la mascherina abbia statisticamente contagi più lievi.

L’autore principale dello studio, Adriaan Bax afferma: “Abbiamo scoperto che le mascherine per il viso aumentano fortemente l’umidità nell’aria inalata  e proponiamo che la risultante idratazione delle vie respiratorie potrebbe essere responsabile di scoperte documentate che collega la minore gravità della malattia Covid-19 all’uso di questo dispositivo di protezione. È stato dimostrato che alti livelli di umidità mitigano la gravità dell’influenza e potrebbero essere applicabili alla gravità  del Covid-19 attraverso un meccanismo simile”.

Guida al monitoraggio in Area Critica

Il monitoraggio è probabilmente l’attività che impegna maggiormente l’infermiere qualunque sia l’area intensiva in cui opera.Non può esistere area critica senza monitoraggio intensivo, che non serve tanto per curare quanto per fornire indicazioni necessarie ad agevolare la decisione assistenziale, clinica e diagnostico-terapeutica, perché rilevando continuamente i dati si possono ridurre rischi o complicanze cliniche.Il monitoraggio intensivo, spesso condotto con strumenti sofisticati, è una guida formidabile per infermieri e medici nella cura dei loro malati. La letteratura conferma infatti che gli eventi avversi, persino il peggiore e infausto, l’arresto cardiocircolatorio, non sono improvvisi ma solitamente vengono preannunciati dal peggioramento dei parametri vitali fin dalle 6-8 ore precedenti.Il monitoraggio è quindi l’attività “salvavita” che permette di fare la differenza nel riconoscere precocemente l’evento avverso e migliorare i risultati finali in termini di morbilità e mortalità.Riconosciuto come fondamentale, in questo contesto, il ruolo dell’infermiere, per precisione, accuratezza, abilità nell’uso della strumentazione, conoscenza e interpretazione dei parametri rilevati, questo volume è rivolto al professionista esperto, che mette alla prova nelle sue conoscenze e aggiorna nel suo lavoro quotidiano, fornendo interessanti spunti di riflessione, ma anche al “novizio”, a cui permette di comprendere e di utilizzare al meglio le modalità di monitoraggio.   A cura di:Gian Domenico Giusti, Infermiere presso Azienda Ospedaliero Universitaria di Perugia in UTI (Unità di Terapia Intensiva). Dottore Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Master I livello in Infermieristica in anestesia e terapia intensiva. Professore a contratto Università degli Studi di Perugia. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.Maria Benetton, Infermiera presso Azienda ULSS 9 di Treviso. Tutor Corso di laurea in Infermieristica e Professore a contratto Università degli Studi di Padova. Direttore della rivista “SCENARIO. Il nursing nella sopravvivenza”. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.

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Lo studio non si è limitato ad un generico consenso verso tutte le mascherine, ma cita come le maschere di cotone siano responsabili di un livello di umidità maggiore. Altri tipi di maschere come la N95, la chirurgica, e quella di cotone e poliestere presentano comunque lo stesso effetto: un livello di umidità tale che indossandole il vapore acqueo prodotto dall’espirazione veniva intrappolato nella camera tra la maschera e la bocca e da lì, dopo condensazione veniva nuovamente inalato. Diversi livelli di umidità, ma tutti favoriscono il mantenimento dell’idratazione delle vie superiori e quindi una risposta contro le infezioni da coronavirus più forti e contrastanti. Non c’è che dire, un motivo in più per continuare a indossarle!

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