L’11 marzo 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il COVID-19 è stato dichiarato pandemia. La rapidità di diffusione del virus ha portato a una crisi sanitaria globale, caratterizzata da restrizioni di viaggio, lockdown, chiusure di attività commerciali e scuole, e una pressione senza precedenti sui sistemi sanitari.
Le misure di contenimento, sebbene necessarie per limitare la diffusione del virus, hanno avuto conseguenze significative sulla vita quotidiana di milioni di persone. Il distanziamento sociale, l’isolamento e la quarantena hanno interrotto le routine abituali e limitato il contatto tra gli individui, aggravando il senso di incertezza e paura. La pandemia ha amplificato e rivelato vari problemi di salute mentale, creando una crisi psicologica parallela a quella sanitaria.
I disturbi psichiatrici post-COVID includono una vasta gamma di condizioni che possono manifestarsi in individui che hanno contratto il virus, ma anche in coloro che sono stati colpiti indirettamente dalla pandemia attraverso il lockdown, le restrizioni sociali, la perdita di lavoro e le preoccupazioni economiche.
Disturbi psichiatrici correlati al COVID
Ansia e Stress
L’ansia è uno stato emotivo stressante e spiacevole di nervosismo e malessere; le sue cause sono poco chiare. L’ansia è meno legata al tempismo di una situazione minacciosa; essa può essere anticipatoria di una minaccia, persistere dopo uno scampato pericolo o si può presentare in assenza di una chiara minaccia.
Le persone spesso sperimentano sia la paura che l’ansia sotto forma di cambiamenti nel loro corpo (p. es., sudorazione, nausea) e dei loro comportamenti (p. es., evitamento, rabbia). Spesso, le persone sono consapevoli di questi cambiamenti fisici e comportamentali senza identificare chiaramente che sono ansiosi o dovuti alla paura.
Lo stress è la risposta psicofisica ad una quantità di compiti emotivi, cognitivi o sociali percepiti dalla persona come eccessivi. Lo stress eccessivo può facilmente portare numerosi disturbi da stress. Si manifesta attraverso sintomi fisici, comportamentali, emozionali e cognitivi.
L’incertezza riguardo al futuro, la paura di contrarre il virus e l’ansia per i propri cari hanno contribuito a livelli elevati di stress e ansia. Le preoccupazioni per la salute fisica, la sicurezza economica e le notizie quotidiane hanno avuto un impatto negativo sul benessere psicologico.
Depressione
La depressione è un Disturbo dell’Umore che si manifesta con sintomi molto evidenti e riconoscibili: frequenti e intensi stati di tristezza, mancanza di motivazione, poca voglia di vivere, incapacità di provare piacere, malumore, pensieri negativi su sé stessi e sul proprio futuro, angoscia.
L’isolamento prolungato causato dalla pandemia, la perdita di lavoro e il cambiamento delle routine hanno portato a un aumento dei sintomi depressivi. La sensazione di impotenza e la mancanza di stimoli sociali hanno aggravato le condizioni di depressione preesistenti e hanno contribuito allo sviluppo di nuovi casi.
Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD)
Si tratta di una condizione di disagio mentale complessa e derivante da molteplici fattori, sia personali che ambientali, la diagnosi di PTSD non è univoca né semplice ed è genericamente indicata come “la condizione di stress acuta che si manifesta in seguito all’esposizione a un evento traumatico”.
Si manifesta attraverso sintomi intrusivi, strategie di evitamento, alterazioni dell’umore e dei pensieri, aumento dello stato di attivazione psicomotoria
Gli eventi traumatici legati alla pandemia, come la malattia grave, la perdita di familiari e le esperienze di emergenza, hanno portato a sintomi di PTSD in molte persone. I flashback, gli incubi e l’iperattivazione sono diventati comuni tra coloro che hanno vissuto situazioni particolarmente traumatiche.
Problemi del Sonno
I disturbi del sonno comprendono tutti quei disturbi che compromettono sia la quantità che la qualità del sonno con ricadute importanti sulla salute in generale e sulla qualità della vita. Essi sono: insonnia, russamento, sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS), bruxismo, epilessia notturna, sonnambulismo, narcolessia e sindrome delle gambe senza riposo.
