Inail: ogni anno 5000 aggressioni agli infermieri. BASTA!

Scarica PDF Stampa
“il carico psicologico, emotivo e fisico si sta facendo giorno dopo giorno insostenibile. La professione infermieristica, che è fatta di persone non di eroi, è stremata e ha necessità del sostegno e del rispetto della comunità”.

Lo ha detto pochi giorni prima di Natale (VEDI) il presidente dell’Ordine degli infermieri di Rimini, Nicola Colamaria, per raccontare il clima di scarsa fiducia e di violenza che gli infermieri italiani sono tornati a subire da parte di alcuni (comunque troppi) cittadini.

E le sue parole, viste le molteplici aggressioni poi verificatesi in questi giorni di festa, risultano oggi più che mai profetiche. Gli episodi, infatti, da Nord a Sud dell’Italia, non si contano quasi più.

Ripetute aggressioni

Si va dall’infermiera dell’ospedale San Giovanni Addolorata di Roma che si è vista staccare un dito con un morso (VEDI) al paziente positivo al Coronavirus che ha aggredito i sanitari con un cacciavite al Policlinico Umberto I (Roma), passando per il tentativo di dare fuoco al pronto soccorso dell’ospedale di Torrette di Ancona (VEDI).

E per ogni caso che viene denunciato e/o riportato dai giornali, chissà quanti rimangono invece nell’oblio per diversi motivi. Fatto sta che ormai sembra un bollettino di guerra e le testimonianze sono tantissime.

Tensione destabilizzante

Per non parlare del destabilizzante clima di tensione in cui sono costretti a lavorare molti colleghi: “Mi dicono: appena mi alzo da questa barella ti meno” ha riportato come esempio a Il Fatto Quotidiano (VEDI) Antonino, infermiere di Pronto soccorso a Ostia (Roma), riferendosi ai no vax.

E ancora una collega di Firenze (VEDI): A volte hai paura, per la tua stessa incolumità. Perché un no vax che protesta, ti offende e minaccia di metterti le mani addosso, ti mette in discussione nel tuo lavoro, ti fa entrare l’angoscia solo per infilare un ago. Non sei più sicura di quel che fai”.

Così Anna Maria, collega di Roma: “Il Covid ha tolto o limitato la possibilità di visita, e i parenti chiamano in reparto 24 ore su 24. Urlano: ‘So che faccia hai perché mio padre ti ha descritta. Prima o poi dovrai uscire di lì’”.

La paura

Ma non solo. Anna Maria ha anche raccontato un altro episodio, piuttosto emblematico: “A novembre 2020 invece abbiamo avuto un decesso di un ricoverato 95enne.

A fine giornata io e la mia collega siamo state avvisate dagli addetti alle pulizie: i parenti ci stavano aspettando all’uscita. Erano riusciti a entrare nell’atrio dell’ospedale e prendevano a calci le panchine. Mi avevano riconosciuto dalle finestre: secondo loro, lo avevamo ammazzato noi.

Ed eravamo colpevoli di non averglielo fatto vedere, causa restrizioni da Covid. Ci siamo cambiate in reparto e siamo uscite da un altro percorso. Da allora ho sempre paura quando c’è un decesso”.

Numeri impietosi

I numeri degli episodi più o meno incresciosi sono da capogiro: secondo l’Inail circa la metà di tutte le aggressioni al personale sanitario del bel paese, è rivolta agli infermieri. Trattasi di 13/14 violenze al giorno, circa 5.000 ogni anno! E di queste, le aggressioni fisiche ammontano a qualcosa come 2900 casi!

Come ricordato qualche settimana fa in TV anche dall’infettivologo Massimo Galli (VEDI), gli infermieri italiani sono stanchi di essere vilipesi, insultati, umiliati e rischiano di sbottare.

Gli infermieri potrebbero sbottare davvero

Il problema va perciò affrontato in modo risolutivo e veloce. Perché se ci mettiamo anche la carenza di personale che li sta massacrando, le promesse non mantenute dal Governo (VEDI) con tanto di palesi prese in giro (VEDI) e la quarta ondata in corso… Beh, gli infermieri potrebbero sbottare davvero.

Presidente, gli infermieri sono stanchi di inutili ringraziamenti

Alessio Biondino

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento