Gli infermieri hanno detto no
Nel racconto dell’infermiere, il medico accusato di omicidio lo avrebbe intimato di somministrargli quel farmaco, ma l’infermiere ben sapeva che “paralizzava i muscoli respiratori e gli altri muscoli scheletrici, senza effetti sullo stato di coscienza, la cui dispensazione avrebbe provocato la morte per soffocamento, in assenza di intubazione”,
Intubazione esclusa nel paziente per le condizioni troppo critiche. Ricordiamo che i fatti avvennero durante la prima ondata Covid, dove i posti in terapia intensiva erano selezionati solo per determinati casi. Del resto come commenta il magistrato, “come risulta dalle dichiarazioni dei sanitari in servizio nell’unità di emergenza, durante la prima ondata della pandemia la tragica scarsità delle risorse a disposizione – in termini di posti letto, macchinari per la rianimazione, caschi, maschere e bombole a ossigeno – imponevano drammaticamente di ‘centellinare’ anche e soprattutto le procedure di rianimazione”.
La denuncia dell’infermiere
Dopo la morte del paziente, alla mattina del 23 marzo, uno dei due infermieri scatta una foto che consegnerà alle indagini: una foto delle due fiale di Midarine nel cestino dei rifiuti speciali.
In seguito si confronta con il collega: “Volevo chiederti se a te Mosca ha mai chiesto di fare del Midarin ai pazienti che stanno morendo in Pronto Soccorso”. “Scusami, ma qua non so cosa pensare perché ad alcuni è sembrata normale questa cosa tanto che me lo hanno raccontato. Comunque me l’aveva chiesto al telefono quando avevamo fatto la notte insieme”. Nelle note del giudice, dalla chat risalta “il tono di sincero sconcerto, incredulità, sdegno, frammisti a preoccupazione per le possibili conseguenze di una denuncia dell’accaduto”.
Fonte: Agi.it
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