Durante la pandemia, le difficoltà di adattamento ai cambiamenti della vita quotidiana e lo stress hanno avuto un impatto negativo sulla qualità del sonno. Insonnia, disturbi del ritmo circadiano e frequenti risvegli notturni sono stati segnalati da molte persone.
Problemi Cognitivi e Nebbia Mentale
Si tratta di un complesso di sintomi cognitivi, deficit di attenzione, difficoltà di concentrazione, rallentamento psichico. Questi sintomi possono derivare dallo stress prolungato e dalle condizioni di vita eccezionali, quali quelle sperimentate durante i lunghi mesi della pandemia.
Isolamento Sociale
L’isolamento sociale è un concetto multidimensionale, alla costruzione del quale concorrono sia aspetti di natura “strutturale” (quali ad esempio il vivere soli e la scarsità di relazioni) sia aspetti di natura “funzionale” (quali ad esempio il supporto materiale ed emozionale veicolato dai rapporti in essere).
Le misure di distanziamento sociale e lockdown hanno portato a un aumento del senso di solitudine e isolamento. La riduzione delle interazioni sociali e il distacco dalle reti di supporto hanno aggravato la salute mentale di molte persone.
Fattori scatenanti evidenze scientifiche
I fattori che sembrano aver contribuito maggiormente allo sviluppo di una sintomatologia psichiatrica clinicamente significativa, in soggetti senza una storia precedente di disturbi psichiatrici, sono le caratteristiche personali di bassa resilienza verso lo stress, essere studenti universitari, avere un’intensa paura di trasmettere il COVID-19 ad altre persone, aver provato un intenso stress per le restrizioni imposte a tutti i cittadini per il contenimento della pandemia, aver cessato di praticare attività fisica a causa della pandemia, e vivere da soli.
Inoltre alcuni studi hanno evidenziato che globalmente, nel corso dei primi otto mesi della pandemia, molti Italiani hanno riportato un peggioramento dello stile di vita e delle relazioni interpersonali e familiari. In particolare circa il 20% ha riportato insonnia significativa, il 17% ha aumentato il consumo di nicotina e l’11% quello dell’alcool, il 46% ha diminuito l’attività fisica e il 10% l’ha smessa del tutto, il 68% ha diminuito la soddisfazione sessuale, il 70% ha peggiorato la relazione con il partner e ha avuto più difficoltà nella gestione dei figli. Infine, circa il 20% ha iniziato ad utilizzare ansiolitici e il 16% ha iniziato l’uso di antidepressivi.
Uno studio multicentrico dal titolo “The Pandemic Brain” pubblicato da ricercatori statunitensi, inglesi, egiziani, svedesi e italiani ha riscontrato la presenza di marker infiammatori correlati a morbilità psichiatrica anche nei reduci sani mai infettatisi durante la pandemia da COVID-19, evidenziando come anche in questi soggetti resti traccia dello squilibrio dei meccanismi neuroendocrini a testimonianza dell’impatto che l’evento pandemico ha indotto sulla disgregazione degli stili di vita e sulla salute mentale residuando affaticamento generale, brain fog, depressione, ansia e altri maladattamenti psichici.
In particolare lo studio ha evidenziato come l’esposizione allo stress di giovani adulti induca fenomeni di deacetilazione e demetilazione con introduzione di gruppi metilici nella citosina del DNA con conseguenti alterazioni epigenetiche che riverberano sulla regolazione dell’umore e che risultano evidenti nei geni implicati nel controllo dell’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e nei geni implicati nella neurotrasmissione serotoninergica.
Al persistere di queste variazioni infiammatorie fa riscontro sul piano clinico un aumento dei disturbi depressivi e di quelli ansiosi nella popolazione generale e non solo negli infettati. Ad essere più colpite sono le categorie dei soggetti fragili e cioè donne, anziani e giovani sui quali gravano importanti cofattori di scatenamento come disoccupazione, impoverimento e isolamento.
La differenza fra gravità dell’esposizione a un grave stress acuto e improvviso e quella di una lunga esposizione a uno stress cronico appare correlata alla durata di quest’ultimo: la durata di esposizione all’evento stressante, in questo caso il lockdown durante la pandemia, risulta direttamente proporzionale all’aggravamento della salute mentale degli italiani.
