Scoperto come bloccare Covid e trombosi con un farmaco vecchio 50 anni

Redazione 13/04/21
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Un team di ricercatori italo-inglesi, dopo aver scoperto il meccanismo dietro alla fusione delle cellule infette da Sars-Cov-2, responsabile delle trombosi nei pazienti affetti da Covid, ha trovato il farmaco in grado di bloccare questo processo.

La sperimentazione clinica è appena partita, fra qualche mese scopriremo i risultati che potrebbero portare ad una cura definitiva contro i peggiori effetti del Covid, un farmaco vecchio 50 anni, la Niclosamide.

Covid: scoperto come bloccare il virus con un farmaco vecchio 50 anni

Il 70% dei pazienti con Covid-19 sviluppa una grave trombosi, il gruppo di ricercatori e il loro team leader Mauro Giacca, docente al King’s College di Londra e professore dell’Università di Trieste, ha scoperto che alla base di questa grave complicazione si nasconde la presenza di megacellule anomali e ricche di molti nuclei, infettate dal virus anche dopo molte settimane. Queste cellule giganti sono il frutto di una fusione tra cellule più piccole che circolando liberamente nel sangue stimolano la formazione di coaguli e quindi tromboembolie.

Il responsabile di questa fusione anomala tra cellule è la famosa proteina Spike del coronavirus.

La cura ai tempi del Covid-19

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Dietro alle trombosi da Covid c’è la proteina Spike

La proteina Spike, secondo la ricerca, è in grado di stimolare la fusione tra cellule vicine, osservato il fenomeno il team ha voluto scoprire come questo avvenisse e quindi interromperlo.

Come dichiara Mauro Giacca al Sole24Ore: “Siamo molto soddisfatti dai nostri risultati per almeno due motivi. Primo, perché abbiamo scoperto un meccanismo completamente nuovo, attivato dalla proteina Spike e importante per il virus. Le nostre ricerche mostrano come Spike attivi una famiglia di proteine della cellula, chiamate Tmem16, che sono indispensabili per la fusione cellulare. Secondo, perché questo meccanismo è anche alla base dell’attivazione delle piastrine, e potrebbe quindi anche spiegare perché il 70% dei pazienti con Covid-19 grave sviluppa una trombosi. E ora sappiamo che c’è almeno un farmaco, la niclosamide, in grado di bloccare questo meccanismo“.

Il farmaco giusto per impedire la fusione delle cellule infette

Pubblicata su Nature, la scoperta del farmaco giusto è il frutto del lavoro dei ricercatori e del Centro di Ingegneria genetica e biotecnologie di Trieste. Il team ha condotto uno screening su tremila farmaci già in commercio, con cui si è finalmente arrivati al candidato perfetto per impedire la fusione delle cellule infette dal Sars-Cov-2, la niclosamide: un farmaco usato da 50 anni contro le infezioni intestinali ma che, a quanto pare, è anche in grado di bloccare le gravi complicazioni trombotiche che comporta il processo di fusione delle cellule da parte della proteina Spike.

In corso una sperimentazione del farmaco su pazienti Covid-positivi

Questo farmaco, la niclosamide, utilizzato come antiparassitario sin dagli anni 80′, inibendo la fusione delle cellule, blocca anche la replicazione del virus e combatti la formazione di queste cellule anomale responsabili delle tromboembolie da Covid.

In base a questo processo, è già partita una sperimentazione clinica in India, somministrando ad un gruppo di 120 pazienti indiani il farmaco per verificare l’efficacia del farmaco entro qualche mese.

Sempre Giacca: “Penso che questa ricerca sia importante anche perché sposta l’attenzione dal tentativo di bloccare la moltiplicazione del virus, come finora hanno cercato di fare con alcuni farmaci, con scarso successo, a quello di inibire il danno causato all’organismo dalle cellule infettate. Sono sempre più convinto che Covid-19 sia una malattia causata non dalla semplice distruzione delle cellule infettate dal virus, ma dalla persistenza di queste cellule nell’organismo per periodi lunghi di tempo. Il meccanismo che abbiamo scoperto potrebbe quindi anche essere coinvolto nello sviluppo del cosiddetto Covid lungo, ovvero spiegare la difficoltà che molti pazienti hanno a recuperare dopo la malattia“.

Fonte: Sole24Ore.it

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