Gli infermieri italiani e quel sogno arabo fatto di stipendi quadruplicati e ferie raddoppiate

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In Italia mancano un mare di infermieri, nessuno si iscrive più al corso di laurea e in tanti si dimettono per fare altro o per fuggire all’estero, allettati da proposte che qui da noi sono fantascienza.

E mentre la politica sembra brancolare nel buio, tra ricerche di personale straniero dalla dubbia professionalità, creazione di nuove figure professionali a basso prezzo e una voglia irrefrenabile di aumentare lo stipendio dei medici, gli altri paesi fanno la spesa qui nelle nostre università e nei nostri ospedali.


Una collega pronta a partire, stanca delle condizioni lavorative dei nostri ospedali, è stata intervistata dall’edizione torinese de Il Corriere della Sera. Si chiama A., ha 46 anni e non ce la fa proprio più: «Sono esausta perché sto crescendo mio figlio da sola e far conciliare scuola, formazione, sport con 14 ore di lavoro consecutive per 1.600 euro di stipendio al mese al netto degli straordinari e di qualche indennità, francamente mi sembra ingeneroso verso la nostra professione» ha dichiarato.


Perciò è rimasta indicibilmente affascinata dalle offerte che arrivano dal Medioriente (VEDI articolo Infermieri ad Abu Dhabi, stipendi fino a 6000 euro netti al mese) e ha inviato la sua candidatura senza pensarci troppo. Già, perché in Arabia «offrono 5 mila euro al mese, 63 giorni di ferie all’anno, un viaggio aereo l’anno pagato, andata e ritorno, per poter tornare in Italia, casa pagata, come la palestra e altre attività per il tempo libero».

E poi, cosa da non sottovalutare, gli ospedali arabi sono «nuovi e belli, non cadono a pezzi come invece accade ai nostri. Offrono tanti servizi collaterali e mi hanno dato la sensazione di un posto dove la qualità del lavoro conta davvero. Non so ancora se la mia richiesta avrà buon esito. Meglio essere prudenti. Sembra troppo bello per essere vero».


O magari è lavorare nei nostri ospedali a determinate condizioni che è troppo brutto per essere vero… Comunque, A. non ha dubbi: «Le persone devono sapere come vivono i sanitari che si occupano della loro salute. L’Organizzazione mondiale della sanità dice che siamo in “burn out”; ci definisce bruciati, insomma, dopo tutto quello che abbiamo vissuto con il Covid».

Sì, cara collega A., molti di noi sono decisamente “bruciati”. Ma comunque stanchi di scottarsi senza reagire… Come te. In bocca al lupo.

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Alessio Biondino

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