Più è stato lungo, più danni psichici ha procurato con aumento dei disturbi ansiosi e depressivi e ciò soprattutto fra i soggetti più piccoli andati incontro subito a disturbi del sonno, notoriamente fra i primi sintomi spia delle alterazioni dell’umore.
Paradossalmente chi già era affetto da patologie psichiatriche è più “addestrato” alle anomalie dell’isolamento: soffre maggiormente la popolazione generale.
Categorie a maggior rischio
Adolescenti
Una categorie particolarmente a rischio appare quella degli adolescenti, trai i quali uno su quattro presenta i sintomi clinici della depressione e uno su cinque dà segni di un disturbo d’ansia: i casi sono raddoppiati rispetto al periodo pre Covid.
La capacità di resilienza e di recupero della popolazione giovanile è nota, ma è anche vero che l’isolamento sociale, l’impossibilità o i condizionamenti nel frequentare in piena serenità i coetanei, nel vivere la propria età tra prime relazioni e impegno scolastico e sportivo in presenza, sono fattori che protraendosi impattano sulla salute mentale. Ridotte ore di sonno, aumento dell’aggressività, abuso di Internet anche nelle ore notturne, eccesso di videogiochi, sono comportamenti indotti dal confinamento ma anche sintomi della depressione. È dimostrato che chi ha sofferto in maniera persistente di sintomi depressivi, soprattutto durante l’adolescenza, rischia di avere nel corso della propria vita ripercussioni più negative di quante ne avrebbe per un singolo episodio, anche in fase molto precoce, se questo viene risolto.
Il 2011/2021 è stato un decennio che ha registrato una crescita esponenziale nelle richieste di aiuto e di supporto neuropsichiatrico tra gli adolescenti, ma la pandemia ha comportato un’esplosione dei disturbi dell’umore, della depressione e dell’ansia e un aumento notevole dei casi di autolesionismo e ideazione suicidaria soprattutto tra le ragazze.
È verosimile, quindi, che la pandemia abbia avuto la funzione di detonatore e abbia favorito la slatentizzazione di un disagio già esistente.
In ambito educativo, poi, sono stati riscontrati disturbi dell’apprendimento, dell’attenzione e del linguaggio, disturbi della condotta e della regolazione cognitiva ed emotiva, oltre a paura del contagio, stato di frustrazione e incertezza rispetto al futuro, generando insicurezza e casi di abbandono scolastico.
Tale impatto purtroppo risulta molto spesso differenziato anche in base alle possibilità economiche della famiglia e alla presenza di servizi sociali e sanitari sul territorio.
I disturbi dell’alimentazione come anoressia, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating) sono alcuni degli aspetti riscontrati più di frequente nel corso della pandemia da neuropsichiatri infantili, pediatri, assistenti sociali, psicologi, pedagogisti e docenti. È quanto è emerso nella campagna di ascolto dei professionisti promossa dall’Agia, rispetto ai segnali di peggioramento della salute mentale di ragazze e ragazzi.
All’interno di questo fenomeno c’è un aspetto che è stato però forse meno notato e discusso, è cioè che il numero di ragazze adolescenti che manifestano disagi gravi a livello psichiatrico – soprattutto disturbi alimentari, comportamenti autolesionistici e tendenze suicidarie – è aumentato più di quello dei ragazzi. Il dato è riportato dagli operatori del settore e recentemente confermata da alcuni dati: non è facile spiegarla, ma ci sono diversi fattori che possono aver contribuito e che stanno portando a importanti riflessioni sull’impatto delle differenze di genere, soprattutto a livello culturale, sulla salute mentale.
Una manifestazione di disagio che da alcuni anni si è diffusa soprattutto tra i ragazzi è quella dei cosiddetti hikikomori, che prevede una forma quasi totale di ritiro sociale e che si è diffusa negli ultimi anni. Questa grave forma di isolamento viene ritenuta da alcuni studiosi la versione maschile dei disturbi alimentari, che come dicevamo riguardano, invece, più spesso le ragazze. Non è da escludere quindi che c’entri anche il fatto che i sintomi di malessere nelle ragazze siano più evidenti e percepiti come più urgenti rispetto a quelli dei ragazzi.
Donne
La pandemia ha impattato in maniera significativa sul benessere mentale della popolazione di tutte le fasce d’età, ma sono soprattutto le donne a essere più colpite.
I risultati di una ricerca realizzata dall’Università dell’Essex hanno evidenziato il drammatico effetto della pandemia sulla salute mentale delle donne durante il periodo della gravidanza. Da aprile 2020 a gennaio 2021 i casi di depressione e ansia sono più che raddoppiati tra le future mamme.
Gli effetti del lockdown ha provocato un peggioramento della depressione nell’83% dei casi e una donna su due riferisce un peggioramento della propria vita generato dalle restrizioni sociali. Negli uomini le percentuali sono inferiori: solo il 37% riporta sensibili impatti in senso negativo e, di questi, solo il 36% lamenta un inasprimento dello stato depressivo.
A livello lavorativo, una donna su tre dichiara di lavorare più di prima e di non riuscire a mantenere un equilibrio tra il lavoro e la vita domestica. Sempre loro rappresentano la quasi totalità dei nuovi disoccupati in Italia (99mila su 101mila).
Le ricadute negative si riscontrano non solo nell’ambito lavorativo, ma anche nella sicurezza personale. L’isolamento, la convivenza forzata e l’instabilità socio-economica hanno causato un aumento significativo dei fenomeni di violenza domestica, in Italia e in tutta Europa, con un aumento del +119,6% delle chiamate ai Centri antiviolenza rispetto al 2019.
Oggi l’aumento dei casi di malattie psichiche, soprattutto depressione, che si è visto nel post Covid si è fermato, ma non accenna ancora a diminuire, così come si aggravano i casi di isolamento sociale e solitudine. Questi sono fattori di alto rischio depressivo (1 caso su 5, secondo uno studio su Lancet) e di aumentata mortalità cardiovascolare (del 32% secondo una recentissima metanalisi pubblicata su Jama), soprattutto nelle donne. Insomma, si pensava solo a un ‘picco’ momentaneo di casi di depressione dovuto alle condizioni causate dalla pandemia, mentre anche nel 2023 i numeri confermano i 3 milioni di casi, e di questi 2 milioni riguardano prevalentemente le donne, adolescenti e adulte.
Il focus degli operatori del settore come la Fondazione Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere) e Sinpf (Società Italiana di Neuropsicofarmacologia) si è espresso in un convegno svoltosi a Milano l’8 marzo 2024, la Festa della Donna, dal titolo “Donne e salute mentale, i disturbi più comuni nell’era dell’imprevedibilità” il cui obiettivo è stato quello di tenere acceso il faro su ansia, depressione, disturbo bipolare, insonnia: tutte quelle problematiche di salute mentale che sappiamo riguardare prevalentemente l’universo femminile.
Sappiamo che le origini della depressione femminile in particolare sono complesse e multifattoriali: aldilà di una componente genetica, rivestono un ruolo importante gli ormoni femminili. Le donne, inoltre, tendono anche a vivere con maggior coinvolgimento e più alta risonanza emotiva le relazioni sociali e affettive e ciò le rende più vulnerabili. A questo si aggiunga il ruolo multitasking della donna, oltre a fattori di rischio quali la violenza fisica e psicologica che la espongono pesantemente, soprattutto in particolari fasi della vita.
Anziani
L’impatto della pandemia sulla salute mentale di questa fascia di popolazione è stato oggetto di molti studi. Manifestazioni di stress, ansia, insonnia sono frequenti tra gli anziani, ma il disturbo che ha fatto registrare l’aumento più significativo durante e dopo la pandemia è la depressione. La paura di contrarre il virus, l’indebolimento del sistema immunitario, la riduzione delle interazioni sociali e la solitudine, la consapevolezza di una maggiore vulnerabilità, la perdita di conoscenti e non appartenenti alla stessa generazione, infatti, hanno reso gli anziani più predisposti a sviluppare i sintomi della depressione.
Gli effetti della pandemia persistono e la lontananza forzata dai propri cari (figli e nipoti) determinata dall’esigenza di prevenire possibili contagi, ha sicuramente permesso di evitare infezioni, ma ha minato la certezza di conforto e accudimento garantito dalla rete familiare, nonché lo stimolo vitale legato alle interazioni con i propri cari.
Le risposte della psichiatria
Secondo un documento scientifico pubblicato oggi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel primo anno della pandemia di Covid-19 la prevalenza globale di ansia e depressione è aumentata del 25%. Il documento evidenzia anche chi è stato maggiormente colpito e riassume l’effetto che la pandemia ha avuto sulla disponibilità dei servizi di salute mentale e come questi siano cambiati durante la pandemia.
Preoccupazioni riguardo a un potenziale aumento dei disturbi di salute mentale hanno spinto il 90% dei paesi intervistati a includere la salute mentale ed il supporto psicosociale nei loro piani di risposta al Covid-19, ma rimangono grandi lacune e preoccupazioni.
“Le informazioni che abbiamo ora sull’impatto del Covid-19 sulla salute mentale del mondo sono solo la punta dell’iceberg”, ha affermato il Dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore Generale dell’OMS. “Questo è un campanello d’allarme per tutti i paesi a prestare maggiore attenzione alla salute mentale e fare un lavoro migliore nel sostenere la salute mentale delle loro popolazioni”.
Gli Stati membri dell’OMS hanno riconosciuto l’impatto di COVID-19 sulla salute mentale e stanno prendendo provvedimenti. Lo scorso anno all’Assemblea Mondiale della Sanità, i paesi hanno sottolineato la necessità di sviluppare e rafforzare i servizi di supporto per la salute mentale e psicosociale nell’ambito del rafforzamento della preparazione, risposta e resilienza al COVID-19 e alle future emergenze di salute pubblica. Hanno adottato il Piano d’azione globale per la salute mentale 2013-2030 aggiornato, che include un indicatore sulla preparazione del supporto per la salute mentale e psicosociale nelle emergenze di salute pubblica.
Tuttavia, questo impegno per la salute mentale deve essere accompagnato da un aumento globale degli investimenti. Sfortunatamente, la situazione sottolinea una carenza globale cronica di risorse per la salute mentale che continua ancora oggi. Il più recente Atlante della salute mentale dell’OMS ha mostrato che nel 2020 i governi di tutto il mondo hanno speso in media poco più del 2% dei loro budget sanitari per la salute mentale e molti paesi a basso reddito hanno riferito di avere meno di 1 operatore di salute mentale ogni 100.000 persone.
Dévora Kestel, Direttore del Dipartimento per la salute mentale presso l’OMS, riassume la situazione: “Sebbene la pandemia abbia generato interesse e preoccupazione per la salute mentale, ha anche rivelato un sottoinvestimento storico nei servizi di salute mentale. I paesi devono agire con urgenza per garantire che il supporto per la salute mentale sia disponibile per tutti”.
In Italia, la situazione è lo specchio di quanto evidenziato dall’OMS: l’aumento dei disturbi mentali correlati alla pandemia ha esposto i servizi psichiatrici ospedalieri e del territorio ad un vero e proprio superlavoro negli ultimi anni, evidenziando i limiti, peraltro già noti, dei servizi preposti al trattamento di questo tipo di patologie.
Tutto questo avviene, infatti, in uno dei momenti storici più difficili per la psichiatria italiana che, secondo la Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia (Sinpf), sarebbe alle prese con un «cedimento strutturale» di molte delle articolazioni territoriali e ospedaliere della salute mentale, un calo dei dipartimenti di salute mentale (da 183 a 141), una drammatica fuga del personale medico (nel 2025 mancheranno mille psichiatri e novemila professionisti sanitari) e risorse a disposizione di un terzo rispetto a quelle degli altri principali paesi europei (3% invece del 10%).
La possibilità di accesso a servizi e centri dedicati è cruciale, tanto in termini economici quanto proprio di diffusione territoriale. Un aspetto che è importante ricostruire, come premessa dell’efficacia degli interventi.
Per quanto riguarda la cura dei disturbi alimentari, l’ISS ha promosso una mappatura dei centri dedicati a ivello territoriale.Questi centri possono offrire prestazioni e servizi di diversa natura. Dagli ambulatori convenzionali, per le diagnosi e le terapie specialistiche, a strutture semiresidenziali o di ricovero. Isolando i centri che offrono terapia ambulatoriale specialistica, sono oltre 100 quelli presenti in Italia, variamente diffusi sul territorio nazionale.
Trattandosi di una registrazione volontaria da parte dei centri, non è detto che quelli censiti da Iss corrispondano all’intero universo di riferimento. Premesso questo limite, è tuttavia possibile ricostruire alcuni aspetti interessanti su come si articola l’offerta sul territorio.
Circa il 37% delle strutture censite prende in carico tutte le fasce demografiche: bambini (0-14 anni), adolescenti (15-17) e maggiorenni. Un ulteriore 10,7% si occupa solo di persone tra 0 e 17 anni, l’1,8% è dedicato agli adolescenti, mentre lo 0,9% è dedicato solo agli infraquattordicenni. Per un 13% totale di servizi destinati esclusivamente ai minori.
Circa un terzo delle strutture si occupa di adulti e di adolescenti con almeno 15 anni, mentre il restante 16% si rivolge esclusivamente ai maggiorenni. Queste quote variano sul territorio nazionale: in Abruzzo e Lombardia oltre il 30% delle strutture censite è dedicato solo ai minori, a fronte di una media del 13%. Raggiungono il 20% anche Sardegna, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.
In media circa un terzo delle strutture prevede la possibilità di prima visita gratuita: 30,4% considerando l’insieme dei centri, 33% isolando solo quelli accessibili (anche o solo) ai minori. Questa quota raggiunge il 75% in 3 regioni: Sicilia (100% dei centri rivolti anche ai minori), Friuli-Venezia Giulia e Puglia (entrambe al 75%).L’investimento sulla diagnosi e sulla cura di questi disturbi è cruciale perché – sottolinea sempre l’Iss – una loro cronicizzazione incide in modo negativo sulla salute per tutta la vita, con il rischio di “danni permanenti a carico di tutti gli organi e apparati dell’organismo”.
Sempre l’Istituto Superiore di Sanità ha promosso la creazione di una rete tra servizi consultoriali, territoriali ed ospedalieri per intercettare e prendere in carico le richieste di supporto da parte delle donne con sintomi di ansia, depressione e disagio psicologico in gravidanza e dopo il parto. Inoltre, ha avviato una raccolta di informazioni sull’impatto della pandemia sulla salute mentale delle donne in gravidanza o con un/a bimbo/a fino ai sei mesi di età.
Il Bonus Psicologo
Il decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15, all’articolo 1-quater, comma 3, ha introdotto il contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia (c.d. Bonus psicologo), volto a fornire assistenza psicologica ai cittadini che, nel periodo della pandemia e della correlata crisi economica, hanno visto accrescere le condizioni di depressione, ansia, stress e fragilità psicologica.
L’articolo 1, comma 538, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (di seguito, legge di Bilancio 2023), ha reso strutturale il Bonus psicologo, innalzando l’importo massimo a 1.500 euro per persona, nel limite complessivo di 5 milioni di euro per l’anno 2023 e di 8 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024.
Il contributo può avere un valore non superiore a 1.500 euro per persona e viene modulato in base all’ISEE del richiedente. Ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del decreto interministeriale del 24 novembre 2023, al fine di sostenere le persone con ISEE più basso, a decorrere dall’anno 2023, l’importo complessivo massimo del beneficio è parametrato in base alle seguenti fasce:
Al termine del periodo stabilito dall’Istituto per la presentazione delle domande, vengono stilate le graduatorie per l’assegnazione del beneficio, distinte per Regione e Provincia autonoma di residenza, tenendo conto del valore ISEE più basso e, a parità di valore ISEE, dell’ordine cronologico di presentazione delle domande. Il completamento della definizione delle graduatorie è comunicato con apposito messaggio, pubblicato sul sito istituzionale dell’INPS.
Autore: Gaetano Romigi – vicePresidente Anarti Associazione nazionale infermieri di area critica
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